Ricorso per Cassazione Personale: La Cassazione Conferma l’Inammissibilità
Con l’ordinanza n. 20291/2024, la Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale della procedura penale post-riforma: il ricorso per cassazione personale da parte dell’imputato o del condannato è inammissibile. Questa decisione sottolinea l’importanza del ruolo del difensore abilitato e le conseguenze per chi tenta di agire autonomamente davanti alla Suprema Corte. Analizziamo insieme i dettagli di questa pronuncia.
I Fatti del Caso: Un Ricorso Presentato in Proprio
Il caso ha origine dal ricorso presentato personalmente da un soggetto condannato avverso un’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza. Sia la notifica del provvedimento impugnato sia la proposizione del ricorso stesso sono avvenute in un periodo successivo al 4 agosto 2017, data cruciale che segna l’entrata in vigore della Legge 23 giugno 2017, n. 103, nota anche come “Riforma Orlando”.
Il ricorrente, agendo in prima persona, ha sottoscritto e depositato l’atto di impugnazione, confidando forse nella possibilità di far valere le proprie ragioni direttamente davanti alla Corte Suprema, senza l’intermediazione di un legale.
La Riforma e l’Obbligo del Difensore Abilitato
La Corte di Cassazione ha immediatamente focalizzato l’attenzione sulla data di proposizione del ricorso. La Legge n. 103/2017 ha modificato in modo sostanziale le regole per l’accesso al giudizio di legittimità. In particolare, ha inciso sugli articoli 571, comma 1, e 613, comma 1, del codice di procedura penale.
La nuova normativa ha escluso la facoltà dell’imputato (e, di conseguenza, del condannato) di proporre personalmente ricorso per cassazione. Oggi, tale atto deve essere obbligatoriamente sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di Cassazione. Questa modifica legislativa mira a garantire un’adeguata professionalità e tecnicità nella redazione degli atti destinati al più alto grado di giudizio, filtrando i ricorsi e assicurando che solo quelli fondati su vizi di legittimità vengano esaminati nel merito.
Le Motivazioni della Cassazione
La Corte, nel dichiarare l’inammissibilità del ricorso, ha agito de plano, ovvero con una procedura semplificata e senza udienza, come previsto dall’art. 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale, introdotto dalla stessa riforma. I giudici hanno richiamato la consolidata giurisprudenza delle Sezioni Unite (sentenza n. 8914 del 2017), che ha chiarito in modo inequivocabile la portata della nuova disposizione.
Il Collegio ha osservato che, essendo il ricorso stato proposto dopo l’entrata in vigore della legge, la mancanza della sottoscrizione di un difensore specializzato costituisce un vizio insanabile che conduce direttamente alla declaratoria di inammissibilità. Non vi è spazio per interpretazioni alternative o sanatorie: la norma è chiara e la sua violazione comporta una conseguenza processuale netta.
Le Conclusioni
La decisione si conclude con due statuizioni accessorie pesanti per il ricorrente. Oltre a dichiarare inammissibile il ricorso per cassazione personale, la Corte ha condannato il soggetto al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione pecuniaria non ha natura risarcitoria, ma punitiva, e serve a scoraggiare la proposizione di ricorsi palesemente inammissibili che sovraccaricano inutilmente il sistema giudiziario.
In sintesi, questa ordinanza è un monito chiaro: l’accesso alla Corte di Cassazione in materia penale richiede necessariamente l’assistenza di un avvocato cassazionista. Il “fai da te” processuale, in questo contesto, non solo è inefficace, ma comporta anche significative conseguenze economiche.
Un condannato può presentare personalmente un ricorso per cassazione?
No, dopo l’entrata in vigore della Legge n. 103 del 2017, il ricorso per cassazione deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’apposito albo speciale della Corte di Cassazione.
Qual è la conseguenza di un ricorso per cassazione personale presentato dopo il 4 agosto 2017?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile “de plano”, cioè con una procedura semplificata e senza udienza. Il ricorrente, inoltre, viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Perché la Corte ha condannato il ricorrente a pagare una somma di tremila euro?
La condanna al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende è una conseguenza prevista dalla legge in caso di dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Serve a sanzionare l’abuso dello strumento processuale e a disincentivare la presentazione di impugnazioni prive dei requisiti di legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20291 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20291 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a COSSOINE il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 21/12/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di SASSARI
dato avz6 alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
L’impugnazione in esame è stata proposta personalmente da NOME COGNOME e sottoscritto il 22 gennaio 2024.
Osserva il Collegio che sia la notifica del provvedimento impugNOME sia il ricorso sono successivi al 4 agosto 2017, data dell’entrata in vigore della legge 23 giugno 2017, n. 103, con cui si è esclusa la facoltà dell’imputato – e quindi anche del condanNOME – di proporre personalmente ricorso per cassazione, prevedendosi che tale atto deve essere in ogni caso sottoscritto, a pena d’inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte di cassazione ai sensi degli artt. 571, comma 1, e 613, comma 1, cod. proc. pen. (Sez. U, n. 8914 del 21/12/2017, dep. 2018, Aiello, Rv. 271333 – 01).
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile, de plano, a norma dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen., introdotto dalla medesima legge n. 103 del 2017.
Per queste ragioni, il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 9 maggio 2024.