Ricorso per Cassazione Personale: Perché è Inammissibile e le Conseguenze
L’accesso alla giustizia è un diritto fondamentale, ma le sue modalità sono rigorosamente disciplinate dalla legge, specialmente nei gradi più alti di giudizio. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio cruciale: il ricorso per cassazione personale, ovvero presentato direttamente dall’imputato o condannato, è inammissibile. Questa pronuncia offre l’occasione per analizzare le modifiche introdotte dalla legge n. 103 del 2017 e le severe conseguenze per chi non rispetta le regole procedurali.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine dal ricorso presentato personalmente da un soggetto avverso un’ordinanza emessa dal Tribunale della Libertà di Lecce. L’individuo, agendo in prima persona e senza l’assistenza di un legale abilitato, ha impugnato il provvedimento direttamente davanti alla Suprema Corte di Cassazione, cercando di far valere le proprie ragioni.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte, senza nemmeno entrare nel merito delle questioni sollevate, ha dichiarato il ricorso inammissibile de plano, ovvero con una procedura semplificata e senza udienza. La decisione è stata netta: il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro a favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: Il Divieto di Ricorso per Cassazione Personale
Il cuore della decisione risiede nell’applicazione della legge n. 103 del 2017 (nota come Riforma Orlando), entrata in vigore il 3 agosto 2017. Questa legge ha modificato in modo sostanziale le norme che regolano il ricorso per cassazione, in particolare gli articoli 571 e 613 del codice di procedura penale.
La Corte ha sottolineato che, a seguito di tale riforma, è stata esclusa la facoltà dell’imputato (e quindi anche del condannato) di proporre personalmente ricorso. La normativa ora prevede, a pena di inammissibilità, che l’atto di ricorso sia sottoscritto da un difensore iscritto nell’apposito albo speciale della Corte di Cassazione. Questa figura professionale possiede le competenze tecniche specifiche per affrontare la complessità di un giudizio di legittimità, che non verte sui fatti ma sulla corretta applicazione del diritto.
La decisione si allinea a un consolidato orientamento giurisprudenziale, citando una sentenza delle Sezioni Unite (n. 8914/2018), che ha confermato in modo inequivocabile questo principio. L’introduzione del nuovo comma 5-bis all’articolo 610 del codice di procedura penale ha inoltre fornito lo strumento per una declaratoria di inammissibilità rapida e senza dibattimento in casi come questo.
Conclusioni: L’Importanza della Difesa Tecnica Qualificata
La pronuncia in esame è un monito chiaro: nel processo penale, e in particolare nel giudizio di cassazione, l’assistenza di un difensore qualificato non è una mera opzione, ma un requisito procedurale indispensabile. Tentare la via del ricorso per cassazione personale non solo è un’azione destinata al fallimento, ma comporta anche significative conseguenze economiche. La condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria è la diretta conseguenza della violazione di una norma chiara, la cui ignoranza non è scusabile. Questa ordinanza rafforza il principio secondo cui la complessità del giudizio di legittimità richiede una competenza tecnica specifica, a garanzia del corretto funzionamento della giustizia e della tutela dei diritti di tutte le parti coinvolte.
È possibile per un imputato o condannato presentare personalmente un ricorso per cassazione?
No, a seguito della legge n. 103 del 2017, il ricorso deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di cassazione.
Cosa accade se un ricorso viene presentato personalmente dall’interessato?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile dalla Corte, spesso con una procedura semplificata e senza udienza (de plano), e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Perché viene applicata una sanzione pecuniaria in caso di inammissibilità?
La sanzione pecuniaria, in questo caso di 3.000 euro, viene applicata ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale perché non vi sono elementi per escludere la colpa del ricorrente nel determinare la causa di inammissibilità dell’atto.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 12670 Anno 2019
Penale Ord. Sez. 1 Num. 12670 Anno 2019
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 30/01/2019
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a LECCE il 13/12/1976
avverso l’ordinanza del 20/11/2018 del TRIB. LIBERTA di LECCE
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
–
RITENUTO IN FATTO
Il ricorso in esame è stato proposto personalmente da NOME COGNOME
CONSIDERATO IN DIRITTO
Sia la sentenza impugnata sia il ricorso sono successivi al 3 agosto 2017, data dell’entrata in vigore della legge n. 103 del 2017, con cui si è esclusa la facoltà dell’imputato (e quindi anche del condannato) di proporre personalmente ricorso per cassazione, prevedendosi che esso deve essere in ogni caso sottoscritto, a pena d’inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale dell Corte di cassaziòne (artt. 571, comma 1, e 613, comma 1, cod. proc. pen.; Sez. U, n. 8914 del 21/12/2017 – dep. 23/02/2018, COGNOME, Rv. 272010).
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile, de plano, a norma dell’art. 610, comma 5 – bis, cod. proc. pen., introdotto dalla medesima legge n. 103 del 2017.
Segue all’inammissibilità la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost., sent. n. 186 del 2000), anche al versamento a favore della Cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2019.