Ricorso per Cassazione: Quando è Inammissibile? Un Caso Pratico
Il ricorso per cassazione rappresenta l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma le sue porte non sono sempre aperte. È fondamentale comprendere che la Corte di Cassazione non è un ‘terzo giudice’ dei fatti, ma un organo di legittimità, chiamato a verificare la corretta applicazione della legge. Una recente ordinanza della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio pratico dei limiti di questo strumento, dichiarando inammissibili i ricorsi di tre imputati per motivi procedurali ben definiti. Analizziamo insieme la vicenda per capire quali errori evitare.
Il Contesto del Caso Giudiziario
Tre individui si sono rivolti alla Corte di Cassazione per impugnare una sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Salerno. Le loro posizioni, tuttavia, erano distinte:
* Due ricorrenti contestavano una sentenza di proscioglimento, lamentando una presunta carenza di motivazione sui presupposti per tale pronuncia.
* Il terzo ricorrente, invece, si doleva della determinazione della pena, ritenendola eccessiva e denunciando una violazione dell’art. 133 del codice penale, che regola i criteri di commisurazione della sanzione.
Entrambi i tentativi si sono scontrati con il muro dell’inammissibilità.
I Motivi del Ricorso per Cassazione e la Risposta della Corte
La Corte Suprema ha esaminato separatamente le doglianze, evidenziando le ragioni per cui nessuno dei ricorsi poteva essere accolto.
Limiti del Ricorso in Caso di Concordato in Appello
Per i primi due imputati, il cui caso si inseriva nel contesto di un ‘concordato in appello’ (o patteggiamento in appello, ex art. 599-bis c.p.p.), la Corte ha ribadito un principio consolidato. Il ricorso per cassazione contro una sentenza di questo tipo è consentito solo per motivi eccezionali e tassativamente indicati dalla legge. Tra questi rientrano, ad esempio, un difetto nel consenso delle parti o una decisione del giudice non conforme all’accordo. Lamentare una generica carenza di motivazione, come fatto dai ricorrenti, è un motivo che esula da questo perimetro, rendendo l’impugnazione immediatamente inammissibile.
L’Insindacabilità della Congruità della Pena
Per quanto riguarda il terzo ricorrente, la sua critica era rivolta alla valutazione del giudice di merito sulla quantità della pena. La Cassazione ha ricordato che la determinazione del trattamento sanzionatorio è una prerogativa del giudice di merito. Il suo giudizio non può essere messo in discussione in sede di legittimità, a meno che la motivazione a supporto sia palesemente illogica, contraddittoria o del tutto assente. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva adeguatamente giustificato la pena (di poco superiore al minimo) in base alla gravità del fatto e ai precedenti penali dell’imputato, rendendo la sua valutazione incensurabile.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione centrale dell’ordinanza risiede nella natura stessa del giudizio di legittimità. La Corte di Cassazione non può riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione a quella dei giudici dei gradi precedenti. Il suo compito è assicurare l’uniforme interpretazione della legge e il rispetto delle norme processuali. I ricorsi presentati, al contrario, miravano a ottenere una nuova valutazione dei fatti e della congruità della pena, trasformando impropriamente la Cassazione in un terzo grado di merito. Di fronte a motivi non consentiti dalla legge, la Corte non ha potuto fare altro che dichiarare l’inammissibilità dei ricorsi.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche del Ricorso per Cassazione
Questa pronuncia è un monito importante: il ricorso per cassazione è uno strumento tecnico che deve essere utilizzato con precisione e solo per denunciare specifici errori di diritto. Tentare di rimettere in discussione l’apprezzamento dei fatti o la discrezionalità del giudice sulla pena si traduce non solo in un insuccesso, ma anche in una condanna economica. I ricorrenti, infatti, sono stati condannati a pagare sia le spese del procedimento sia una somma di 3.000 euro ciascuno alla Cassa delle ammende, a testimonianza della serietà con cui l’ordinamento sanziona l’abuso degli strumenti processuali.
È possibile contestare con un ricorso per cassazione la decisione di un giudice sulla congruità della pena?
No, di norma non è possibile. Il ricorso per cassazione non può essere utilizzato per ottenere una nuova valutazione sulla congruità della pena, poiché si tratta di un giudizio di merito riservato ai primi due gradi. L’intervento della Cassazione è ammesso solo se la motivazione del giudice di merito è palesemente illogica, contraddittoria o del tutto assente.
Quali sono i motivi ammissibili per un ricorso per cassazione contro una sentenza di ‘concordato in appello’ (art. 599-bis c.p.p.)?
I motivi sono estremamente limitati. Il ricorso è ammissibile solo se si contestano vizi relativi alla formazione della volontà della parte, al consenso del pubblico ministero, a una pronuncia del giudice difforme dall’accordo, oppure all’omessa dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione maturata prima della sentenza.
Cosa succede se un ricorso per cassazione viene dichiarato inammissibile?
La parte che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e, inoltre, al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende come sanzione per aver adito la Corte con un ricorso non consentito dalla legge. Nel caso di specie, la somma è stata fissata in 3.000 euro per ciascun ricorrente.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34946 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34946 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/07/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: NOME nato a EBOLI il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a EBOLI il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a CAVA DE’ TIRRENI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/02/2024 della CORTE APPELLO di SALERNO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letti i ricorsi presentati nell’interesse di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME;
considerato che i ricorsi presentati, con unico atto, nell’interesse de imputati COGNOME e COGNOME, con i quali si lamenta carenza di motivazione in ordine alla insussistenza dei presupposti richiesti per la pronuncia di senten proscioglimento, non sono ammissibili in quanto sono stati proposti motivi d ricorso al di fuori dei casi consentiti in questa sede;
rilevato che, in tema di concordato in appello, il ricorso per cassazione avvers la sentenza emessa ex art. 599-bis cod. proc. pen. è ammissibile solo laddo vengano dedotti motivi relativi alla formazione della volontà della parte di acced al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta ed al conten difforme della pronuncia del giudice, nonché all’omessa dichiarazione di estinzio del reato per prescrizione maturata anteriormente alla pronuncia (cfr. Sez. U, 19415 del 27/10/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284481; Sez. 2, n. 22002 del 10/04/2019, COGNOME, Rv. 276102);
osservato che l’unico motivo del ricorso, con cui il COGNOME lamenta violazione dell’art. 133 cod. pen. e vizio di motivazione in ordine alla determinazione trattamento sanzionatorio, non è consentito in sede di legittimità in quanto m ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione, sorret da sufficiente motivazione, non è stata frutto di mero arbitrio o di ragioname illogico (vedi Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243; Sez. 2, 47512 del 03/11/2022, COGNOME, non massimata). La Corte territoriale, con argomentazioni coerenti con le risultanze processuali ed immuni da illogici manifeste, ha ritenuto congrua la pena determinata dal primo giudice in misura d poco superiore al minimo edittale in ragione e della gravità del fatto e d capacità a delinquere dell’imputato desumibile dai precedenti penali (vedi pag. della sentenza impugnata);
rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle sp processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 9 luglio 2024.