Ricorso per cassazione: quando la firma dell’avvocato è indispensabile
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: il ricorso per cassazione non può essere presentato personalmente dall’imputato, ma deve essere sottoscritto da un difensore abilitato al patrocinio presso le giurisdizioni superiori. Questa decisione sottolinea l’importanza delle riforme procedurali e le conseguenze di un errore formale che può costare caro, rendendo l’impugnazione inefficace.
I Fatti del Caso
Il caso analizzato trae origine da una sentenza della Corte di Appello di Bari che aveva confermato la condanna di un imputato. Non rassegnato alla decisione, l’imputato decideva di presentare personalmente un ricorso per cassazione. L’atto di impugnazione veniva depositato in data 11 dicembre 2023, senza l’assistenza e la sottoscrizione di un avvocato.
La Riforma del Ricorso per Cassazione e l’Art. 613 c.p.p.
Il fulcro della decisione della Suprema Corte risiede nell’applicazione dell’articolo 613 del codice di procedura penale, così come modificato dalla legge n. 103 del 2017 (nota come “Riforma Orlando”). Prima di questa modifica, in alcuni casi, era ammessa la presentazione personale del ricorso. Tuttavia, la riforma, entrata in vigore il 3 agosto 2017, ha introdotto una regola stringente: le parti private possono proporre ricorso per cassazione esclusivamente tramite un difensore iscritto nell’apposito albo speciale dei cassazionisti. Questa norma mira a garantire un elevato livello di tecnicismo e professionalità nel giudizio di legittimità, che non verte sul riesame dei fatti, ma sulla corretta interpretazione e applicazione del diritto.
Le Motivazioni della Corte
La Corte di Cassazione, con la sua ordinanza, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La motivazione è netta e si basa su un presupposto puramente procedurale: l’imputato è un “soggetto non legittimato” a proporre personalmente il ricorso. La legge, a seguito della riforma del 2017, ha sottratto tale facoltà alla parte privata, affidandola in via esclusiva al difensore specializzato.
I giudici hanno evidenziato che la formulazione dell’art. 613 c.p.p. non lascia spazio a interpretazioni diverse. La presentazione di un ricorso da parte di un soggetto non autorizzato dalla legge costituisce un vizio insanabile che impedisce alla Corte di esaminare il merito delle censure sollevate. Di conseguenza, l’atto è stato considerato tamquam non esset, ovvero come se non fosse mai stato presentato.
Le Conclusioni
La declaratoria di inammissibilità ha comportato conseguenze significative per il ricorrente. In applicazione dell’articolo 616 del codice di procedura penale, la Corte lo ha condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia serve da monito: nel processo penale, e in particolare nel giudizio di legittimità, il rispetto delle forme e delle competenze tecniche è un requisito imprescindibile. Affidarsi a un difensore specializzato non è solo un’opzione, ma un obbligo di legge la cui violazione preclude ogni possibilità di far valere le proprie ragioni davanti alla Suprema Corte.
Un imputato può presentare personalmente un ricorso per cassazione in materia penale?
No. A seguito della riforma introdotta con la legge n. 103 del 2017, l’art. 613 del codice di procedura penale stabilisce che il ricorso per cassazione deve essere proposto esclusivamente da un difensore iscritto all’albo speciale della Corte di Cassazione. Un ricorso presentato personalmente dall’imputato è inammissibile.
Quali sono le conseguenze se un ricorso per cassazione viene dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la parte che ha proposto il ricorso inammissibile viene condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma pecuniaria in favore della Cassa delle ammende. Nel caso di specie, tale somma è stata fissata in euro tremila.
Perché il ricorso in questione è stato giudicato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché l’imputato lo ha proposto personalmente, violando la regola che impone l’assistenza di un avvocato cassazionista. L’imputato è stato quindi considerato un “soggetto non legittimato” a compiere tale atto processuale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 10746 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 10746 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a SAN SEVERO il 11/09/1960 avverso la sentenza del 28/11/2023 della CORTE di APPELLO di BARI udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte di appello di Bari confermava la condanna di NOME COGNOME per i reati allo stesso ascritti.
A vverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione l’imputato personalmente in data 11 dicembre 2023.
Il ricorso è inammissibile in quanto proposto da soggetto non legittimato ai sensi dell’art. 613 cod. proc. pen. nella formulazione introdotta con la legge n. 103 del 2017 entrata in vigore il 3 agosto 2017.
A lla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’ art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al
versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il giorno 25 febbraio 2025.