Ricorso per Cassazione Personale: Quando è Inammissibile
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale della procedura penale, spesso ignorato dai non addetti ai lavori: l’inammissibilità del ricorso per cassazione personale. A seguito della riforma legislativa del 2017, la facoltà per l’imputato o il condannato di presentare personalmente ricorso dinanzi alla Suprema Corte è stata esclusa, rendendo obbligatoria l’assistenza di un difensore specializzato. Analizziamo questa decisione per comprenderne la portata e le conseguenze pratiche.
I Fatti del Caso: Un Ricorso Presentato Senza Avvocato
Nel caso di specie, una persona condannata ha presentato personalmente un ricorso alla Corte di Cassazione avverso un’ordinanza emessa dal Tribunale di Sorveglianza. L’atto è stato depositato nel maggio 2024. Questo gesto, apparentemente un esercizio del diritto di difesa, si è scontrato con una precisa preclusione normativa introdotta alcuni anni prima.
La Riforma del 2017 e il Ricorso per Cassazione Personale
Il Collegio ha immediatamente evidenziato come sia il provvedimento impugnato sia il ricorso fossero successivi al 3 agosto 2017, data di entrata in vigore della Legge n. 103/2017. Questa legge ha modificato in modo significativo le regole per l’accesso alla Corte di Cassazione, stabilendo che l’atto di ricorso debba essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’apposito albo speciale. Questa modifica, come chiarito anche dalle Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n. 8914/2018, ha eliminato la facoltà dell’imputato di proporre personalmente l’impugnazione, riservando tale compito esclusivamente a professionisti qualificati.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso de plano, ovvero senza la necessità di un’udienza, ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale. La motivazione è netta e si fonda su un vizio insanabile: la mancanza di legittimazione del proponente. Poiché il ricorso è stato presentato personalmente dall’interessato e non da un avvocato cassazionista, il soggetto non era legittimato a proporlo, secondo quanto previsto dall’art. 591, comma 1, lett. a), del codice di procedura penale.
La decisione sottolinea come la norma non lasci spazio a interpretazioni: il requisito della sottoscrizione da parte di un difensore specializzato è un presupposto essenziale per la validità del ricorso stesso. La sua assenza comporta una causa di inammissibilità che può essere rilevata d’ufficio e definita con una procedura semplificata.
Le Conclusioni: Condanna alle Spese e Sanzione
Le conseguenze dell’inammissibilità sono state severe per il ricorrente. In applicazione dell’articolo 616 del codice di procedura penale, la Corte non solo ha dichiarato inammissibile il ricorso, ma ha anche condannato il proponente al pagamento delle spese processuali. Inoltre, ha disposto il versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. La Corte ha ritenuto che non vi fossero elementi per giustificare un esonero dalla sanzione, poiché non si poteva considerare che il ricorrente avesse agito “senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, come specificato da una nota sentenza della Corte Costituzionale. Questa ordinanza serve da monito: il ricorso in Cassazione è un atto tecnico che richiede necessariamente l’intervento di un professionista qualificato, e il tentativo di agire autonomamente comporta conseguenze procedurali ed economiche negative.
È possibile per un imputato o un condannato presentare personalmente un ricorso per cassazione?
No. Secondo la normativa in vigore dal 3 agosto 2017 (Legge n. 103/2017), il ricorso per cassazione deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di Cassazione.
Cosa succede se un ricorso per cassazione viene presentato personalmente?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Ciò significa che la Corte non esamina il merito della questione. Il ricorrente viene inoltre condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende.
A quanto ammonta la sanzione pecuniaria in caso di inammissibilità del ricorso?
Nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha determinato la sanzione in 3.000 euro, da versare alla Cassa delle ammende, ritenendo che non sussistessero elementi per escludere la colpa del ricorrente nel determinare la causa di inammissibilità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 43240 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 43240 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a ROMA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 08/05/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
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udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso in esame è stato proposto personalmente dall’interessato il 20 maggio 2024.
Osserva il Collegio che sia il provvedimento impugNOME sia il ricorso sono successivi al 3 agosto 2017, data dell’entrata in vigore della legge 23 giugno 2017, n. 103, con cui si è esclusa la facoltà dell’imputato – e quindi anche del condanNOME – di proporre personalmente ricorso per cassazione, prevedendosi che tale atto deve essere in ogni caso sottoscritto, a pena d’inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte di cassazione, ai sensi degli arti 571, comma 1, e 613, comma 1, cod. proc. pen. (Sez. U, n. 8914 del 21/12/2017, dep. 2018, Aiello, Rv. 271333).
La Corte, pertanto, rileva che il ricorso appare inammissibile per causa che può essere dichiarata de plano, ai sensi dell’art. 610, comma 5 -bis, cod. proc. pen., in quanto proposto dall’interessato personalmente e, quindi, da un soggetto non legittimato ai sensi dell’art. 591, comma 1, lett. a), cod. proc. pen., con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla cassa delle ammende, determinata equamente in 3.000,00 euro, tenuto conto del fatto che non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità» (Corte cost. n. 186 del 13/06/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10/10/2024