Ricorso per Cassazione Personale: La Fine del “Fai-da-te” Giudiziario
Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale della procedura penale, spesso ignorato dai non addetti ai lavori: il ricorso per cassazione personale non è più ammesso. L’intervento del legislatore con la cosiddetta “Riforma Orlando” ha reso obbligatoria la difesa tecnica specializzata per accedere al giudizio di legittimità, pena l’inammissibilità dell’atto e conseguenze economiche per il ricorrente.
Il Fatto alla Base della Decisione
Il caso in esame trae origine dal ricorso presentato personalmente da un soggetto condannato avverso un’ordinanza emessa dal Tribunale di sorveglianza di Bologna. L’interessato, senza l’assistenza di un avvocato, ha deciso di impugnare il provvedimento direttamente dinanzi alla Suprema Corte, sottoscrivendo di proprio pugno l’atto di ricorso. Questa iniziativa, tuttavia, si è scontrata con una precisa e invalicabile norma procedurale.
L’Impatto della Riforma Orlando sul Ricorso per Cassazione Personale
Il fulcro della decisione della Corte risiede nell’applicazione della Legge 23 giugno 2017, n. 103 (nota come Riforma Orlando). Prima di tale intervento normativo, era prevista la facoltà per l’imputato o il condannato di proporre personalmente ricorso per cassazione. La riforma ha modificato radicalmente questo aspetto, introducendo un requisito formale inderogabile.
La legge ha stabilito che, per tutti i provvedimenti emessi dopo la sua entrata in vigore (4 agosto 2017), il ricorso per cassazione deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’apposito albo speciale della Corte di Cassazione. Si tratta di una scelta legislativa volta a garantire un più elevato livello di tecnicismo e professionalità nel giudizio di legittimità, che verte su questioni di diritto e non di fatto.
La Pronuncia di Inammissibilità della Suprema Corte
La Corte di Cassazione, esaminato il caso, non ha potuto fare altro che dichiarare il ricorso inammissibile. Essendo sia il provvedimento impugnato sia il ricorso successivi alla data di entrata in vigore della riforma, la nuova disciplina era pienamente applicabile. La mancanza della sottoscrizione di un difensore qualificato ha costituito un vizio insanabile che ha precluso alla Corte qualsiasi valutazione sul merito delle doglianze sollevate dal ricorrente.
Le Motivazioni
Le motivazioni della sentenza sono lineari e si basano su una stretta interpretazione della legge. I giudici hanno richiamato gli articoli 571, comma 1, e 613, comma 1, del codice di procedura penale, come modificati dalla Legge n. 103/2017. La Corte ha inoltre fatto riferimento a una precedente e autorevole pronuncia delle Sezioni Unite (sent. n. 8914/2017), che aveva già chiarito in modo definitivo la portata della nuova normativa, confermando l’obbligatorietà dell’assistenza di un difensore cassazionista. Il ricorso è stato quindi dichiarato inammissibile ai sensi dell’articolo 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale, introdotto proprio dalla Riforma Orlando.
Le Conclusioni
La decisione ha importanti implicazioni pratiche. Chiunque intenda contestare un provvedimento davanti alla Corte di Cassazione in materia penale deve necessariamente rivolgersi a un avvocato abilitato al patrocinio presso le giurisdizioni superiori. Il tentativo di agire personalmente non solo è destinato a fallire, ma comporta anche conseguenze economiche. Infatti, come stabilito dalla Corte in applicazione dell’articolo 616 del codice di procedura penale, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende. Questa sentenza funge da monito: nel processo penale, e in particolare nel giudizio di legittimità, l’assistenza tecnica qualificata non è un’opzione, ma un requisito imprescindibile.
Un condannato può presentare personalmente ricorso alla Corte di Cassazione in materia penale?
No. La sentenza chiarisce che, a seguito della riforma introdotta con la Legge n. 103/2017, il ricorso deve essere obbligatoriamente sottoscritto da un avvocato iscritto all’albo speciale della Corte di Cassazione, altrimenti è inammissibile.
Cosa succede se un ricorso viene presentato senza la firma di un avvocato cassazionista?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Questo significa che la Corte non entra nel merito della questione, ma si ferma a una valutazione preliminare che ne constata il vizio procedurale insanabile.
Ci sono conseguenze economiche se il ricorso viene dichiarato inammissibile?
Sì. Il ricorrente la cui impugnazione è dichiarata inammissibile viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 390 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 390 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOMECOGNOME nato a Matta Sant’Anastasia il 02/02/1957
avverso l’ordinanza del 22/09/2022 del Tribunale di sorveglianza di Bologna visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso per cassazione in esame è stato proposto personalmente da NOME COGNOME e sottoscritto il 12 aprile 2023.
Osserva il Collegio che sia la notifica del provvedimento impugnato sia il ricorso sono successivi al 4 agosto 2017, data dell’entrata in vigore della legge 23 giugno 2017, n. 103, con cui si è esclusa la facoltà dell’imputato – e quindi anche del condannato – di proporre personalmente ricorsa per cassazione, prevedendosi che tale atto deve essere in ogni caso sottoscritto, a pena d’inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte di cassazione, ai sensi degli artt. 571, comma 1, e 613, comma 1, cod. proc. pen. (Sez. U, n. 8914 del 21/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 271333 – 01).
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile, a norma dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen., introdotto dalla medesima legge n. 103 del 2017.
Per queste ragioni, il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 9 novembre 2023.