Ricorso per cassazione personale: la fine di una facoltà
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale introdotto dalla riforma Orlando del 2017: il ricorso per cassazione personale non è più ammesso nel nostro ordinamento. La pronuncia in esame chiarisce, ancora una volta, le conseguenze per chi tenta di adire la Suprema Corte senza l’assistenza di un difensore abilitato, dichiarando l’atto inammissibile e condannando il ricorrente al pagamento di spese e sanzioni. Analizziamo i dettagli di questa importante decisione.
I Fatti del Caso
Un soggetto, condannato in un precedente grado di giudizio, decideva di impugnare personalmente un’ordinanza emessa dal Tribunale di Sorveglianza. Sottoscriveva e depositava il ricorso in data 7 dicembre 2023, agendo quindi in prima persona senza avvalersi di un legale. L’atto era diretto a contestare una decisione del novembre 2023. Entrambe le date, sia quella del provvedimento impugnato sia quella della proposizione del ricorso, risultavano successive all’entrata in vigore della legge n. 103 del 23 giugno 2017.
L’Inammissibilità del Ricorso per Cassazione Personale
La Corte di Cassazione, investita della questione, ha risolto il caso in modo netto e senza necessità di un’udienza pubblica, attraverso una procedura semplificata definita ‘de plano’. I giudici hanno dichiarato l’immediata inammissibilità del ricorso. La decisione si basa su un’argomentazione puramente procedurale, ma di importanza cruciale.
Le Motivazioni Giuridiche della Decisione
Il Collegio ha fondato la propria decisione sulla disciplina introdotta dalla legge n. 103/2017, nota come ‘riforma Orlando’. Questa normativa ha modificato in modo sostanziale le regole per l’accesso al giudizio di legittimità, escludendo la facoltà per l’imputato o il condannato di proporre personalmente ricorso per cassazione.
La Corte ha richiamato gli articoli 571, comma 1, e 613, comma 1, del codice di procedura penale, i quali, nella loro versione attuale, prevedono che l’atto di ricorso debba essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di cassazione. Tale interpretazione è stata consolidata da una pronuncia delle Sezioni Unite (sentenza n. 8914/2017), che ha eliminato ogni dubbio interpretativo. Poiché nel caso di specie il ricorso era stato presentato personalmente dal condannato, violava palesemente questo requisito formale essenziale. L’inammissibilità, pertanto, è stata la conseguenza inevitabile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di tremila euro a favore della cassa delle ammende, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza serve come un importante monito: dopo la riforma del 2017, chiunque intenda presentare un ricorso alla Corte di Cassazione in materia penale deve obbligatoriamente rivolgersi a un avvocato cassazionista. Il ‘fai da te’ legale, un tempo consentito, è oggi una strada che conduce direttamente a una declaratoria di inammissibilità e a sanzioni economiche. La complessità del giudizio di legittimità e la volontà del legislatore di garantirne l’efficienza e la tecnicità hanno reso imprescindibile il filtro della difesa tecnica qualificata.
È possibile per un condannato presentare personalmente un ricorso per cassazione?
No, a seguito della legge n. 103 del 2017 (riforma Orlando), il condannato non ha più la facoltà di proporre personalmente ricorso per cassazione.
Quali sono i requisiti per presentare un ricorso per cassazione in materia penale?
L’atto deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di cassazione.
Cosa succede se un ricorso viene presentato senza la firma di un avvocato cassazionista?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile e il ricorrente è condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma alla cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19878 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19878 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME FRANCAVILLA FONTANA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 23/11/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di LECCE
dato AVV_NOTAIO
, iyKlle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso per cassazione in esame è stato proposto personalmente da NOME COGNOME e sottoscritto il 7 dicembre 2023.
Osserva il Collegio che sia la notifica del provvedimento impugNOME sia il ricorso sono successivi al 4 agosto 2017, data dell’entrata in vigore della legge 23 giugno 2017, n. 103, con cui si è esclusa la facoltà dell’imputato – e quindi anche del condanNOME – di proporre personalmente ricorso per cassazione, prevedendosi che tale atto deve essere in ogni caso sottoscritto, a pena d’inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte di cassazione, ai sensi degli artt. 571, comma 1, e 613, comma 1, cod. proc. pen. (Sez. U, n. 8914 del 21/12/2017, dep. 2018, Aiello, Rv. 271333 – 01).
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile, de plano, a norma dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen., introdotto dalla medesima legge n. 103 del 2017.
Per queste ragioni, il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 18 aprile 2024.