Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 13007 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 13007 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA a VICENZA avverso l’ordinanza in data 16/11/2023 del TRIBUNALE DI CATANZARO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentita la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
sentito l’AVV_NOTAIO, che ha illustrato i motivi del ricorso e ne ha chiesto l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME, per il tramite del proprio difensore, impugna l’ordinanza in data 16/11/2023 del Tribunale di Catanzaro che, in sede di riesame, ha confermato l’ordinanza in data 03/11/2023 del G.i.p. del Tribunale di Vibo Valentia, che ha applicato la misura cautelare della custodia in carcere in relazione ai reati di sequestro di persona e rapina aggravata.
Deduce:
Violazione di legge, inosservanza di norma processuale e vizio di mancanza, manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione in relazione all’art. 292, comma 2, lett. C) e C-bis) cod. proc. pen..
Il primo motivo di impugnazione è volto a dimostrare come l’ordinanza del G.i.p. sia priva di un’autonoma valutazione, in quanto sovrapponibile al fermo di
indiziato di delitto e all’ordinanza cautelare riferita ad altri coindagati ed emessa un giorno prima rispetto a quella a carico di COGNOME.
A sostegno dell’assunto collaziona i documenti richiamati.
Violazione di legge, inosservanza di norma processuale e vizio di mancanza, manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione in relazione all’art. 274 cod. proc. pen..
Sotto il profilo delle esigenze cautelari, il ricorrente sostiene che il tribuna non ha tenuto in considerazione la posizione dell’indagato rispetto alla vicenda in esame, non valorizzando neanche lo stato di incensuratezza, che il tribunale giudica di natura soltanto formale, senza argomentare su tale arbitraria considerazione.
Aggiunge che non è stata giustificata l’esigenza probatoria, atteso che si fa riferimento a minacce ricevute dalla persona offesa rispetto a circostanze già appurate e avendo riguardo anche alla durata delle investigazioni.
Si duole, altresì, dell’eccessiva valorizzazione del ricorso alla facoltà di non rispondere.
Con riguardo al pericolo di reiterazione si assume che la motivazione è arbitraria e apodittica, facendo riferimento a un’indimostrata professionalità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1.1. Con riguardo all’eccepita mancanza di autonoma valutazione, il tribunale ha spiegato che il relativo motivo di riesame era infondato perché il G.i.p. -a parte la ricostruzione dei fatti- alla pagina 18 e seguenti del provvedimento gravato aveva ricapitolato gli elementi emergenti dalle attività d’indagine con particolare riferimento alla posizione di COGNOME, così dimostrando l’avvenuto esame e la rielaborazione del materiale indiziario rispetto a quella del pubblico ministero, così emergendo una valutazione critica e non meramente adesiva della richiesta cautelare.
1.2. Sotto il profilo delle esigenze cautelari, i giudici del riesame hanno risaltato che la persona offesa è risultata destinataria di minacce di ritorsioni, così emergendo il pericolo di inquinamento probatorio. Sotto il profilo del pericolo di recidivanza, ha valorizzato le spiccate capacità delinquenziali di COGNOME, così come emergente dalle modalità della condotta, che fa altresì intravvedere una sorta di professionalità delinquenziale, essendo emerso un collaudato metodo di perpetrazione del reato.
Il ricorrente, dal suo canto, con riguardo al tema dell’autonoma valutazione, non si confronta con il preciso e puntuale riferimento del tribunale al contenuto delle pagine 18 e seguenti dell’ordinanza del G.i.p. dalle quali ha tratto l’infondatezza della relativa eccezione.
Tale preliminare rilievo fa emergere il difetto di specificità del motivo, che si
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configura non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591 comma 1 lett. c), all’inammissibilità (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, Rv. 268823; Sez. 2, Sentenza n. 11951 del 29/01/2014 Rv. 259425, Lavorato; Sez. 4, 29/03/2000, n. 5191, COGNOME, Rv. 216473; Sez. 1, 30/09/2004, n. 39598, COGNOME, Rv. 230634; Sez. 4, 03/07/2007, n. 34270, COGNOME, Rv. 236945; Sez. 3, 06/07/2007, n. 35492, Tasca, Rv. 237596).
Con riguardo alle esigenze cautelari, il ricorrente – a fronte di una motivazione che si presenta adeguata, logica e non contraddittoria oltre che conforme ai principi di diritto disciplinanti i temi trattati- solleva questioni inte censurare il contenuto valutativo dell’ordinanza impugnata che, in quanto tali, non sono riconducibili al vizio di violazione di legge, in quanta caratterizzate da apprezzamenti di fatto sull’ordito motivazionale del provvedimento impugnato, oltre che non apprezzabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede.
Va a tal proposito ricordato che in tema di misure cautelari personali «il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito», (Sez. 2, Sentenza n. 31553 del 17/05/2017, Paviglianiti, Rv. 270628 – 01; Sez. 4, Sentenza n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME, Rv. 269884 – 01; Sez. 6, Sentenza n. 11194 del 08/03/2012, Lupo Rv. 252178).
Quanto COGNOME esposto COGNOME porta COGNOME alla COGNOME declaratoria COGNOME di COGNOME inammissibilità dell’impugnazione, cui segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
Una copia del presente provvedimento deve essere trasmessa, a cura della Cancelleria, al Direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94, comma ter, disp. att. cod. proc. pen., in quanto dalla sua pronuncia non consegue la rinnessione in libertà del detenuto.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
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ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma I- ter, Disp. Att. Cod. Proc. Pen..
Così deciso il 31 gennaio 2024
Il Consigliere estensore
COGNOME
La Presidente