Ricorso per Cassazione: Perché il ‘Fai da Te’ è Inammissibile
Presentare un ricorso per cassazione è una fase delicatissima del processo penale, riservata ai soli vizi di legittimità di una sentenza. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ci ricorda una regola fondamentale, spesso sottovalutata: l’imputato non può agire da solo. Un errore procedurale, come la presentazione personale del ricorso, può avere conseguenze definitive e costose, come dimostra il caso che analizzeremo.
I Fatti del Caso
Un soggetto, condannato per il reato di ricettazione dalla Corte di Appello di Bari, decideva di contestare la sentenza proponendo ricorso direttamente alla Corte di Cassazione. Nel suo ricorso, lamentava un’errata applicazione della legge penale e una motivazione carente e illogica da parte dei giudici di merito. Tuttavia, la sua iniziativa personale si è scontrata con una barriera procedurale insormontabile.
La Decisione della Corte: un Ricorso per Cassazione Inammissibile
La Suprema Corte non è nemmeno entrata nel merito delle doglianze del ricorrente. L’attenzione dei giudici si è concentrata su un aspetto preliminare e decisivo: le modalità di presentazione del ricorso. Il ricorso era stato sottoscritto e presentato personalmente dall’imputato, un atto che, a seguito di una specifica modifica normativa, non è più consentito.
I giudici hanno dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non significa che le ragioni del ricorrente fossero infondate, ma semplicemente che l’atto introduttivo del giudizio era affetto da un vizio talmente grave da impedirne l’esame. Di conseguenza, la condanna inflitta dalla Corte d’Appello è diventata definitiva.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione della Corte si basa su un principio di diritto consolidato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 8914 del 2017. Questa pronuncia ha chiarito in modo inequivocabile gli effetti della riforma introdotta con la legge n. 103 del 23 giugno 2017. Tale legge ha modificato gli articoli 571 e 613 del codice di procedura penale, escludendo espressamente la facoltà per l’imputato di proporre personalmente il ricorso per cassazione.
Il principio affermato è il seguente: qualsiasi ricorso per cassazione deve essere obbligatoriamente sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’apposito albo speciale della Corte di Cassazione. Essendo il ricorso in esame stato presentato dopo l’entrata in vigore della riforma (avvenuta il 3 agosto 2017), la Corte non ha potuto fare altro che applicare questa regola inderogabile.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Le conseguenze di questa decisione sono severe. Oltre a rendere definitiva la condanna, la declaratoria di inammissibilità ha comportato, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Inoltre, ravvisando profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (l’errore era evitabile affidandosi a un legale), la Corte ha condannato l’imputato a versare una somma di 3.000,00 euro alla Cassa delle ammende. Questo caso sottolinea l’importanza cruciale di affidarsi a un difensore specializzato per le impugnazioni dinanzi alla Corte di Cassazione. Il “fai da te” legale, soprattutto in un ambito così tecnico, non solo è inefficace ma può anche comportare significative sanzioni economiche.
Un imputato può presentare personalmente un ricorso per cassazione?
No. A seguito delle modifiche introdotte dalla legge n. 103 del 2017, il ricorso per cassazione deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’albo speciale dei patrocinanti in Cassazione.
Cosa succede se un ricorso per cassazione viene dichiarato inammissibile?
Se il ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito della questione. La sentenza impugnata diventa definitiva e la parte privata che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese del procedimento.
Perché il ricorrente è stato condannato anche a pagare una somma alla Cassa delle ammende?
Perché la Corte ha ravvisato una colpa del ricorrente nel causare l’inammissibilità del ricorso. L’errore procedurale (la presentazione personale dell’atto) era prevedibile ed evitabile, giustificando così l’imposizione di una sanzione pecuniaria aggiuntiva a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 45613 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 45613 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a SAN SEVERO il 21/01/1981
avverso la sentenza del 27/06/2023 della CORTE APPELLO di BARI udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
GLYPH COGNOME Andreaipropone ricorso avverso la sentenza della Corte di appello di Bari del 27 giuno 2023, che aveva confermato la condanna di COGNOME per il reato di ricettazione.
1.1 II ricorrente lamenta l’erronea applicazione della legge penale in ordine alla sussistenza del reato così come contestato e la carenza ed illogicità della motivazione sul punto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
1.1 Le Sezioni Unite di questa Corte, con sentenza n. 8914/18 del 21.12.2017, a seguito delle modifiche apportate dalla legge 23 giugno 2017, n. 103 agli artt. 571 e 613 cod. proc. pen., con cui si è esclusa la facoltà dell’imputato di proporre personalmente ricorso per cassazione, hanno affermato il seguente principio di diritto: “Il ricorso per cassazione avverso qualsiasi tipo di provvedimento non può essere personalmente proposto dalla parte, ma deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciae della Corte di cassazione”
Alla stregua del principio di diritto sopra enunciato, assume rilievo preliminare ed assorbente la considerazione del fatto che il ricorso è stato personalmente sottoscritto dall’imputato e da lui presentato in data successiva a quella dell’entrata in vigore, avvenuta il 3 agosto 2017, delle modifiche apportate dalla legge n. 103 del 23 giugno 2017.
1.2 Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di C 3.000,00 così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 29/10/2024