Ricorso per Cassazione Personale: La Fine di un’Era
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale della procedura penale post-riforma: il ricorso per cassazione personale da parte dell’indagato o dell’imputato è inammissibile. Questa decisione, apparentemente tecnica, ha implicazioni pratiche significative, rafforzando il ruolo del difensore in una delle fasi più delicate del processo. Analizziamo insieme la vicenda e le motivazioni dei giudici.
I Fatti di Causa
Il caso ha origine da un decreto di sequestro preventivo emesso dal Tribunale di Reggio Calabria su terreni e fabbricati. Il provvedimento era legato a presunti reati urbanistici e paesaggistici, oltre che alle ipotesi di cui agli articoli 388 e 633 del codice penale. L’interessato, che si affermava proprietario dei beni, presentava una richiesta di riesame, che veniva però dichiarata inammissibile dal medesimo Tribunale.
Contro questa decisione, l’interessato decideva di agire in autonomia, presentando personalmente un ricorso presso la Corte di Cassazione. L’obiettivo era ottenere l’annullamento dell’ordinanza di inammissibilità e una nuova valutazione della sua richiesta.
Il Ricorso per Cassazione Personale e la Riforma
Il cuore della questione non risiede nel merito del sequestro, ma in un aspetto puramente procedurale. Il ricorso è stato depositato il 19 maggio 2025. La Corte Suprema ha immediatamente rilevato un vizio insanabile. La legge 23 giugno 2017, n. 103 (nota come Riforma Orlando) ha modificato l’articolo 613, comma 1, del codice di procedura penale. Prima di tale intervento, l’imputato poteva presentare personalmente il ricorso per cassazione. La riforma ha soppresso questa possibilità, stabilendo che l’atto debba essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’apposito albo speciale dei cassazionisti.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione della Corte è lineare e ineccepibile. I giudici hanno osservato che il ricorso era stato proposto personalmente dall’indagato in una data successiva all’entrata in vigore della legge n. 103/2017. Di conseguenza, la facoltà di agire personalmente era già stata eliminata dall’ordinamento. L’atto, essendo privo del requisito formale della sottoscrizione da parte di un difensore abilitato, non poteva che essere dichiarato inammissibile.
La Corte non entra nel merito delle doglianze del ricorrente, poiché il vizio procedurale impedisce qualsiasi valutazione sul contenuto. La decisione si conclude, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle Ammende, determinata in via equitativa.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza conferma un orientamento ormai consolidato. Chiunque intenda contestare una decisione davanti alla Corte di Cassazione in ambito penale deve necessariamente avvalersi di un avvocato cassazionista. Il ‘fai da te’ processuale, un tempo consentito, è stato definitivamente archiviato per garantire un più elevato livello di tecnicismo e professionalità nella redazione di atti destinati al massimo organo della giurisdizione. Per i cittadini, ciò significa che la difesa tecnica diventa un passaggio obbligato e non più una scelta in questa fase, sottolineando l’importanza di affidarsi a professionisti qualificati per tutelare i propri diritti nel giudizio di legittimità.
Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché è stato presentato personalmente dall’indagato, una facoltà che è stata soppressa dalla legge n. 103 del 23 giugno 2017, la quale ha modificato l’art. 613 del codice di procedura penale.
Un indagato o un imputato può oggi presentare personalmente ricorso per cassazione?
No. A seguito della riforma, il ricorso per cassazione deve essere obbligatoriamente sottoscritto da un difensore iscritto all’albo speciale dei patrocinanti in Cassazione. L’atto presentato personalmente è inammissibile.
Quali sono state le conseguenze per il ricorrente?
A seguito della declaratoria di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle Ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 34205 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 3 Num. 34205 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Reggio Calabria il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 24/4/2025 del Tribunale di Reggio Calabria visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che ordinanza del 24 aprile 2025 il Tribunale di Reggio Calabria ha dichiarato inammissibile la richiesta di riesame presentata da NOME COGNOME nei confronti del decreto di sequestro preventivo del 22 marzo 2025 del medesimo Tribunale di Reggio Calabria, disposto in relazione ai reati di cui agli artt. 388 e 633 cod. pen. e a reati urbanistici e paesaggistici su terreni e fabbricati di cui ricorrente si era affermato proprietario.
Considerato che avverso tale ordinanza il richiedente COGNOME ha proposto personalmente ricorso per cassazione, censurando quanto affermato dal Tribunale a proposito della sussistenza di una preclusione derivante da un precedente giudizio cautelare con il medesimo oggetto e chiedendo quindi la riforma della decisione di inammissibilità della propria richiesta di riesame.
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Osservato che tale ricorso è inammissibile, essendo stato proposto personalmente dall’indagato, con atto del 19 maggio 2025 in relazione a provvedimento pronunciato il 24 aprile 2025, dunque successivamente alla soppressione della facoltà di proporre ricorso personalmente da parte dell’imputato o dell’indagato, per opera della legge 23 giugno 2017 n. 103, che ha modificato l’art. 613, comma 1, cod. proc. pen., escludendo detta facoltà.
Considerato che alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende, che si determina equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso il 16/9/2025