Ricorso per Cassazione: Perché è Obbligatoria la Firma dell’Avvocato
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale della procedura penale: il ricorso per cassazione non può essere presentato personalmente dal condannato, ma deve essere obbligatoriamente sottoscritto da un difensore abilitato al patrocinio presso le giurisdizioni superiori. Questa regola, introdotta con la riforma del 2017, mira a garantire la tecnicità e la specificità degli atti diretti al giudice di legittimità, evitando iniziative processuali destinate al fallimento. L’ordinanza in esame ne offre una chiara applicazione pratica, con conseguenze significative per il ricorrente.
I Fatti del Caso: Un Ricorso Personale Respinto
Il caso trae origine da un’ordinanza emessa dal Tribunale di Sorveglianza di Napoli. Un soggetto, condannato in via definitiva, ha deciso di impugnare tale provvedimento presentando personalmente un ricorso per cassazione. L’atto, quindi, non recava la firma di un avvocato iscritto all’apposito albo speciale, come richiesto dalla normativa vigente.
La Corte di Cassazione, investita della questione, non è entrata nel merito delle doglianze sollevate dal ricorrente, ma si è fermata a un esame preliminare sulla validità formale dell’atto introduttivo.
La Normativa sul Ricorso per Cassazione
Il punto centrale della decisione ruota attorno alle modifiche introdotte dalla legge n. 103 del 2017. Prima di questa riforma, l’imputato o il condannato avevano la facoltà di presentare personalmente l’atto di impugnazione. Tuttavia, con l’entrata in vigore della nuova disciplina (il 3 agosto 2017), questa possibilità è stata esclusa per il giudizio di cassazione.
Gli articoli 571, comma 1, e 613, comma 1, del codice di procedura penale prevedono ora espressamente che il ricorso debba essere sottoscritto da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte di cassazione, a pena di inammissibilità. Questa modifica legislativa è stata confermata da un’importante pronuncia delle Sezioni Unite (sentenza n. 8914 del 2018), che ha consolidato l’orientamento restrittivo.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile con una motivazione netta e lineare. I giudici hanno osservato che sia il provvedimento impugnato (del febbraio 2024) sia il ricorso stesso erano successivi alla data di entrata in vigore della legge n. 103 del 2017. Di conseguenza, la nuova e più rigorosa disciplina era pienamente applicabile al caso di specie.
La facoltà di proporre personalmente l’impugnazione è stata esclusa dal legislatore proprio per il grado di legittimità, al fine di assicurare che i ricorsi siano redatti con la necessaria competenza tecnica, evitando di sovraccaricare la Suprema Corte con atti privi dei requisiti di legge. La mancanza della sottoscrizione del difensore specializzato costituisce un vizio insanabile che impedisce alla Corte di esaminare il merito della questione.
Le Conclusioni: Inammissibilità e Condanna alle Spese
L’esito del procedimento è stato la declaratoria di inammissibilità del ricorso. Questa decisione comporta due conseguenze automatiche per il ricorrente. In primo luogo, la condanna al pagamento delle spese processuali. In secondo luogo, non potendo escludere profili di colpa nella proposizione di un ricorso palesemente inammissibile, la Corte ha condannato l’uomo al pagamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Questa pronuncia serve da monito: l’assistenza di un difensore specializzato non è una mera formalità, ma un requisito di ammissibilità essenziale e invalicabile per accedere al giudizio di Cassazione, la cui violazione comporta non solo il rigetto dell’istanza ma anche sanzioni economiche.
Un condannato può presentare personalmente un ricorso per cassazione in materia penale?
No. Secondo la Corte, a seguito della legge n. 103 del 2017, il ricorso deve essere obbligatoriamente sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un avvocato iscritto nell’apposito albo speciale della Corte di Cassazione.
Cosa succede se un ricorso per cassazione viene presentato personalmente dal condannato?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Ciò significa che la Corte non esamina il merito della questione. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
A quanto ammonta la sanzione in caso di inammissibilità del ricorso?
Nel caso specifico, non potendo escludere profili di colpa nel ricorrente, la Corte ha stabilito una sanzione di tremila euro da versare alla Cassa delle ammende, oltre al pagamento delle spese processuali.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20919 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20919 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 07/02/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di NAPOLI
dat-e – ~4se – a44 , a – pa4P r udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
NOME COGNOME avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di sorveglianza di Napoli ha proposto personalmente ricorso per cassazione.
Sia il provvedimento impugnato sia il ricorso sono però successivi al 3 agosto 2017, data dell’entrata in vigore della legge n. 103 del 2017, con cui si è esclusa la facoltà dell’imputato, e quindi anche del condannato, di proporre personalmente ricorso per cassazione, prevedendosi che esso deve essere in ogni caso sottoscritto, a pena d’inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte di cassazione (artt. 571, comma 1, e 613, comma 1, cod. proc. pen.; Sez. U, n. 8914 del 21/12/2017 – dep. 23/02/2018, Aiello, Rv. 272010).
Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile, a norma dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen., introdotto dalla medesima legge n. 103 del 2017.
Segue all’inammissibilità la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non potendo escludersi profili di colpa, anche alla sanzione in favore della cassa delle ammende (Corte cost. n. 186 del 2000) che si ritiene equo quantificare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 9 maggio 2024.