Ricorso per cassazione personale: perché è una strada non percorribile
Il ricorso per cassazione personale rappresenta una delle questioni procedurali più delicate e spesso fraintese nel diritto penale. Molti credono di poter difendere le proprie ragioni direttamente davanti alla Suprema Corte, ma una recente ordinanza ci ricorda che le regole formali sono invalicabili. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19901 del 2024, ha ribadito un principio ormai consolidato: l’imputato o il condannato non possono presentare personalmente ricorso, pena l’immediata declaratoria di inammissibilità. Analizziamo insieme questo caso per capire le ragioni di tale divieto e le sue pesanti conseguenze.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine dal ricorso presentato da un soggetto condannato avverso un’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Ancona. Invece di affidarsi a un legale, il ricorrente ha deciso di agire in autonomia, redigendo e sottoscrivendo personalmente l’atto di impugnazione e depositandolo nel gennaio 2024. Questo atto, seppur formalmente presentato, conteneva un vizio procedurale insanabile che ne ha determinato il destino prima ancora che potesse essere esaminato nel merito.
La Decisione della Corte e il divieto di Ricorso per cassazione personale
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione non ha avuto dubbi. Esaminati gli atti, ha dichiarato il ricorso inammissibile de plano, ovvero senza la necessità di una pubblica udienza. La decisione si basa su una constatazione semplice ma cruciale: sia il provvedimento impugnato che il successivo ricorso erano successivi al 4 agosto 2017, data di entrata in vigore della Legge n. 103/2017, meglio nota come Riforma Orlando.
Questa riforma ha modificato in modo sostanziale le regole per accedere al giudizio di legittimità, escludendo la facoltà per l’imputato o il condannato di presentare personalmente l’impugnazione.
Le Motivazioni della Decisione
Il cuore della pronuncia risiede nell’interpretazione degli articoli 571, comma 1, e 613, comma 1, del codice di procedura penale, come modificati dalla citata Riforma Orlando. La legge ha introdotto un requisito di ammissibilità non derogabile: l’atto di ricorso per cassazione deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’apposito albo speciale della Corte di Cassazione.
Questo requisito non è un mero formalismo, ma risponde all’esigenza di assicurare un elevato livello tecnico-giuridico nella redazione di atti destinati al massimo organo della giurisdizione. Il giudizio di Cassazione, infatti, non è una terza valutazione del fatto, ma un controllo sulla corretta applicazione delle norme di diritto e di procedura.
A conferma di questo orientamento, la Corte richiama una fondamentale sentenza delle Sezioni Unite (n. 8914/2018), che ha definitivamente chiarito come la nuova normativa si applichi a tutti i ricorsi proposti dopo la sua entrata in vigore, sancendo l’obbligatorietà del patrocinio di un avvocato cassazionista.
La procedura seguita dalla Corte, quella de plano prevista dall’art. 610, comma 5-bis c.p.p. (anch’esso introdotto dalla Riforma Orlando), consente una definizione rapida dei ricorsi che presentano vizi evidenti, come in questo caso.
Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche della Decisione
Le implicazioni pratiche di questa ordinanza sono severe e devono servire da monito. La declaratoria di inammissibilità non comporta solo il rigetto del ricorso, ma produce due ulteriori conseguenze negative per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale:
1. Condanna al pagamento delle spese processuali: Il ricorrente è tenuto a sostenere i costi del procedimento che ha inutilmente attivato.
2. Condanna al pagamento di una somma alla Cassa delle ammende: La Corte ha inflitto una sanzione pecuniaria di tremila euro. Questa sanzione ha lo scopo di disincentivare la presentazione di ricorsi palesemente inammissibili.
In conclusione, questa decisione riafferma con forza che l’accesso alla Corte di Cassazione è un percorso che richiede necessariamente l’assistenza di un professionista qualificato. Il fai-da-te giudiziario, soprattutto in un ambito così tecnico, non solo è destinato al fallimento, ma comporta anche significative sanzioni economiche.
Un condannato può presentare personalmente ricorso in Cassazione?
No. A seguito della Legge n. 103/2017 (Riforma Orlando), il ricorso per cassazione deve essere obbligatoriamente sottoscritto da un difensore iscritto all’albo speciale della Corte di Cassazione.
Qual è la conseguenza se un ricorso in Cassazione viene presentato personalmente?
La conseguenza è la declaratoria di inammissibilità del ricorso. Ciò significa che la Corte non esaminerà le ragioni di merito dell’impugnazione a causa di un vizio procedurale insuperabile.
A cosa viene condannato chi presenta un ricorso inammissibile in Cassazione?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma pecuniaria (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19901 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19901 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a SENIGALLIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 17/01/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di ANCONA
dato avvis GLYPH lie parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso per cassazione in esame è stato proposto personalmente da NOME COGNOME e sottoscritto il 30 gennaio 2024.
Osserva il Collegio che sia la notifica del provvedimento impugNOME sia il ricorso sono successivi al 4 agosto 2017, data dell’entrata in vigore della legge 23 giugno 2017, n. 103, con cui si è esclusa la facoltà dell’imputato – e quindi anche del condanNOME – di proporre personalmente ricorso per cassazione, prevedendosi che tale atto deve essere in ogni caso sottoscritto, a pena d’inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte di cassazione, ai sensi degli artt. 571, comma 1, e 613, comma 1, cod. proc. pen. (Sez. U, n. 8914 del 21/12/2017, dep. 2018, Aiello, Rv. 271333 – 01).
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile, de plano, a norma dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen., introdotto dalla medesima legge n. 103 del 2017.
Per queste ragioni, il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 18 aprile 2024.