Ricorso per Cassazione: i Limiti nel Patteggiamento
L’ordinanza in esame offre importanti chiarimenti sui limiti di ammissibilità del ricorso per cassazione avverso le sentenze di patteggiamento. La Suprema Corte, con una decisione netta, ha delineato i confini entro cui è possibile contestare una sentenza frutto di un accordo tra accusa e difesa, rafforzando la stabilità di tali pronunce.
I Fatti del Caso
Due imputati, dopo aver definito la loro posizione processuale attraverso il rito speciale dell’applicazione della pena su richiesta delle parti (comunemente noto come patteggiamento), hanno deciso di impugnare la sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione. Sebbene i ricorsi partissero da presupposti diversi, entrambi miravano a modificare gli esiti di un accordo già ratificato dal giudice.
I Motivi del Ricorso per Cassazione
I motivi di impugnazione erano distinti:
1. Primo Ricorrente: Lamentava un’erronea qualificazione giuridica del fatto. Sosteneva che il giudice di merito avesse inquadrato il reato in una fattispecie normativa non corretta, chiedendo alla Cassazione di rivedere tale classificazione.
2. Secondo Ricorrente: La sua doglianza verteva sulla mancata applicazione di una pena sostitutiva. In pratica, chiedeva che la pena detentiva patteggiata fosse convertita in una sanzione diversa dal carcere, ai sensi dell’art. 20-bis del codice penale.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili. Di conseguenza, non solo ha respinto le richieste dei ricorrenti, ma li ha anche condannati al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro ciascuno in favore della cassa delle ammende, a causa della palese infondatezza delle loro impugnazioni.
Le Motivazioni della Sentenza
La Corte ha fornito motivazioni distinte ma convergenti nel riaffermare il principio di eccezionalità del ricorso per cassazione contro le sentenze di patteggiamento.
Per il primo ricorso, i giudici hanno richiamato l’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma limita la possibilità di contestare la qualificazione giuridica del fatto ai soli casi di “errore manifesto”. Un errore è considerato manifesto solo quando risulta palesemente eccentrico e indiscutibile rispetto al capo di imputazione, senza necessità di complesse analisi o interpretazioni. Nel caso di specie, il ricorso è stato giudicato aspecifico e non autosufficiente, poiché non dimostrava un errore di tale macroscopica evidenza.
Per quanto riguarda il secondo ricorso, la Corte ha stabilito un principio ancora più netto. La pena detentiva applicata tramite patteggiamento (ex art. 444 c.p.p.) non consente l’applicazione di pene sostitutive. La natura stessa del patteggiamento, che si fonda su un accordo tra le parti circa la specie e la misura della pena, preclude una successiva richiesta di sostituzione. L’accordo ratificato dal giudice ha una sua intrinseca stabilità che non può essere messa in discussione con richieste di questa natura.
Conclusioni
L’ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso sui limiti dell’impugnazione delle sentenze di patteggiamento. In pratica, la Corte di Cassazione ci dice che l’accordo raggiunto con il patteggiamento ha un carattere quasi definitivo. Le uniche porte per un ricorso per cassazione rimangono aperte solo per vizi palesi e immediatamente riconoscibili, come l’errore manifesto nella qualificazione giuridica, escludendo contestazioni generiche o richieste che altererebbero la natura della pena concordata. Questa decisione rafforza la certezza del diritto e l’efficienza del rito speciale del patteggiamento.
Quando è possibile contestare in Cassazione la qualificazione giuridica di un reato in una sentenza di patteggiamento?
È possibile farlo solo quando si configura un ‘errore manifesto’, ovvero un errore palese ed evidente che emerge direttamente dalla lettura degli atti, senza la necessità di alcuna valutazione discrezionale o interpretativa.
È possibile chiedere la sostituzione della pena detentiva patteggiata con una pena alternativa?
No. Secondo la Corte, la pena concordata e applicata tramite patteggiamento ai sensi dell’art. 444 c.p.p. non è compatibile con la successiva richiesta di applicazione di pene sostitutive, come quelle previste dall’art. 20-bis c.p.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso per cassazione?
Comporta che la Corte non entra nel merito della questione. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso per una somma di tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1483 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1483 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/12/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a TAURIANOVA il 22/08/1986 NOME nato a TAURIANOVA il 19/06/1982
avverso la sentenza del 23/05/2024 del GIP TRIBUNALE di COGNOME
—– dato ayyjss-alarti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
ritenuto che il ricorso proposto nell’interesse di NOME é inammiss bile perch15 proposto per un motivo non consentito, atteso che in tema di applicazione de la pena su richiesta delle parti, la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo, ai sensi dell’art comma 2-bis, cod. proc. pen., l’erronea qualificazione giuridica del fatto contenuto in senten è limitata ai soli casi di errore manifesto, configurabile quando tale qualificazione risul indiscussa immediatezza e senza margini di opinabilità, palesemente eccentrica rispetto El contenuto del capo di imputazione, sicché è inammissibile, come nel caso di specie, l’impugnazione che denunci, in modo aspecifico e non autosufficiente, una violazic ne di legga non immediatamente evincibile dal tenore dei capi di imputazione e dalla motiv izione dell sentenza (Sez. 4, n. 13749 del 23/03/2022, Gamal, Rv. 283023);
rilevato che anche il ricorso di NOME NOME è inammissibile perché proposto per un motivo non consentito, atteso che la pena detentiva applicata ex art. 444 cod. prc pen. no consente l’applicazione di una pena sostitutiva ex art. 20-bis cod. pen.;
ritenuto che va, quindi, dichiarata l’inammissibilità dei ricorsi senza forma ità ai dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen., con conseguente condanna dei lcorrenti zi pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle an- rnende, che si stima equo determinare in euro tremila ciascuno.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento iene spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 13 dicembre 2024
Il consigliere estensore
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Il Pres ente