Ricorso per Cassazione Fai-da-Te? Errore Fatale: L’Avvocato è Indispensabile
Presentare un ricorso per cassazione è una fase estremamente delicata e tecnica del processo penale, che non ammette improvvisazioni. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda una regola fondamentale, la cui violazione può avere conseguenze economiche significative: l’obbligo di farsi assistere da un avvocato specializzato. Analizziamo insieme questo caso per capire perché il ‘fai-da-te’ legale davanti alla Suprema Corte non è mai una buona idea.
I Fatti del Caso: Un Ricorso Presentato Personalmente
La vicenda nasce dall’impugnazione di un decreto emesso da un Giudice di Sorveglianza. Il soggetto interessato, anziché rivolgersi a un legale, ha deciso di redigere e presentare personalmente il ricorso davanti alla Corte di Cassazione. Questo atto, apparentemente semplice, si è scontrato con una barriera procedurale insormontabile, portando a una declaratoria di inammissibilità.
La Decisione della Corte sul ricorso per cassazione
La Corte di Cassazione, senza entrare nel merito delle questioni sollevate, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione non ha riguardato il contenuto delle doglianze, ma si è fermata a un controllo preliminare sulla forma dell’atto. La Corte ha applicato rigorosamente le norme del codice di procedura penale, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di tremila euro da versare alla Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: La Sottoscrizione dell’Avvocato è un Requisito Essenziale
La motivazione della Corte è netta e si fonda su un principio cardine della procedura penale davanti alle giurisdizioni superiori. Gli articoli 571 e 613 del codice di procedura penale, come modificati dalla legge n. 103 del 2017 (nota come Riforma Orlando), stabiliscono in modo inequivocabile che il ricorso per cassazione deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’apposito albo speciale.
La Corte ha ribadito che questa non è una mera formalità, ma un requisito di ammissibilità essenziale. La presentazione personale dell’atto, anche da parte dell’imputato stesso, costituisce una violazione insanabile che impedisce al giudice di esaminare le ragioni del ricorso. Questa regola è stata consolidata da un’importante sentenza delle Sezioni Unite (n. 8914/2018), che ha eliminato ogni dubbio interpretativo. La condanna al pagamento di tremila euro alla Cassa delle ammende deriva dall’art. 610, comma 5-bis, del codice, che sanziona le inammissibilità determinate da colpa del ricorrente, in questo caso la mancata conoscenza di una regola procedurale fondamentale.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per i Cittadini
La lezione che si trae da questa ordinanza è chiara e diretta: per presentare un ricorso per cassazione in materia penale è assolutamente indispensabile l’assistenza di un avvocato cassazionista. La legge non ammette deroghe su questo punto. Tentare di agire personalmente non solo garantisce l’insuccesso dell’impugnazione, ma comporta anche rilevanti conseguenze economiche. Affidarsi a un professionista qualificato non è solo un’opzione, ma un obbligo procedurale la cui inosservanza preclude ogni possibilità di far valere le proprie ragioni davanti alla Suprema Corte.
È possibile presentare personalmente un ricorso per cassazione in materia penale?
No. L’ordinanza stabilisce chiaramente che il ricorso per cassazione deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di Cassazione, come previsto dagli artt. 571 e 613 del codice di procedura penale.
Cosa succede se un ricorso per cassazione viene presentato senza la firma di un avvocato abilitato?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Questo comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.
La regola che impone l’assistenza di un avvocato per il ricorso in Cassazione è recente?
Sì, la normativa citata nell’ordinanza (legge n. 103 del 2017) ha modificato le regole precedenti, rendendo obbligatoria la sottoscrizione da parte di un difensore specializzato per tutti i ricorsi, eliminando le eccezioni che in precedenza potevano esistere.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6668 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6668 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a GIOVINAZZO il 08/04/1980
avverso il decreto del 09/08/2024 del GIUD. RAGIONE_SOCIALE di SASSARI
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
· Visti gli atti e il provvedimento impugnato; Letto il ricorso;
Rilevato che il ricorso per cassazione avverso il predetto provvedimento è stato presentato personalmente da NOME COGNOME in violazione del combinato disposto degli artt. 571, comma 1, e 613, comma 1, cod. proc. pen., come modificato dall’art. 1, comma 63, legge 23 giugno 2017, n. 103, che impone che esso sia, in ogni caso, sottoscritto, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte di cassazione (Sez. U, n. 8914 del 21/12/201 dep. 2018, COGNOME, Rv. 272010);
ritenuto che il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile, a norma dell’art. 610 comma 5-bis, cod. proc. pen., introdotto dalla medesima legge n. 103 del 2017 con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 16/1/2025