Ricorso per Cassazione: Perché è Obbligatoria la Firma dell’Avvocato?
Il rispetto delle norme procedurali è un pilastro fondamentale del nostro ordinamento giuridico. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio cruciale in materia di impugnazioni, specificamente per quanto riguarda il ricorso per cassazione. La decisione sottolinea come, a seguito di una importante riforma legislativa, la possibilità per l’imputato o il condannato di presentare personalmente questo tipo di ricorso sia stata definitivamente esclusa. Analizziamo insieme i dettagli di questo caso e le sue importanti implicazioni pratiche.
I Fatti del Caso
Un soggetto condannato ha presentato personalmente un ricorso per cassazione contro un’ordinanza emessa dal Tribunale di Sorveglianza di Reggio Calabria. Sia il provvedimento impugnato (del 9 gennaio 2024) sia il ricorso stesso erano successivi al 3 agosto 2017, data di entrata in vigore di una significativa modifica legislativa.
La Normativa di Riferimento e il ricorso per cassazione
Il punto centrale della questione risiede nella Legge n. 103 del 2017, nota come ‘riforma Orlando’. Questa legge ha modificato in modo sostanziale le regole per la presentazione del ricorso per cassazione. In particolare, ha modificato gli articoli 571, comma 1, e 613, comma 1, del codice di procedura penale. La nuova formulazione prevede, a pena di inammissibilità, che l’atto di ricorso sia sottoscritto da un difensore iscritto nell’apposito albo speciale della Corte di Cassazione. Di fatto, è stata eliminata la facoltà per l’interessato (imputato o condannato) di presentare l’atto in prima persona.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte, rilevato che il ricorso era stato proposto personalmente dal condannato in una data successiva all’entrata in vigore della riforma, non ha potuto fare altro che dichiararlo inammissibile. I giudici hanno richiamato un precedente fondamentale delle Sezioni Unite (sentenza n. 8914 del 2018), che aveva già chiarito in modo definitivo la portata della nuova normativa. L’inammissibilità è una sanzione processuale che impedisce alla Corte di entrare nel merito delle questioni sollevate, chiudendo di fatto il procedimento.
Le conseguenze per il ricorrente
Oltre alla dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali. Inoltre, la Corte ha applicato una sanzione pecuniaria di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione viene irrogata quando l’inammissibilità è dovuta a colpa del ricorrente, come nel caso di mancato rispetto di una norma procedurale chiara e consolidata.
Le Motivazioni
La motivazione della Corte è lineare e si basa su un’interpretazione letterale e sistematica della legge. La Legge n. 103/2017 ha introdotto un requisito di forma inderogabile: la difesa tecnica specializzata per accedere al giudizio di legittimità. L’obiettivo del legislatore era quello di elevare la qualità dei ricorsi presentati alla Corte Suprema, assicurando che fossero redatti da professionisti con una specifica competenza, capaci di individuare e argomentare unicamente vizi di legittimità, senza trasformare il ricorso in un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti. La facoltà di agire personalmente, precedentemente consentita, è stata quindi soppressa per garantire maggiore efficienza e appropriatezza al lavoro della Corte.
Conclusioni
Questa ordinanza funge da importante promemoria: chiunque intenda presentare un ricorso per cassazione in materia penale deve obbligatoriamente avvalersi di un avvocato cassazionista. Il ‘fai da te’ legale, in questo ambito, non solo è inefficace, ma porta a conseguenze negative certe: l’immediata declaratoria di inammissibilità dell’atto e la condanna a sanzioni economiche. È quindi essenziale affidarsi a un difensore specializzato per tutelare i propri diritti nel grado più alto della giurisdizione italiana.
Un condannato può presentare personalmente un ricorso per cassazione?
No. A seguito della riforma introdotta con la Legge n. 103 del 2017, il ricorso per cassazione in materia penale deve essere obbligatoriamente sottoscritto da un difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di Cassazione.
Cosa succede se un ricorso per cassazione viene presentato personalmente dall’interessato?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Questo significa che la Corte di Cassazione non esaminerà le ragioni del ricorso, ma lo respingerà per un vizio di forma insanabile.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile per questa ragione?
La persona che ha presentato il ricorso inammissibile viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata quantificata in 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20957 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20957 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 09/01/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di REGGIO CALABRIA
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Ritenuto in fatto e considerato in diritto
NOME COGNOME avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di sorveglianza di Reggio di Calabria ha proposto personalmente ricorso per cassazione.
Sia il provvedimento impugnato sia il ricorso sono però successivi al 3 agosto 2017, data dell’entrata in vigore della legge n. 103 del 2017, con cui si è esclusa la facoltà dell’imputato, e quindi anche del condannato, di proporre personalmente ricorso per cassazione, prevedendosi che esso deve essere in ogni caso sottoscritto, a pena d’inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte cassazione (artt. 571, comma 1, e 613, comma 1, cod. proc. pen.; Sez. U, n. 8914 del 21/12/2017 – dep. 23/02/2018, Aiello, Rv. 272010).
Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile, a norma dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen., introdotto dalla medesima legge n. 103 del 2017.
Segue all’inammissibilità la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non potendo escludersi profili di colpa, anche alla sanzione in favore della cassa delle ammende (Corte cost. n. 186 del 2000) c:he si ritiene equo quantificare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 9 maggio 2024.