Ricorso per Cassazione contro Patteggiamento: i Limiti secondo la Suprema Corte
L’accesso ai riti alternativi come il patteggiamento offre indubbi vantaggi in termini di economia processuale, ma quali sono i limiti per contestare la sentenza che ne deriva? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini entro cui è ammissibile un ricorso per cassazione patteggiamento, soprattutto quando si contesta la qualificazione giuridica del reato. Analizziamo questa importante decisione per comprendere quando e come è possibile impugnare una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dalla decisione di un imputato di ricorrere per cassazione avverso una sentenza emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari. Tale sentenza aveva applicato la pena concordata tra l’imputato e il Pubblico Ministero, secondo la procedura del patteggiamento prevista dall’art. 444 del codice di procedura penale, per un reato in materia di stupefacenti (art. 73, comma 1, d.P.R. 309/1990).
Nel suo ricorso, l’imputato lamentava una violazione di legge e un vizio di motivazione, sostenendo che il giudice di merito avesse commesso un errore nella qualificazione giuridica dei fatti contestati.
La Decisione della Corte e il Ricorso per Cassazione Patteggiamento
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: le sentenze di patteggiamento hanno vie di impugnazione molto più ristrette rispetto alle sentenze emesse al termine di un dibattimento ordinario. La legge, in particolare l’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., elenca tassativamente i motivi per cui è possibile presentare ricorso.
Il ricorso per cassazione patteggiamento proposto dall’imputato è stato ritenuto generico e, soprattutto, al di fuori dei casi specificamente previsti dalla normativa, portando a una dichiarazione di inammissibilità “de plano”, ovvero senza la celebrazione di un’udienza formale.
Le Motivazioni della Sentenza
La motivazione della Corte si fonda su consolidati principi giurisprudenziali. I giudici hanno specificato che la possibilità di contestare la qualificazione giuridica del fatto in un ricorso contro una sentenza di patteggiamento è estremamente limitata. Tale contestazione è ammissibile solo ed esclusivamente quando la qualificazione adottata dal giudice risulti, con “indiscussa immediatezza, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione”.
In altre parole, non è sufficiente prospettare una qualificazione giuridica alternativa o più favorevole. È necessario che l’errore del giudice sia così evidente e macroscopico da emergere dalla semplice lettura degli atti principali (capo di imputazione, motivazione della sentenza, motivi di ricorso), senza necessità di alcuna indagine o interpretazione complessa.
Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che il vizio denunciato non emergesse con tale chiarezza. Di conseguenza, il ricorso è stato qualificato come generico e non conforme ai rigidi paletti imposti dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. La decisione di inammissibilità è stata quindi adottata in via semplificata ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, c.p.p., con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Conclusioni
Questa ordinanza conferma la linea rigorosa della giurisprudenza sui limiti dell’impugnazione delle sentenze di patteggiamento. La scelta di accedere a questo rito alternativo comporta una sostanziale rinuncia a far valere determinate contestazioni nelle fasi successive del procedimento. Chi intende presentare un ricorso per cassazione patteggiamento per errata qualificazione giuridica deve essere consapevole che le possibilità di successo sono relegate a ipotesi eccezionali di errore palese ed incontrovertibile da parte del giudice. In assenza di tale palese eccentricità, il ricorso rischia di essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.
È sempre possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
No, non è sempre possibile. L’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale limita la possibilità di ricorso a specifici e tassativi motivi, rendendo l’impugnazione molto più ristretta rispetto a una sentenza ordinaria.
In quali casi si può contestare la qualificazione giuridica del reato in un patteggiamento?
Si può contestare solo quando la qualificazione giuridica data dal giudice risulta palesemente eccentrica e immediatamente riconoscibile come errata rispetto ai fatti descritti nel capo di imputazione. Non basta proporre una diversa interpretazione giuridica.
Cosa succede se un ricorso contro un patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro, determinata equitativamente dalla Corte, in favore della Cassa delle ammende. Nel caso specifico, la somma è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1886 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1886 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 02/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MILANO il 22/12/1991
avverso la sentenza del 06/06/2024 del GIP TRIBUNALE di COGNOME
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
n. 28744/24 Rossi
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
che l’imputato ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata, che, a norma dell’art. 444 cod. proc. pen., in relazione al reato di cui all’art. 73, comma 1, d.P 309/1990 e altro, ha applicato la pena come dallo stesso richiesta con il consenso del P.M.;
che il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla errone qualificazione giuridica;
che la possibilità di ricorrere per cassazione è limitata ai casi in cui la qualificazione ri con indiscussa immediatezza, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione e la verifica va compiuta esclusivamente sulla base dei capi di imputazione, della succinta motivazione della sentenza e dei motivi dedotti in ricorso (Sez. 3, n. 23150 del 17/04/2019, COGNOME, Rv. 275971; Sez. 6, ord. n. 3108 del 08/01/2018, COGNOME, Rv. 272252) e che nel caso di specie il vizio denunziato non emerge;
che il ricorso, «de plano» ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen., va dichiarato inammissibile perché generico e proposto al di fuori dei casi previsti dall’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen.;
che segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma equitativamente determinata in euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 02/12/2024