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Ricorso per cassazione personale: inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato personalmente da un condannato. La decisione ribadisce che, a seguito della riforma del 2017, il ricorso per cassazione personale non è più consentito e l’atto deve essere sottoscritto da un avvocato iscritto all’apposito albo speciale, a pena di inammissibilità. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso per cassazione personale: La Cassazione conferma l’inammissibilità

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale della procedura penale, consolidatosi dopo la riforma del 2017: il ricorso per cassazione personale presentato dall’imputato o dal condannato è inammissibile. Questa decisione sottolinea l’importanza del patrocinio di un difensore specializzato per accedere al più alto grado di giudizio, con conseguenze significative per chi non rispetta tale requisito.

I Fatti del Caso

Un soggetto, condannato con una sentenza emessa dal GIP del Tribunale di Foggia, decideva di impugnare tale provvedimento direttamente davanti alla Corte di Cassazione. Invece di avvalersi di un avvocato iscritto all’albo speciale, redigeva e proponeva personalmente il ricorso, confidando nella possibilità di far valere le proprie ragioni in autonomia. L’atto, tuttavia, si è scontrato con una precisa preclusione normativa.

Il divieto del ricorso per cassazione personale

Il nodo centrale della questione risiede nella normativa introdotta con la legge n. 103 del 2017 (nota come Riforma Orlando). Prima di tale intervento legislativo, l’imputato aveva la facoltà di presentare personalmente il ricorso. La riforma ha modificato radicalmente gli articoli 571 e 613 del codice di procedura penale, escludendo tale possibilità.

Oggi, la legge stabilisce in modo inequivocabile che il ricorso per cassazione deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di Cassazione. Questa figura professionale possiede l’esperienza e la competenza tecnica necessarie per articolare censure che non riguardino il merito dei fatti (già valutati nei gradi precedenti), ma si concentrino esclusivamente su violazioni di legge o vizi di motivazione, unici aspetti che la Suprema Corte è chiamata a valutare.

L’irrilevanza di firme accessorie

La Corte ha inoltre precisato un punto cruciale, richiamando precedenti giurisprudenziali di grande importanza, incluse le Sezioni Unite. Anche qualora un avvocato (non necessariamente iscritto all’albo speciale) autentichi la firma del ricorrente o apponga la propria sottoscrizione “per accettazione” del mandato, l’atto rimane viziato. Tali formalità non trasferiscono la titolarità del ricorso dal privato al difensore, e l’impugnazione resta un atto personale e, quindi, inammissibile.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su una semplice ma rigorosa applicazione delle norme vigenti. Poiché sia il provvedimento impugnato che il ricorso erano successivi all’entrata in vigore della legge 103/2017, la nuova disciplina era pienamente applicabile. La mancanza della sottoscrizione di un difensore cassazionista è stata ritenuta un vizio insanabile che conduce direttamente alla declaratoria di inammissibilità, come previsto dall’art. 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale.

Di conseguenza, il Collegio non ha potuto neanche entrare nel merito delle doglianze sollevate dal ricorrente. La sanzione per questa violazione procedurale non si è limitata alla sola impossibilità di far esaminare il ricorso.

Le Conclusioni

L’ordinanza si conclude con una duplice condanna per il ricorrente. In primo luogo, la declaratoria di inammissibilità del ricorso. In secondo luogo, la condanna al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Quest’ultima sanzione pecuniaria è una conseguenza quasi automatica dell’inammissibilità, a meno che il ricorrente non dimostri di essere incorso nell’errore senza colpa, ipotesi che nel caso di specie è stata esclusa. La decisione riafferma con forza che l’accesso alla giustizia di legittimità richiede il rispetto di regole formali precise, poste a garanzia della serietà e della tecnicità del giudizio.

Un imputato o condannato può presentare personalmente un ricorso per cassazione?
No. A seguito della riforma introdotta con la legge n. 103 del 2017, è stata esclusa la facoltà per l’imputato o il condannato di proporre personalmente ricorso per cassazione. L’atto deve essere obbligatoriamente sottoscritto da un difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di Cassazione.

Cosa succede se un ricorso per cassazione è presentato personalmente dall’interessato?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Ciò significa che la Corte non esamina le questioni sollevate. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come accaduto nel caso di specie per un importo di tremila euro.

La firma di un avvocato per autentica o per accettazione del mandato sana l’inammissibilità del ricorso per cassazione personale?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che né l’autenticazione della firma del ricorrente da parte di un legale, né la sottoscrizione del difensore ‘per accettazione’ del mandato sono sufficienti a sanare il vizio. La titolarità dell’atto resta in capo al privato e l’impugnazione rimane un atto personale, pertanto inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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