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Ricorso per cassazione personale: inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso per cassazione personale presentato da un condannato per furto aggravato. La decisione si basa sulla L. 103/2017, che impone la firma di un avvocato specializzato, pena l’inammissibilità dell’atto.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso per cassazione personale: perché è sempre inammissibile

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale della procedura penale, consolidatosi dopo la cosiddetta “Riforma Orlando”: il ricorso per cassazione personale, ovvero quello presentato direttamente dall’imputato o dal condannato, è irrimediabilmente inammissibile. Questa regola, introdotta per garantire un più elevato livello di tecnicismo nel giudizio di legittimità, ha implicazioni pratiche significative per chiunque intenda impugnare una sentenza davanti alla Suprema Corte.

I Fatti di Causa

Il caso esaminato trae origine da una condanna per il reato di furto aggravato, pronunciata prima dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte d’Appello. Avverso quest’ultima sentenza, l’imputato decideva di presentare personalmente ricorso alla Corte di Cassazione, senza avvalersi dell’assistenza e della sottoscrizione di un difensore abilitato.

La Decisione della Suprema Corte

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente inammissibile. La decisione non è entrata nel merito delle doglianze sollevate dal ricorrente, ma si è fermata a un controllo preliminare di natura puramente procedurale. La Corte ha infatti rilevato la carenza di un requisito essenziale per la validità dell’atto: la sottoscrizione da parte di un avvocato iscritto nell’albo speciale dei patrocinanti in Cassazione.

Le Motivazioni: L’impatto della Riforma Orlando sul ricorso per cassazione personale

Il cuore della decisione risiede nell’applicazione della Legge n. 103 del 2017, nota come Riforma Orlando, entrata in vigore il 4 agosto 2017. Questa legge ha modificato in modo sostanziale le norme che regolano l’impugnazione davanti alla Corte di Cassazione, in particolare gli articoli 571 e 613 del codice di procedura penale.

Prima di questa riforma, l’imputato aveva la facoltà di presentare personalmente il ricorso. La nuova normativa, invece, ha stabilito in modo inequivocabile che, a pena di inammissibilità, l’atto di ricorso debba essere sottoscritto da un difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di Cassazione. Questa scelta legislativa mira a elevare la qualità dei ricorsi, assicurando che le questioni sottoposte alla Suprema Corte siano filtrate da un professionista con una specifica competenza tecnica, capace di individuare e formulare correttamente i soli vizi di legittimità che possono essere fatti valere in tale sede.

La Corte ha richiamato anche un fondamentale precedente delle Sezioni Unite (sentenza n. 8914/2018), che ha consolidato questa interpretazione, specificando che tale requisito si applica a tutti i ricorsi proposti contro provvedimenti emessi dopo l’entrata in vigore della legge.

Di conseguenza, essendo sia la sentenza impugnata sia il ricorso successivi al 4 agosto 2017, la Corte non ha potuto fare altro che dichiarare l’inammissibilità de plano, ai sensi del nuovo art. 610, comma 5-bis, c.p.p., introdotto dalla medesima riforma.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per l’Imputato

L’ordinanza in esame è un monito chiaro: il fai-da-te nel processo penale, specialmente nella sua fase più tecnica e complessa come il giudizio di Cassazione, non è più un’opzione praticabile. Chiunque intenda contestare una sentenza di condanna davanti alla Suprema Corte deve obbligatoriamente rivolgersi a un avvocato cassazionista.

L’inosservanza di questa regola procedurale comporta conseguenze severe. Oltre alla declaratoria di inammissibilità, che preclude ogni esame nel merito delle proprie ragioni, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una cospicua sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende. Nel caso di specie, la somma è stata quantificata in 4.000,00 euro, a dimostrazione della serietà con cui l’ordinamento sanziona il mancato rispetto di questo fondamentale requisito di ammissibilità.

È possibile per un imputato presentare personalmente un ricorso in Cassazione?
No, a seguito della Legge n. 103 del 2017, il ricorso per cassazione deve essere obbligatoriamente sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’albo speciale dei patrocinanti presso le giurisdizioni superiori.

Qual è la conseguenza di un ricorso per cassazione presentato personalmente dall’imputato?
Il ricorso viene dichiarato manifestamente inammissibile senza che la Corte esamini il merito della questione. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende.

A partire da quando è in vigore la regola che vieta il ricorso personale in Cassazione?
Questa regola è in vigore dal 4 agosto 2017, data di entrata in vigore della Legge n. 103/2017. Si applica a tutti i ricorsi presentati contro provvedimenti emessi dopo tale data.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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