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Ricorso per cassazione personale: inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso per cassazione personale presentato da un condannato. La decisione si basa sulla legge n. 103/2017, che richiede tassativamente la firma di un avvocato cassazionista, pena l’inammissibilità dell’atto. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso per Cassazione Personale: La Cassazione Ribadisce l’Inammissibilità

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale della procedura penale: il ricorso per cassazione personale, ovvero presentato direttamente dall’imputato o dal condannato, è inammissibile. Questa decisione si allinea con l’orientamento consolidato a seguito della riforma del 2017, che ha modificato le regole per l’accesso al giudizio di legittimità, sottolineando la necessità dell’assistenza di un difensore specializzato.

Il caso: un ricorso presentato senza avvocato

Il caso in esame ha origine dal ricorso presentato da un soggetto condannato avverso un decreto del Giudice di Sorveglianza. L’aspetto cruciale della vicenda è che l’atto di impugnazione è stato redatto e depositato personalmente dall’interessato, senza l’intervento e la sottoscrizione di un avvocato iscritto all’albo speciale della Corte di Cassazione. Il ricorso, pertanto, presentava un vizio formale che non è sfuggito all’analisi della Suprema Corte.

I requisiti del ricorso personale per cassazione dopo la Riforma

La decisione della Corte si fonda sull’interpretazione della normativa vigente, come modificata dalla cosiddetta “Riforma Orlando” (legge n. 103 del 2017).

La svolta della Legge n. 103/2017

Prima del 3 agosto 2017, l’imputato aveva la facoltà di presentare personalmente il ricorso per cassazione. Tuttavia, con l’entrata in vigore della legge 103/2017, questa possibilità è stata eliminata. La nuova normativa, intervenendo sugli articoli 571 e 613 del codice di procedura penale, ha stabilito che l’atto di ricorso deve essere, a pena di inammissibilità, sottoscritto da difensori iscritti nell’apposito albo speciale.

Il ruolo indispensabile del difensore cassazionista

La ratio della riforma è quella di garantire un filtro di tecnicità e professionalità nel giudizio di legittimità. La Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un organo che valuta la corretta applicazione della legge. Di conseguenza, il legislatore ha ritenuto indispensabile che i motivi di ricorso siano elaborati e presentati da un legale con una specifica competenza, in grado di individuare e argomentare vizi di legittimità.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte, nel dichiarare inammissibile il ricorso, ha agito con una procedura semplificata, cosiddetta de plano, come previsto dall’art. 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale. I giudici hanno rilevato che, essendo sia il provvedimento impugnato sia il ricorso successivi all’entrata in vigore della riforma, la nuova disciplina era pienamente applicabile. Poiché l’atto era stato proposto personalmente dall’interessato, questi è stato considerato un “soggetto non legittimato” ai sensi dell’art. 591, comma 1, lett. a), cod. proc. pen. La mancanza della sottoscrizione del difensore cassazionista ha costituito una causa di inammissibilità insanabile, come peraltro già chiarito dalle Sezioni Unite della stessa Corte con la sentenza n. 8914 del 2017.

Le conclusioni: conseguenze pratiche per il ricorrente

La declaratoria di inammissibilità non è stata priva di conseguenze per il ricorrente. In applicazione dell’articolo 616 del codice di procedura penale, la Corte lo ha condannato al pagamento delle spese processuali. Inoltre, è stato condannato al versamento di una somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. La Corte ha motivato l’applicazione di questa sanzione pecuniaria evidenziando che non sussistevano elementi per ritenere che il ricorrente avesse agito senza colpa nel determinare la causa di inammissibilità. Questa ordinanza serve quindi come un monito chiaro: per accedere al giudizio della Corte di Cassazione in materia penale, l’assistenza di un avvocato cassazionista non è una facoltà, ma un requisito imprescindibile la cui assenza comporta conseguenze processuali ed economiche negative.

Un condannato può presentare personalmente un ricorso alla Corte di Cassazione?
No. A seguito della riforma introdotta con la legge n. 103 del 2017, la facoltà per l’imputato o il condannato di proporre personalmente ricorso per cassazione è stata esclusa. L’atto deve essere obbligatoriamente sottoscritto da un avvocato iscritto all’albo speciale dei cassazionisti.

Qual è la conseguenza se il ricorso per cassazione non è firmato da un avvocato abilitato?
La conseguenza è la declaratoria di inammissibilità del ricorso. Ciò significa che la Corte non entra nel merito della questione, ma si ferma a una valutazione preliminare che sancisce l’impossibilità di esaminare l’impugnazione a causa di un vizio formale.

Oltre a dichiarare inammissibile il ricorso, quali altre sanzioni ha applicato la Corte?
La Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione viene applicata quando non emergono elementi che giustifichino l’errore del ricorrente nel causare l’inammissibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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