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Ricorso per cassazione: inammissibile senza avvocato

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione presentato da un detenuto avverso un’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza. Il motivo dell’inammissibilità risiede in un vizio di forma: il ricorso era stato sottoscritto personalmente dal ricorrente e non, come richiesto a pena di inammissibilità dalla legge, da un difensore iscritto all’albo speciale della Corte di Cassazione. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso per cassazione: inammissibile se proposto personalmente dal ricorrente

Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: il ricorso per cassazione deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un avvocato abilitato al patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori. Questa ordinanza offre uno spunto essenziale per comprendere il rigore formale richiesto per accedere al giudizio di legittimità, anche in materie delicate come quella della sorveglianza.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla richiesta di liberazione anticipata presentata da un detenuto. Il Magistrato di Sorveglianza accoglieva solo parzialmente la sua istanza. Contro questa decisione, l’interessato proponeva reclamo al Tribunale di Sorveglianza, il quale però lo respingeva. Il Tribunale motivava la sua decisione evidenziando che alcune condotte tenute dal detenuto, descritte in un rapporto disciplinare, dimostravano l’assenza del requisito della ‘buona e regolare condotta’ necessario per la concessione piena del beneficio per il semestre in valutazione.

L’impugnazione e il vizio insanabile del ricorso per cassazione

Non soddisfatto della decisione del Tribunale di Sorveglianza, il detenuto decideva di presentare un ricorso per cassazione. Tuttavia, commetteva un errore procedurale fatale: redigeva e sottoscriveva personalmente l’atto, inviandolo direttamente all’autorità giudiziaria. Sebbene nell’intestazione del ricorso fosse menzionato il nome di un difensore, mancava l’elemento essenziale richiesto dalla legge: la sottoscrizione da parte di un avvocato cassazionista.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile senza neppure entrare nel merito della questione. La motivazione è netta e si fonda su un presupposto puramente procedurale: il difetto di legittimazione del ricorrente.

Gli Ermellini hanno richiamato l’articolo 613 del codice di procedura penale, come modificato dalla legge n. 103/2017. Questa norma stabilisce in modo inequivocabile che il ricorso davanti alla Corte di Cassazione deve essere sottoscritto da difensori iscritti nell’apposito albo speciale. La violazione di questa regola comporta, come conseguenza inevitabile, la declaratoria di inammissibilità.

A supporto della propria decisione, la Corte ha citato un’importante sentenza delle Sezioni Unite (n. 8914/2017), la quale ha consolidato l’interpretazione secondo cui tale requisito formale si applica a qualsiasi tipo di provvedimento impugnato, inclusi quelli in materia cautelare o, come nel caso di specie, di sorveglianza.

La Corte ha inoltre precisato che la semplice indicazione del nominativo di un avvocato nell’epigrafe dell’atto è ‘palesemente irrilevante’. Ciò che conta ai fini della validità del ricorso è la sottoscrizione del professionista abilitato, che attesta l’assunzione della paternità dell’atto e del suo contenuto tecnico-giuridico.

Le Conclusioni

La decisione si conclude con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione pecuniaria è una conseguenza diretta della dichiarazione di inammissibilità, quando non si ravvisano elementi per ritenere che il ricorrente abbia agito senza colpa.

L’ordinanza ribadisce un principio cruciale: l’accesso al giudizio di legittimità è governato da regole procedurali stringenti, la cui inosservanza preclude l’esame del merito del ricorso. La necessità del patrocinio di un avvocato cassazionista non è una mera formalità, ma una garanzia di tecnicità e professionalità indispensabile per dialogare con la Suprema Corte, il cui compito non è rivedere i fatti, ma assicurare l’uniforme interpretazione e la corretta applicazione della legge.

Un detenuto può presentare personalmente un ricorso per cassazione?
No. L’ordinanza chiarisce che qualsiasi ricorso per cassazione, anche in materia di sorveglianza, deve essere obbligatoriamente sottoscritto da un difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di Cassazione, a pena di inammissibilità.

Cosa succede se un ricorso per cassazione viene dichiarato inammissibile per un vizio di forma?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata determinata in 3.000,00 euro.

È sufficiente indicare il nome di un avvocato nell’intestazione del ricorso senza la sua firma?
No. La Corte ha specificato che la mera indicazione del nome di un difensore è ‘palesemente irrilevante’. L’atto deve essere formalmente sottoscritto dal legale abilitato per essere considerato valido.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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