Ricorso per Cassazione: Quando è Inammissibile contro un Patteggiamento
Il ricorso per cassazione rappresenta l’ultimo grado di giudizio, un baluardo a tutela della corretta applicazione della legge. Tuttavia, il suo accesso è soggetto a regole precise, soprattutto quando si impugna una sentenza di patteggiamento. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti di tale strumento, sottolineando il concetto di ‘errore manifesto’ e confermando la legittimità della confisca di somme sproporzionate.
Il Caso in Esame: Impugnazione di un Patteggiamento
Il caso analizzato nasce dal ricorso di un individuo contro una sentenza emessa dal Tribunale di Milano a seguito di un ‘patteggiamento’ (tecnicamente, applicazione della pena su richiesta delle parti). L’imputato contestava due aspetti principali della decisione: l’errata qualificazione giuridica del fatto contestato e la confisca di una somma di denaro.
Secondo la difesa, il giudice di merito aveva commesso un errore nell’inquadrare legalmente la condotta dell’imputato. Inoltre, veniva contestata la legittimità del provvedimento di confisca, ritenuto ingiustificato.
Limiti al Ricorso per Cassazione: L’Errore Manifesto
La Corte di Cassazione, nell’esaminare il primo motivo di doglianza, ha ribadito un principio fondamentale stabilito dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. La possibilità di presentare un ricorso per cassazione contro una sentenza di patteggiamento per errata qualificazione giuridica è circoscritta ai soli casi di ‘errore manifesto’.
Cosa si intende per ‘errore manifesto’? La Corte, richiamando una precedente pronuncia, lo definisce come un errore che risulta ‘con indiscussa immediatezza e senza margini di opinabilità’. In altre parole, la qualificazione giuridica data dal giudice deve essere palesemente eccentrica e illogica rispetto a quanto descritto nel capo di imputazione. Non è sufficiente una semplice divergenza interpretativa; l’errore deve essere così evidente da non richiedere alcuna analisi complessa per essere individuato. Nel caso di specie, il ricorso è stato giudicato generico e non autosufficiente, in quanto non dimostrava una violazione di legge immediatamente percepibile.
La Decisione sulla Confisca delle Somme
Anche il secondo motivo di ricorso, relativo alla confisca, è stato respinto. La Corte ha osservato che la confisca del denaro era stata disposta ai sensi degli articoli 85-bis del D.P.R. 309/1990 e 240-bis del codice penale. Tale misura si fondava su una ragione precisa: le somme in questione erano state ritenute sproporzionate rispetto alla condizione dichiarata di disoccupato e impossidente del ricorrente.
A fronte di questa sproporzione, la giustificazione fornita dall’interessato era stata considerata troppo generica e, di conseguenza, insufficiente a spiegare la legittima provenienza del denaro. La Corte ha quindi ritenuto legittima la decisione del Tribunale di procedere con la confisca.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
Le motivazioni della Corte si basano su un’interpretazione rigorosa delle norme che regolano l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento. Il legislatore ha voluto limitare l’accesso al giudizio di legittimità per queste sentenze, per non vanificare l’effetto deflattivo del rito speciale. L’appello è consentito solo per errori grossolani e immediatamente percepibili, non per questioni che richiederebbero una rivalutazione del merito.
Per quanto riguarda la confisca, la decisione si allinea all’orientamento consolidato che permette l’ablazione di beni quando esiste una chiara sproporzione tra il loro valore e la capacità economica lecita del soggetto, e quando quest’ultimo non fornisce una giustificazione credibile della loro provenienza.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza offre due importanti indicazioni pratiche. In primo luogo, chi intende impugnare una sentenza di patteggiamento per vizi nella qualificazione giuridica deve essere in grado di dimostrare un errore palese e inconfutabile, direttamente desumibile dagli atti. In secondo luogo, la pronuncia conferma che la giustificazione sulla provenienza di somme di denaro deve essere specifica e circostanziata, soprattutto quando emerge una sproporzione rispetto alla propria situazione reddituale, altrimenti il rischio di confisca è concreto. La decisione rafforza la stabilità delle sentenze di patteggiamento e l’efficacia degli strumenti di contrasto all’accumulazione illecita di ricchezza.
Quando è possibile presentare un ricorso per cassazione contro un patteggiamento per errata qualificazione giuridica del fatto?
Secondo la Corte, ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., è possibile solo in caso di ‘errore manifesto’, ovvero quando la qualificazione giuridica data dal giudice risulti palesemente illogica ed eccentrica rispetto al capo d’imputazione, con un’evidenza tale da non lasciare margini di opinabilità.
Perché un ricorso generico viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile se è aspecifico e non autosufficiente, cioè se non denuncia una violazione di legge immediatamente evincibile dal tenore degli atti (capo di imputazione e motivazione della sentenza), senza necessità di ulteriori approfondimenti interpretativi.
Su quali basi è stata confermata la confisca del denaro?
La confisca è stata confermata perché le somme di denaro erano sproporzionate rispetto alla condizione di disoccupato e impossidente del ricorrente. Inoltre, la giustificazione fornita dall’interessato sulla provenienza del denaro è stata ritenuta troppo generica e quindi insufficiente a superare la presunzione di illecita provenienza.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4472 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4472 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 01/02/1984
avverso la sentenza del 14/05/2024 del TRIBUNALE di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
ritenuto il ricorso di COGNOME è manifestamente infondato perché In tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo, ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., l’erronea qualificazione giuridica del fatto contenuto in sentenza è limitata ai soli casi di errore manifesto, configurabile quando tale qualificazione risulti, con indiscussa immediatezza e senza margini di opinabilità, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione, sicché è inammissibile l’impugnazione che denunci, in modo aspecifico e non autosufficiente, una violazione di legge non immediatamente evincibile dal tenore dei capi di imputazione e dalla motivazione della sentenza (Sez. 4, n. 13749 In del 23/03/2022, Rv. 283023 – 01), ritenuto che la confisca della del denaro nella sentenza viene disposta ex art. 85/bis d.P.R. n. 309 del 990 e 240/bis cod. pen. perché trattasi di somme sproporzionate rispetto alla condizione di disoccupato e impossidente e stante la giustificazione generica al riguardo dallo stesso fornita,
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.