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Ricorso per cassazione: l’avvocato è obbligatorio?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione presentato personalmente da un imputato contro un’ordinanza del Tribunale. La decisione si fonda sulla normativa vigente, che impone, a pena di inammissibilità, la sottoscrizione dell’atto da parte di un avvocato iscritto all’albo speciale delle giurisdizioni superiori, escludendo la possibilità per la parte di agire in proprio.

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Pubblicato il 22 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso per cassazione: l’avvocato è obbligatorio? La Cassazione ribadisce una regola fondamentale

Presentare un ricorso per cassazione è una fase estremamente tecnica e delicata del processo penale. Una recente ordinanza della Suprema Corte ci offre l’occasione per ribadire un principio cardine: l’impossibilità per la parte privata di presentare personalmente l’atto di impugnazione. La decisione evidenzia come la mancanza della sottoscrizione di un avvocato specializzato porti inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità.

I fatti del caso

La vicenda trae origine da una decisione del Tribunale di Mantova, che aveva respinto l’istanza di un soggetto volta a ottenere l’applicazione della disciplina del reato continuato. Insoddisfatto della decisione, l’interessato decideva di impugnare l’ordinanza, proponendo personalmente ricorso presso la Corte di Cassazione. Questo atto, tuttavia, non è stato compiuto tramite un difensore, ma direttamente dalla parte, una scelta che si è rivelata proceduralmente fatale.

Il ricorso per cassazione e la necessità del patrocinio legale

La Suprema Corte, investita della questione, non è nemmeno entrata nel merito della richiesta originaria (l’applicazione del reato continuato). L’attenzione dei giudici si è infatti concentrata su un aspetto preliminare e dirimente: la modalità di presentazione del ricorso. Il Collegio ha rilevato che l’atto era stato proposto personalmente dal ricorrente, in palese violazione delle norme procedurali che regolano il giudizio di legittimità.

La decisione è stata, pertanto, di dichiarare il ricorso inammissibile. Questa pronuncia comporta non solo l’impossibilità di esaminare le ragioni del ricorrente, ma anche la sua condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma a titolo di sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha fondato la sua decisione su un chiaro quadro normativo, rafforzato da un consolidato orientamento giurisprudenziale. Il punto centrale risiede nella modifica apportata agli articoli 571 e 613 del codice di procedura penale dalla legge 23 giugno 2017, n. 103 (la cosiddetta “Riforma Orlando”).

Questa riforma ha stabilito in modo inequivocabile che il ricorso per cassazione, a pena di inammissibilità, deve essere sottoscritto da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte di cassazione. La norma non ammette deroghe e sottrae alla parte la facoltà di stare in giudizio personalmente in questa fase. La logica del legislatore è quella di garantire un’adeguata preparazione tecnica e una difesa qualificata in un grado di giudizio che si concentra esclusivamente su questioni di diritto e sulla corretta interpretazione delle norme.

A sostegno di questa interpretazione, la Corte ha richiamato una fondamentale sentenza delle Sezioni Unite (n. 8914 del 2018), che ha definitivamente chiarito come il patrocinio di un avvocato cassazionista sia un requisito indispensabile per la validità del ricorso.

Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: il “fai da te” nel giudizio di Cassazione non è ammesso. La complessità delle questioni trattate e il tecnicismo richiesto impongono l’assistenza obbligatoria di un professionista abilitato. Chiunque intenda contestare una decisione davanti alla Suprema Corte deve necessariamente affidarsi a un avvocato cassazionista, l’unico soggetto autorizzato dalla legge a redigere e sottoscrivere il relativo ricorso. Ignorare questa regola significa esporsi a una certa declaratoria di inammissibilità, con la conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria, vanificando qualsiasi possibilità di vedere esaminate le proprie ragioni nel merito.

È possibile per un imputato presentare personalmente un ricorso per cassazione in materia penale?
No, la legge (art. 613 cod. proc. pen.) stabilisce che il ricorso per cassazione deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un avvocato iscritto nell’apposito albo speciale, escludendo la possibilità per la parte di agire personalmente.

Cosa accade se un ricorso per cassazione viene presentato senza la firma di un avvocato abilitato?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Ciò significa che la Corte non esamina il merito della questione e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Quale normativa ha introdotto questo requisito obbligatorio?
Il requisito è stato rafforzato e reso esplicito dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, che ha modificato gli articoli 571 e 613 del codice di procedura penale, eliminando la facoltà della parte di proporre personalmente l’impugnazione davanti alla Corte di Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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