Ricorso per cassazione: inammissibile se proposto personalmente dal ricorrente
Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: il ricorso per cassazione deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un avvocato abilitato al patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori. Questa ordinanza offre uno spunto essenziale per comprendere il rigore formale richiesto per accedere al giudizio di legittimità, anche in materie delicate come quella della sorveglianza.
I Fatti di Causa
Il caso ha origine dalla richiesta di liberazione anticipata presentata da un detenuto. Il Magistrato di Sorveglianza accoglieva solo parzialmente la sua istanza. Contro questa decisione, l’interessato proponeva reclamo al Tribunale di Sorveglianza, il quale però lo respingeva. Il Tribunale motivava la sua decisione evidenziando che alcune condotte tenute dal detenuto, descritte in un rapporto disciplinare, dimostravano l’assenza del requisito della ‘buona e regolare condotta’ necessario per la concessione piena del beneficio per il semestre in valutazione.
L’impugnazione e il vizio insanabile del ricorso per cassazione
Non soddisfatto della decisione del Tribunale di Sorveglianza, il detenuto decideva di presentare un ricorso per cassazione. Tuttavia, commetteva un errore procedurale fatale: redigeva e sottoscriveva personalmente l’atto, inviandolo direttamente all’autorità giudiziaria. Sebbene nell’intestazione del ricorso fosse menzionato il nome di un difensore, mancava l’elemento essenziale richiesto dalla legge: la sottoscrizione da parte di un avvocato cassazionista.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile senza neppure entrare nel merito della questione. La motivazione è netta e si fonda su un presupposto puramente procedurale: il difetto di legittimazione del ricorrente.
Gli Ermellini hanno richiamato l’articolo 613 del codice di procedura penale, come modificato dalla legge n. 103/2017. Questa norma stabilisce in modo inequivocabile che il ricorso davanti alla Corte di Cassazione deve essere sottoscritto da difensori iscritti nell’apposito albo speciale. La violazione di questa regola comporta, come conseguenza inevitabile, la declaratoria di inammissibilità.
A supporto della propria decisione, la Corte ha citato un’importante sentenza delle Sezioni Unite (n. 8914/2017), la quale ha consolidato l’interpretazione secondo cui tale requisito formale si applica a qualsiasi tipo di provvedimento impugnato, inclusi quelli in materia cautelare o, come nel caso di specie, di sorveglianza.
La Corte ha inoltre precisato che la semplice indicazione del nominativo di un avvocato nell’epigrafe dell’atto è ‘palesemente irrilevante’. Ciò che conta ai fini della validità del ricorso è la sottoscrizione del professionista abilitato, che attesta l’assunzione della paternità dell’atto e del suo contenuto tecnico-giuridico.
Le Conclusioni
La decisione si conclude con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione pecuniaria è una conseguenza diretta della dichiarazione di inammissibilità, quando non si ravvisano elementi per ritenere che il ricorrente abbia agito senza colpa.
L’ordinanza ribadisce un principio cruciale: l’accesso al giudizio di legittimità è governato da regole procedurali stringenti, la cui inosservanza preclude l’esame del merito del ricorso. La necessità del patrocinio di un avvocato cassazionista non è una mera formalità, ma una garanzia di tecnicità e professionalità indispensabile per dialogare con la Suprema Corte, il cui compito non è rivedere i fatti, ma assicurare l’uniforme interpretazione e la corretta applicazione della legge.
Un detenuto può presentare personalmente un ricorso per cassazione?
No. L’ordinanza chiarisce che qualsiasi ricorso per cassazione, anche in materia di sorveglianza, deve essere obbligatoriamente sottoscritto da un difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di Cassazione, a pena di inammissibilità.
Cosa succede se un ricorso per cassazione viene dichiarato inammissibile per un vizio di forma?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata determinata in 3.000,00 euro.
È sufficiente indicare il nome di un avvocato nell’intestazione del ricorso senza la sua firma?
No. La Corte ha specificato che la mera indicazione del nome di un difensore è ‘palesemente irrilevante’. L’atto deve essere formalmente sottoscritto dal legale abilitato per essere considerato valido.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9057 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9057 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a CATANIA il 15/05/1972
avverso l’ordinanza del 17/10/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE di Milano
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Con ordinanza emessa in data 17 ottobre 2024 il Tribunale di sorveglianza di Milano ha respinto il reclamo proposto da NOME COGNOME avverso l’ordinanza con cui il magistrato di sorveglianza di Pavia, in data 23 aprile 2024, aveva accolto solo parzialmente l’istanza di liberazione anticipata da lui presentata. Il Tribunale ha ritenuto che le condotte tenute dal detenuto il 19/06/2023, come descritte nel rapporto disciplinare, dimostrassero l’assenza del requisito della buona e regolare condotta, con riferimento al semestre in valutazione.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME con atto sottoscritto personalmente e inviato all’autorità procedente.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione del ricorrente, il quale ha proposto il ricorso personalmente e senza l’assistenza di un difensore, in violazione dell’art. 613 cod. proc. pen. come modificato dall’art. 1, comma 63, legge n. 103/2017. GLYPH Il testo della norma conseguente alla novella legislativa è chiaro, e la relativa interpretazione è stata stabilita dalle Sezioni Unite, con la sentenza n. 8914 del 21/12/2017, COGNOME, Rv. 272010, secondo cui «Il ricorso per cassazione avverso qualsiasi tipo di provvedimento, compresi quelli in materia cautelare, non può essere proposto dalla parte personalmente, ma, a seguito della modifica apportata agli artt. 571 e 613 cod. proc. pen. dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte di cassazione».
La mera indicazione del nominativo di un difensore, contenuta nell’epigrafe del ricorso, è palesemente irrilevante.
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20 febbraio 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente