Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 47660 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 47660 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
Lavorato NOMECOGNOME nata a Soriano Calabro 1’11/10/1987 avverso l’ordinanza del 28/5/2024 emessa dal Tribunale di Vibo Valentia visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso; letta la memoria difensiva depositata dall’Avvocato NOME COGNOME il quale insiste
per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del riesame rigettata il ricorso proposto avverso il decreto di sequestro preventivo del profitto del reato, disposto anche per equivalente, in relazione alla ritenuta indebita appropriazione di somme di denaro di cui la
ricorrente si sarebbe resa responsabile in qualità di amministratrice di sostegno di NOME COGNOME.
Avverso tale ordinanza, la ricorrente ha formulato due motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo, lamenta la mancanza del nesso di pertinenzialità tra l’oggetto del sequestro e il reato asseritamente commesso, aggiungendo che non sarebbe stata neppure adeguatamente vagliata la sussistenza del fumus commissi delicti.
2.2. Con il secondo motivo, deduce la violazione dell’art. 354 cod. proc. pen. sostenendo, oltre all’insussistenza del fumus, anche la mancanza di idonea motivazione in ordine al “sequestro preventivo per equivalenza di cose costituenti corpo di reato”.
Il ricorso è stato trattato in forma cartolare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Entrambi i motivi di ricorso, peraltro richiamando anche riferimenti normativi non conferenti rispetto alla fattispecie in esame, introducono censure alla motivazione relativamente alla individuazione del fumus commissi delicti e alle ragioni legittimanti il sequestro.
Si tratta di doglianze non consentite per un duplice ordine di ragioni.
In primo luogo, deve rammentarsi che, in base all’art. 325, comma 1, cod. proc. pen., il ricorso per cassazione avverso le ordinanze emesse a norma dell’art. 324, cod. proc. pen., è consentito soltanto per violazione di legge, mentre non è consentito dedurre vizi della motivazione. È pur vero che, per giurisprudenza unanime, le lacune motivazionali possono rientrare nella violazione di legge, ma solo nei casi in cui la motivazione manchi del tutto, ovvero sia meramente apparente e non anche allorquando essa sia affetta da illogicità, quand’anche manifesta (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, COGNOME, Rv. 226710; Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, COGNOME, Rv. 224611). La motivazione “assente” è quella che manca fisicamente o che è graficamente indecifrabile, s’intende, invece, per “motivazione apparente” quella affetta da vizi così radicali, da rendere l’apparato argomentativo, anche quando non del tutto mancante, comunque privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza, e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del
29/05/2008, NOME, Rv. 239692; più recentemente Sez.2, n.18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656; Sez.6, n. 6589 del 10/01/2013, NOME, Rv. 254893).
Il ricorrente ha proposto esclusivamente doglianze attinenti alla motivazione che, per le ragioni anzidette, sono inammibili.
Peraltro, le ragioni poste a fondamento del ricorso sono di per sé generiche, non indicandosi in maniera puntuale le carenze in cui sarebbe incorsa la motivazione dell’ordinanza impugnata.
Alla luce di tali considerazioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20 novembre 2024 Il Consigliere estensore