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Ricorso per cassazione patteggiamento: limiti

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso per cassazione patteggiamento, poiché i motivi addotti non rientrano tra quelli tassativamente previsti dall’art. 448, co. 2-bis, c.p.p. Il ricorrente lamentava la mancata motivazione sull’applicazione dell’art. 129 c.p.p., un motivo non consentito dalla legge.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso per cassazione patteggiamento: quando è inammissibile?

La possibilità di impugnare una sentenza di patteggiamento è una questione delicata, regolata da norme precise. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 6473/2024) chiarisce i confini invalicabili del ricorso per cassazione patteggiamento, confermando che i motivi di impugnazione sono tassativi e non possono essere estesi a doglianze generiche. Questo principio è fondamentale per garantire la stabilità delle decisioni basate su un accordo tra le parti.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da una sentenza del Tribunale di Bari, con cui un imputato, su sua richiesta, aveva patteggiato una pena per il reato di cui all’art. 73, comma 5, del D.P.R. 309/1990 (reati in materia di stupefacenti di lieve entità). La pena concordata era di un anno e otto mesi di reclusione e duemila euro di multa. Nonostante l’accordo, l’imputato decideva di presentare ricorso per cassazione avverso tale sentenza.

I Motivi del Ricorso e i limiti del ricorso per cassazione patteggiamento

Il ricorrente ha basato la sua impugnazione su un unico motivo: l’omessa motivazione da parte del giudice di primo grado riguardo alla mancata applicazione dell’art. 129 del codice di procedura penale. Tale articolo prevede l’obbligo per il giudice di pronunciare una sentenza di proscioglimento immediato quando risulta evidente una delle cause di non punibilità.

Tuttavia, la Corte di Cassazione ha subito evidenziato come questo motivo di ricorso non rientri nel novero di quelli ammessi dalla legge per le sentenze di patteggiamento. La riforma introdotta con la legge n. 103 del 2017 ha infatti inserito l’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., che elenca in modo tassativo i motivi per cui è possibile presentare un ricorso per cassazione patteggiamento. Essi sono:

1. Difetti nell’espressione della volontà dell’imputato di patteggiare.
2. Mancata correlazione tra la richiesta delle parti e la sentenza emessa.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto contestato.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.

Il motivo sollevato dal ricorrente, relativo alla motivazione su un’eventuale causa di proscioglimento, non rientra in alcuna di queste categorie.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile con una motivazione chiara e lineare. I giudici hanno ribadito che l’elenco dei motivi di cui all’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., è tassativo e non suscettibile di interpretazione estensiva. Il legislatore ha voluto limitare drasticamente la possibilità di impugnare le sentenze di patteggiamento per preservare la natura deflattiva e consensuale del rito.

Poiché il ricorrente non ha contestato né la sua volontà di patteggiare, né la corrispondenza tra richiesta e sentenza, né la qualificazione del reato, né la legalità della pena, il suo ricorso era privo di fondamento giuridico. Le doglianze relative all’applicazione dell’art. 129 c.p.p. sono considerate non consentite nel giudizio di legittimità avverso sentenze di applicazione della pena su richiesta.

Le Conclusioni

La decisione in commento rafforza un principio cardine della procedura penale: l’accordo tra accusa e difesa che sta alla base del patteggiamento cristallizza la situazione processuale, limitando fortemente le successive possibilità di impugnazione. Chi sceglie questa via deve essere consapevole che potrà contestare la sentenza solo per vizi specifici e legalmente previsti. Qualsiasi altro motivo, come la presunta omessa valutazione di cause di proscioglimento, condurrà inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità del ricorso, con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende.

Quali sono gli unici motivi per cui si può impugnare in Cassazione una sentenza di patteggiamento?
Secondo l’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, si può ricorrere solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.

Perché il ricorso in questo caso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il ricorrente ha lamentato la mancata motivazione sulla non applicazione di una sentenza di proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.), un motivo che non rientra nell’elenco tassativo previsto dalla legge per l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile contro una sentenza di patteggiamento?
La declaratoria di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, che nel caso di specie è stata fissata in 3.000,00 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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