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Ricorso per cassazione inammissibile: limiti impugnazione

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso per cassazione inammissibile avverso una sentenza di patteggiamento. Il ricorso contestava un’aggravante basandosi su vizi di motivazione, un motivo non consentito dall’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., che limita le impugnazioni alle sole violazioni di legge. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso per Cassazione Inammissibile: Quando l’Appello Non Supera il Vaglio di Legittimità

L’ordinanza in esame offre un’importante lezione sui limiti all’impugnazione delle sentenze emesse a seguito di patteggiamento. La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso per cassazione inammissibile, ribadendo che le critiche relative alla valutazione dei fatti non possono essere fatte valere in sede di legittimità per questa tipologia di sentenze. Analizziamo la decisione per comprendere le ragioni giuridiche e le sue implicazioni pratiche.

Il Caso: Un Ricorso Contro la Sentenza di Patteggiamento

Un imputato, a seguito di una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (il cosiddetto ‘patteggiamento’) emessa dal Tribunale, ha proposto ricorso per cassazione. Il fulcro del suo gravame era la contestazione dell’applicazione di una specifica circostanza aggravante.

La Contestazione dell’Aggravante

Il ricorrente sosteneva che il giudice di merito avesse errato nel ritenere applicabile l’aggravante, lamentando vizi motivazionali legati a specifiche valutazioni del fatto. In sostanza, il ricorso non denunciava una violazione diretta della legge, ma piuttosto il modo in cui il giudice aveva interpretato e valutato gli elementi fattuali per giungere alla sua conclusione giuridica.

Limiti all’Impugnazione e il Ricorso per Cassazione Inammissibile

La difesa dell’imputato si è scontrata con una precisa norma del codice di procedura penale, introdotta per limitare l’accesso alla Cassazione per le sentenze di patteggiamento, al fine di deflazionare il carico giudiziario e dare stabilità alle decisioni concordate tra accusa e difesa.

L’Art. 448, comma 2-bis, c.p.p.

Questo articolo, introdotto dalla legge n. 103 del 2017, stabilisce che il ricorso per cassazione contro una sentenza di patteggiamento è consentito solo per un numero limitato e specifico di motivi. Tra questi non rientrano i cosiddetti ‘vizi motivazionali’. L’impugnazione è permessa, ad esempio, se vi è stato un errore nella qualificazione giuridica del fatto o se è stata applicata una pena illegale, ma non per contestare l’apprezzamento del giudice sui fatti di causa.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte, con un’ordinanza succinta ma chiara, ha dichiarato il ricorso inammissibile, aderendo a un’interpretazione rigorosa della normativa vigente.

le motivazioni

Il Collegio ha rilevato che le censure mosse dal ricorrente erano di natura prettamente fattuale e motivazionale. Contestare la decisione di applicare un’aggravante sulla base di una diversa valutazione degli elementi probatori non costituisce una ‘violazione di legge’, unico terreno sul quale il ricorso sarebbe stato ammissibile. La Corte ha sottolineato che l’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., ha tracciato una linea netta: le sentenze di patteggiamento sono appellabili in Cassazione solo per errori di diritto evidenti e tassativamente previsti, non per riesaminare il merito della decisione. Di conseguenza, il tentativo di far passare una critica alla motivazione come denuncia di ‘pena illegale’, richiamando principi giurisprudenziali non pertinenti al caso, è stato respinto. L’inammissibilità è stata dichiarata ‘de plano’, ovvero senza la necessità di un’udienza pubblica, ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, c.p.p.

le conclusioni

La decisione riafferma un principio fondamentale della procedura penale post-riforma: l’accesso al giudizio di legittimità per le sentenze di patteggiamento è un’eccezione, non la regola. Chi sceglie questo rito alternativo accetta una forte limitazione del diritto di impugnazione. La conseguenza pratica di un ricorso per cassazione inammissibile non è solo la conferma della sentenza impugnata, ma anche una sanzione economica. Come previsto dall’art. 616 c.p.p., il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle Ammende. Questa pronuncia serve da monito: i ricorsi devono basarsi su solidi motivi di diritto, altrimenti il rischio è una declaratoria di inammissibilità con conseguenze economiche negative.

È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per qualsiasi motivo?
No, l’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale limita l’impugnazione alle sole ipotesi di violazione di legge tassativamente indicate, escludendo contestazioni relative alla valutazione dei fatti o a vizi di motivazione.

Cosa si intende per ‘vizio motivazionale’ in questo contesto?
Si intende una critica alla valutazione dei fatti o alle ragioni che hanno portato il giudice a ritenere applicabile una norma, come una circostanza aggravante. La Cassazione ha chiarito che questo tipo di critica non rientra tra i motivi di ricorso ammessi contro una sentenza di patteggiamento.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro in favore della Cassa delle Ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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