Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 16782 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 16782 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 06/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a MACERATA il 04/07/1977
avverso la sentenza del 09/11/2024 del TRIBUNALE di MACERATA
dato avviso alle parti;Ì
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Esaminato il ricorso proposto avverso la sentenza del 9 novembre 2024, con la quale il Tribunale di Macerata applicava a NOME COGNOME ex art. 444 cod. proc. pen., la pena di anni uno e mesi otto di reclusione.
Premesso che il ricorso deve essere trattato nelle forme «de plano», ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen. – come modificato dalla legge n. 103 del 2017 – trattandosi di impugnazione, proposta avverso una sentenza di applicazione della pena pronunciata dopo l’entrata in vigore della novella, che deve essere dichiarata inammissibile perché proposta al di fuori dei casi previsti dall’art. 448, comma 2- bis, cod. proc. pen.
Ritenuto che, in base al nuovo art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., il pubblico ministero e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la sentenza di applicazione della pena solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o del misura di sicurezza; ne consegue che il vizio della motivazione non rientra più tra i casi per i quali è ammesso il ,ricorso per cassazione (v., tra le tante: Sez. 4, sentenza 5 giugno 2018, n.38235). Ne segue che è inammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza applicativa della pena con cui si deduca il vizio di violazione di legge per la mancata verifica dell’insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen., quindi anche quella avente ad oggetto l’intervenuta estinzione del reato per prescrizione (Sez. F, n. 28742 del 25/08/2020, Messnaoui Amine Rv. 279761; Sez. 6, n. 1032 del 07/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278337).
che, tenuto conto di questi parametri, le doglianze proposte appaiono prive di specificità e manifestamente infondate, in ragione del fatto che il Tribunale di Macerata, oltre a qualificare correttamente i fatti di reato contestati a COGNOME, ai fini del giudizio di responsabilità richiamava gli elementi investigativi in atti la ricostruzione in fatto da essi ricavabile;
che il percorso argomentativo seguito dal Giudice, avuto riguardo alla speciale natura dell’accertamento in sede di applicazione della pena su richiesta delle parti ex art. 444 cod. proc. pen., risulta pienamente adeguato ai parametri richiesti per tale genere di decisioni, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte e in ogni caso «In tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo, ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., l’erronea qualificazione giuridica del fatto contenuto in sentenza è limitata ai soli casi di errore manifesto, configurabile quando tale qualificazione risulti, con indiscussa immediatezza e senza margini di opinabilità, palesemente eccentrica rispetto al contenuto d0-, – di
imputazione, sicché è inammissibile l’impugnazione che denunci, in modo aspecifico e non autosufficiente, una violazione di legge non immediatamente
evincibile dal tenore dei capi di imputazione e dalla motivazione della sentenza»
(Sez. 4, n. 13749 del 23/03/2022, COGNOME, Rv. 283023 – 01);
che le censure proposte dal ricorrente evocano mancati approfondimenti motivazionali, del tutto imprecisati, privi di aderenza al testo del provvedimento
impugnato e in ogni caso incompatibili con il rito prescelto;
Per queste ragioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e,
non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in 3.000,00 euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 6 marzo 2025