Ricorso per cassazione personale: la Cassazione ribadisce l’inammissibilità
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale della procedura penale: il ricorso per cassazione personale, ovvero quello presentato direttamente dal cittadino senza l’assistenza di un legale, è inammissibile. Questa decisione, in linea con un orientamento consolidato, sottolinea l’importanza della difesa tecnica qualificata nel giudizio di legittimità.
Il Contesto del Caso: Un Ricorso Presentato Direttamente dal Cittadino
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un privato cittadino avverso un’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Venezia. L’individuo, agendo in prima persona, ha impugnato il provvedimento direttamente dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione. Tuttavia, questa modalità di impugnazione si è scontrata con una precisa norma procedurale che regola l’accesso al più alto grado della giustizia penale.
La Riforma del Ricorso per Cassazione Personale: Cosa è Cambiato?
Il punto cruciale della questione risiede nella modifica normativa introdotta dalla legge n. 103 del 23 giugno 2017 (nota come Riforma Orlando). Tale legge ha modificato l’articolo 613 del codice di procedura penale, sopprimendo l’inciso ‘salvo che la parte non vi provveda personalmente’.
Prima di questa riforma, era consentito alla parte privata di presentare personalmente il ricorso. Dopo l’entrata in vigore della legge, avvenuta il 3 agosto 2017, tale facoltà è stata eliminata. Oggi, la norma prevede in modo tassativo che il ricorso debba essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di Cassazione. L’atto in esame, essendo stato proposto personalmente in data successiva, ricadeva pienamente sotto la nuova disciplina.
La Decisione della Corte: L’Inammissibilità del Ricorso
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in commento, ha dichiarato il ricorso inammissibile senza neppure entrare nel merito della questione. La decisione è stata presa in via semplificata, senza formalità di procedura, come previsto dall’art. 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale per i casi di manifesta inammissibilità.
Come conseguenza diretta, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria prevista per chi adisce la Corte con ricorsi palesemente infondati o, come in questo caso, privi dei requisiti di forma.
Le Motivazioni
I giudici hanno fondato la loro decisione sulla chiara violazione dell’art. 613 c.p.p. come modificato dalla Riforma Orlando. Hanno sottolineato che la nuova formulazione della norma impone in modo inequivocabile il ‘ministero del difensore’, ovvero la necessaria assistenza di un avvocato cassazionista, per la proposizione del ricorso.
La Corte ha inoltre fugato ogni dubbio sulla legittimità costituzionale di tale requisito. Richiamando una precedente e autorevole pronuncia delle Sezioni Unite (sentenza n. 8914 del 2017, Aiello), ha ribadito che l’obbligo della difesa tecnica in Cassazione non viola né l’art. 111 della Costituzione né l’art. 6 della CEDU (Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo). Secondo la Suprema Corte, rientra nella piena discrezionalità del legislatore stabilire i requisiti di accesso ai vari gradi di giudizio. La scelta di imporre un difensore specializzato è considerata ‘ragionevole’ in considerazione dell’elevato livello di qualificazione tecnica e professionale richiesto per affrontare le complesse questioni di legittimità tipiche del giudizio in Cassazione, dove non si discutono i fatti, ma solo la corretta applicazione delle norme di diritto.
Le Conclusioni
L’ordinanza conferma un principio ormai consolidato: nel processo penale, la porta della Corte di Cassazione non può essere varcata autonomamente dal cittadino. La complessità del giudizio di legittimità richiede necessariamente l’intervento di un professionista del diritto, un avvocato iscritto all’albo speciale, capace di tradurre le doglianze del cliente in motivi di ricorso tecnicamente corretti e ammissibili. Questa pronuncia serve da monito: tentare la via del ricorso per cassazione personale si traduce inevitabilmente in una declaratoria di inammissibilità, con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione economica.
È possibile presentare un ricorso per cassazione in materia penale personalmente, senza l’assistenza di un avvocato?
No, a seguito della modifica dell’art. 613 cod. proc. pen. ad opera della legge n. 103 del 2017, il ricorso per cassazione deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’apposito albo speciale della Corte di Cassazione.
La regola che impone l’assistenza di un avvocato per il ricorso in Cassazione è costituzionale?
Sì. La Corte di Cassazione, richiamando una precedente pronuncia delle Sezioni Unite, ha affermato che la norma è pienamente legittima. Rientra nella discrezionalità del legislatore richiedere la rappresentanza tecnica, data l’elevata qualificazione professionale necessaria in sede di legittimità.
Quali sono le conseguenze se un ricorso per cassazione viene presentato personalmente?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3849 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3849 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/09/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a CORMONS il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 12/04/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di VENEZIA
dato avviso alle part -il udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Considerato che NOME COGNOME ricorre personalmente per cassazione avverso il provvedimento in preambolo del Tribunale di sorveglianza di Venezia;
ritenuto che si tratta di impugnazione proposta personalmente, senza ministero del difensore in data successiva al 3 agosto 2017, dopo l’entrata in vigore della legge 23 giugno 2017, n. 103 il cui art. 1, comma 63, che ha modificato l’art. 613, comma 1, cod. proc. pen. sopprimendo l’inciso «salvo che la parte non vi provveda personalmente», a fronte della quale s’impone l’inammissibilità del ricorso;
rilevato, infatti, in virtù di detta modifica normativa, il ricorso per cassazione deve essere sottoscritto, a pena d’inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte di cassazione e considerato che questa Corte, nella sua composizione più autorevole, ha affermato che è manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale dell’art. 613 cod. proc. pen., come modificato dall’art. 1, comma 55, legge n. 103 del 2017, per asserita violazione degli artt. 111, comma 7, Cost. e 6 CEDU, nella parte in cui non consente la proposizione del ricorso in cassazione personale, chiarendo che rientra nella discrezionalità del legislatore richiedere la rappresentanza tecnica per l’esercizio delle impugnazioni in cassazione, senza che ciò determini alcuna limitazione delle facoltà difensive, in considerazione dell’elevato livello di qualificazione professionale richiesto dall’esercizio del diritto di difesa in sede di legittimità rispetto al quale l’esclusione della difesa personale appare ragionevole (Sez. U, n. 8914 del 21/12/2017, dep. 2018, Aiello, Rv. 272011);
ritenuto che, quindi, il ricorso è affetto da inammissibilità che può essere dichiarata senza formalità di procedura, a norma dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen., cui segue la condanna al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 28 settembre 2023