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Ricorso per cassazione personale: inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione personale presentato da un condannato. La decisione si fonda sulla Legge n. 103/2017, che ha reso obbligatoria la sottoscrizione dell’atto da parte di un difensore iscritto all’albo speciale, pena l’inammissibilità. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 16 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso per cassazione personale: perché è una strada non percorribile

Il ricorso per cassazione personale rappresenta una delle questioni procedurali più delicate e spesso fraintese nel diritto penale. Molti credono di poter difendere le proprie ragioni direttamente davanti alla Suprema Corte, ma una recente ordinanza ci ricorda che le regole formali sono invalicabili. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19901 del 2024, ha ribadito un principio ormai consolidato: l’imputato o il condannato non possono presentare personalmente ricorso, pena l’immediata declaratoria di inammissibilità. Analizziamo insieme questo caso per capire le ragioni di tale divieto e le sue pesanti conseguenze.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dal ricorso presentato da un soggetto condannato avverso un’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Ancona. Invece di affidarsi a un legale, il ricorrente ha deciso di agire in autonomia, redigendo e sottoscrivendo personalmente l’atto di impugnazione e depositandolo nel gennaio 2024. Questo atto, seppur formalmente presentato, conteneva un vizio procedurale insanabile che ne ha determinato il destino prima ancora che potesse essere esaminato nel merito.

La Decisione della Corte e il divieto di Ricorso per cassazione personale

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione non ha avuto dubbi. Esaminati gli atti, ha dichiarato il ricorso inammissibile de plano, ovvero senza la necessità di una pubblica udienza. La decisione si basa su una constatazione semplice ma cruciale: sia il provvedimento impugnato che il successivo ricorso erano successivi al 4 agosto 2017, data di entrata in vigore della Legge n. 103/2017, meglio nota come Riforma Orlando.

Questa riforma ha modificato in modo sostanziale le regole per accedere al giudizio di legittimità, escludendo la facoltà per l’imputato o il condannato di presentare personalmente l’impugnazione.

Le Motivazioni della Decisione

Il cuore della pronuncia risiede nell’interpretazione degli articoli 571, comma 1, e 613, comma 1, del codice di procedura penale, come modificati dalla citata Riforma Orlando. La legge ha introdotto un requisito di ammissibilità non derogabile: l’atto di ricorso per cassazione deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’apposito albo speciale della Corte di Cassazione.

Questo requisito non è un mero formalismo, ma risponde all’esigenza di assicurare un elevato livello tecnico-giuridico nella redazione di atti destinati al massimo organo della giurisdizione. Il giudizio di Cassazione, infatti, non è una terza valutazione del fatto, ma un controllo sulla corretta applicazione delle norme di diritto e di procedura.

A conferma di questo orientamento, la Corte richiama una fondamentale sentenza delle Sezioni Unite (n. 8914/2018), che ha definitivamente chiarito come la nuova normativa si applichi a tutti i ricorsi proposti dopo la sua entrata in vigore, sancendo l’obbligatorietà del patrocinio di un avvocato cassazionista.

La procedura seguita dalla Corte, quella de plano prevista dall’art. 610, comma 5-bis c.p.p. (anch’esso introdotto dalla Riforma Orlando), consente una definizione rapida dei ricorsi che presentano vizi evidenti, come in questo caso.

Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche della Decisione

Le implicazioni pratiche di questa ordinanza sono severe e devono servire da monito. La declaratoria di inammissibilità non comporta solo il rigetto del ricorso, ma produce due ulteriori conseguenze negative per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale:

1. Condanna al pagamento delle spese processuali: Il ricorrente è tenuto a sostenere i costi del procedimento che ha inutilmente attivato.
2. Condanna al pagamento di una somma alla Cassa delle ammende: La Corte ha inflitto una sanzione pecuniaria di tremila euro. Questa sanzione ha lo scopo di disincentivare la presentazione di ricorsi palesemente inammissibili.

In conclusione, questa decisione riafferma con forza che l’accesso alla Corte di Cassazione è un percorso che richiede necessariamente l’assistenza di un professionista qualificato. Il fai-da-te giudiziario, soprattutto in un ambito così tecnico, non solo è destinato al fallimento, ma comporta anche significative sanzioni economiche.

Un condannato può presentare personalmente ricorso in Cassazione?
No. A seguito della Legge n. 103/2017 (Riforma Orlando), il ricorso per cassazione deve essere obbligatoriamente sottoscritto da un difensore iscritto all’albo speciale della Corte di Cassazione.

Qual è la conseguenza se un ricorso in Cassazione viene presentato personalmente?
La conseguenza è la declaratoria di inammissibilità del ricorso. Ciò significa che la Corte non esaminerà le ragioni di merito dell’impugnazione a causa di un vizio procedurale insuperabile.

A cosa viene condannato chi presenta un ricorso inammissibile in Cassazione?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma pecuniaria (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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