Ricorso per Cassazione Inammissibile: Quando la Ripetizione dei Motivi Conduce alla Condanna
La Suprema Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale della procedura penale: un ricorso per cassazione inammissibile è la conseguenza inevitabile quando l’atto di impugnazione si limita a ripetere le stesse argomentazioni già presentate e respinte nel giudizio d’appello. Questa decisione sottolinea l’importanza della specificità dei motivi di ricorso e chiarisce i limiti del sindacato di legittimità.
I Fatti del Caso in Esame
Un imputato, a seguito di una condanna confermata dalla Corte d’Appello di Roma, ha proposto ricorso per cassazione. I motivi del ricorso si concentravano su due aspetti principali: una presunta violazione di legge e un difetto di motivazione riguardo all’affermazione della sua responsabilità e alla qualificazione giuridica dei fatti contestati. Un terzo motivo, inoltre, lamentava la mancata concessione del beneficio della particolare tenuità del fatto, previsto dall’art. 131-bis del codice penale.
Il ricorso per cassazione inammissibile e la decisione della Corte
La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi presentati e ha dichiarato l’intero ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La decisione si fonda su argomentazioni precise che distinguono chiaramente i motivi ripetitivi da quelli nuovi ma infondati.
La Reiterazione dei Motivi d’Appello
I giudici hanno osservato che i primi due motivi di ricorso non erano altro che una “pedissequa reiterazione” delle doglianze già sollevate dinanzi alla Corte d’Appello. Quest’ultima aveva fornito una risposta puntuale e motivata a tali censure. Secondo la giurisprudenza costante della Cassazione, un ricorso che si limita a riproporre le stesse questioni senza una critica argomentata e specifica della sentenza impugnata non assolve alla sua funzione tipica. Tali motivi sono considerati non specifici, ma soltanto apparenti, e quindi non possono essere ammessi.
La Novità e Infondatezza del Terzo Motivo
Per quanto riguarda il terzo motivo, relativo alla mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p., la Corte ha rilevato due criticità. In primo luogo, la questione non era mai stata sollevata nel corso del giudizio d’appello, configurandosi quindi come un motivo nuovo e, come tale, tendenzialmente inammissibile in sede di legittimità. In secondo luogo, anche nel merito, la richiesta è stata giudicata “manifestamente infondata” alla luce dei precedenti penali dell’imputato e delle modalità della condotta, elementi già valutati negativamente dalla corte di merito.
Le Motivazioni della Suprema Corte
L’ordinanza in esame è un’importante lezione sul corretto modo di adire la Corte di Cassazione. Le motivazioni offerte dai giudici chiariscono la natura e i limiti del giudizio di legittimità.
Il Principio della Specificità dei Motivi
La Corte ha ribadito che i motivi di ricorso devono essere specifici, come richiesto dall’art. 581 c.p.p. Ciò significa che non basta riproporre le proprie tesi, ma è necessario confrontarsi criticamente con la motivazione della sentenza impugnata, evidenziando le presunte violazioni di legge o i vizi logici che la inficerebbero. Un ricorso che ignora la ratio decidendi del giudice d’appello è destinato all’inammissibilità perché non svolge la funzione di critica per cui è previsto.
Il Ruolo della Corte di Cassazione
Viene inoltre riaffermato che la Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito. Il suo compito non è quello di riesaminare i fatti o di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella dei giudici dei gradi precedenti. La Corte deve limitarsi a verificare la coerenza logica e la correttezza giuridica del ragionamento seguito nella sentenza impugnata, senza poter entrare nel merito delle scelte valutative.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
La decisione consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso, volto a scoraggiare ricorsi dilatori o meramente ripetitivi. Per gli avvocati, emerge la necessità di redigere atti di ricorso che non si limitino a riproporre le argomentazioni dell’appello, ma che contengano una critica puntuale e circostanziata della decisione di secondo grado. Per gli imputati, la conseguenza di un ricorso per cassazione inammissibile non è solo la definitività della condanna, ma anche l’onere economico del pagamento delle spese e di una sanzione a favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.
Perché un ricorso per cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso per cassazione viene dichiarato inammissibile quando i motivi presentati non sono specifici, ma si limitano a ripetere argomentazioni già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello, senza muovere una critica puntuale alla motivazione della sentenza impugnata.
Cosa significa che i motivi di ricorso sono una “pedissequa reiterazione” di quelli d’appello?
Significa che l’atto di ricorso ripropone in modo quasi identico le stesse questioni e doglianze già formulate nell’atto di appello, senza confrontarsi con le ragioni per cui il giudice del grado precedente le ha respinte.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. Inoltre, la sentenza impugnata diventa definitiva.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34860 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34860 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/11/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME, ritenuto che il primo ed il secondo motivo di ricorso che contestano violazione di legge e difetto di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità e alla qualificazione giuridica dei fatti, è indeducibile perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito (si veda pagina 2 della sentenza impugnata, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso. A fronte di tale evenienza, questa Corte ha costantemente chiarito che “È inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella ripetizione di quelli già dedotti in appell motivatamente esaminati e disattesi dalla corte di merito, dovendosi i motivi stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto non assolvono la funzione tipica di critica puntuale avverso la sentenza oggetto di ricorso”, (Sez. 5, Sentenza n. 11933 del 27/01/2005, Rv. 231708; più di recente, non massimate: Sez. 2, Sentenza n. 25517 del 06/03/2019, COGNOME; Sez. 6, Sentenza n. 19930 del 22/02/2019, COGNOME). In altri termini, è del tutto evidente che a fronte di u sentenza di appello che ha fornito una risposta ai motivi di gravame, la pedissequa riproduzione di essi come motivi di ricorso per cassazione non può essere considerata come critica argomentata rispetto a quanto affermato dalla Corte d’appello: in questa ipotesi, pertanto, i motivi sono necessariamente privi dei requisiti di cui all’art. 581 c.p.p., comma 1, lett. c), che impone la esposizione dell ragioni di fatto e di diritto a sostegno di ogni richiesta.
ritenuto che il terzo motivo di ricorso che contesta la mancata concessione del beneficio di cui all’art. 131-bis cod. pen. non è stato proposto in appello ed è manifestamente infondato in considerazione dei precedenti penali e delle modalità della condotta esposti a pagina 2 della sentenza impugnata. A fronte di ciò, le doglianze articolate nel ricorso non sono volte a evidenziare violazioni di legge o mancanze argomentative e manifeste illogicità della sentenza impugnata, ma mirano a sollecitare un improponibile sindacato sulle scelte valutative della Corte di appello e reiterano in gran parte le censure già sollevate dinanzi a quel Giudice, che le ha ritenute infondate sulla base di una lineare e adeguata motivazione, strettamente ancorata a una completa e approfondita disamina delle risultanze processuali, nel rispetto dei principi di diritto vigenti in materia;
ribadito che, in tema di controllo sulla motivazione, alla Corte di cassazione è normativamente preclusa la possibilità non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma
anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla ,sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno, dovendo piuttosto verificare la coerenza strutturale della sentenza alla stregua degli stessi parametri valutativi da cui essa è geneticamente informata, ancorché questi siano ipoteticamente sostituibili da altri (Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260);
rilevato che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro tremila in favore delle Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 4 giugno 2024.