Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 14389 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 14389 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/02/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
NOME nato il 26/12/196 a DESENZANO DEL GARDA avverso l’ordinanza in data 12/11/2024 del TRIBUNALE DI BRESCIA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso;
a seguito di trattazione in camera di consiglio senza la presenza delle parti in mancanza di richiesta di trattazione orale pervenuta nei termini secondo quanto disposto dagli articoli 610 comma 5 e 611 comma 1 bis e seguenti del codice di procedura penale.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME per il tramite del proprio procuratore speciale, impugna l’ordinanza in data 12/11/2024 del Tribunale di Brescia, che -in sede di appello cautelare- ha confermato l’ordinanza in data 10/10/2024 del G.i.p. dello stesso Tribunale, che aveva rigettato l’istanza di revoca o di sostituzione della misura cautelare interdittiva applicata.
Deduce:
1.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione ai gravi indizi di colpevolezza.
Il ricorrente, sostiene che gli elementi valorizzati dai giudici non sono capaci di dimostrare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, in ragione della valenza neutra della risoluzione per inadempimento del contratto stipulato dalla società RAGIONE_SOCIALE (riferibile al co-indagato COGNOME) con altra società. Osserva che il delitto contestato al capo 19 è collegato alla falsità di documenti del tutto ignorata da COGNOME, per come si segnalava con apposita doglianza difensiva del tutto trascurata dal tribunale.
Osserva che il delitto di estorsione a carico di COGNOME viene ricavato dalla condotta spregiudicata della società da lui assistita e non da condotte concrete a lui riconducibili.
1.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alle esigenze cautelari.
Si assume che la motivazione è apodittica, atteso che le esigenze cautelari sono giustificate in relazione alla falsità della documentazione per cui era stata evidenziata la totale ignoranza da parte di COGNOME.
Aggiunge che riteneva la persistenza di esigenze cautelari sulla base di considerazioni non condivisibili poggianti su un procedimento disciplinare a carico dell’indagato, la gravità dei fatti e la situazione economica di Orlandi.
Osserva che la misura cautelare veniva applicata per fatti risalenti a due anni prima, senza che nulla venisse argomentato in relazione all’attualità, così incorrendo nel vizio di omessa motivazione.
Vengono, dunque, compendiati gli elementi valorizzati dal tribunale per evidenziarne l’inidoneità a giustificare la sussistenza di esigenze cautelari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1.1..Va, innanzitutto, ribadito il principio di diritto reiteratamente espresso in sede di legittimità, secondo cui, allorché sia denunciato con ricorso per cassazione il vizio di motivazione dei provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte Suprema spetta solo il compito di verificare se la decisione impugnata abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che hanno indotto il collegio ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, COGNOME, Rv. 215828), dovendo qualificarsi
inammissibile il motivo che si risolva nella censura di non aver preso in esame alcuni o tutti i singoli elementi risultanti in atti. In tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cessazione è, dunque, ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, restando, invece, escluso dal perimetro del giudizio di legittimità il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976) o che, comunque, attengono alla ricostruzione dei fatti (Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME, R.v. 269884).
2. Ebbene, i motivi d’impugnazione sollecitano valutazioni che si collocano al di fuori del perimetro di giudizio consentito al giudice di legittimità, sia in relazione ai gravi indizi di colpevolezza, sia in relazione alle esigenze cautelari, ritenuti dal tribunale sulla base di una motivazione adeguata, logica e non contraddittoria, a fronte della quale il ricorrente offre una rilettura delle emergenze procedimentali alternativa a quella ritenuta dai giudici.
Peraltro, va rilevato come il tribunale ha specificato che l’odierno ricorrente non aveva contestato la materialità del fatto né l’integrazione del delitto di tentativo di estorsione aggravata e aveva proposto questioni che si riferivano all’ordinanza genetica, che non costituivano oggetto dell’atto di appello, così che -in ragione dell’effetto devolutivo- i giudici si erano limitati a dare risposta alle doglianze dedotte, limitate alla consapevolezza delle trame fraudolente ed estorsive e all’insussistenza delle esigenze cautelari, cui dava puntuale risposta, sulla base degli elementi che oggi il ricorrente sostiene di ritenere insufficienti, illustrati alle pagine 8 e ss. del provvedimento impugnato.
Così il ricorrente, oltre a introdurre in questa sede temi che non possono considerarsi devoluti al tribunale -e per ciò solo inammissibili- solleva questioni non riconducibili al vizio di violazione di legge e caratterizzati da apprezzamenti di fatto sull’ordito motivazionale del provvedimento impugnato, non apprezzabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede.
Va a tal proposito ribadito che in tema di misure cautelari personali «il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito» (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628 – 01; Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME Rv. 269884 – 01; Sez. 6, n. 11194 del 08/03/2012, COGNOME Rv. 252178).
Da ciò l’inammissibilità del ricorso.
3. Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della
somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle am-
mende.
Così deciso il 05/02/2025