LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Ricorso per cassazione: i limiti nel rito di prevenzione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso avverso un provvedimento di confisca emesso nell’ambito di una misura di prevenzione. La sentenza chiarisce che il ricorso per cassazione in questa materia è limitato alla sola violazione di legge, escludendo la possibilità di contestare la valutazione delle prove o la logicità della motivazione del giudice di merito.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 10 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso per cassazione: I Limiti nel Procedimento di Prevenzione

Il ricorso per cassazione rappresenta l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma le sue porte non sono sempre aperte a qualsiasi tipo di doglianza. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito i confini stringenti entro cui è possibile contestare un provvedimento emesso nell’ambito delle misure di prevenzione, come la confisca dei beni. Questo caso offre uno spaccato chiaro su cosa significhi “violazione di legge” e perché non si possa trasformare il giudizio di legittimità in un terzo grado di merito.

Il Contesto del Caso: Confisca e Appello

La vicenda nasce dal ricorso di due soggetti contro un decreto della Corte d’Appello di Caltanissetta. Quest’ultima aveva confermato un provvedimento di confisca di alcuni beni, ritenendo sussistente la loro pericolosità sociale fino a un certo anno. La confisca era stata disposta nell’ambito di un procedimento di prevenzione, uno strumento volto a colpire i patrimoni di origine illecita di persone considerate socialmente pericolose.

I Motivi del Ricorso per Cassazione: Tra Violazione di Legge e Prova Decisiva

I ricorrenti hanno basato il loro ricorso per cassazione su due argomenti principali:
1. Violazione di legge processuale: Sostenevano che la Corte d’Appello non avesse valutato correttamente le prove documentali e testimoniali, violando le regole sull’apprezzamento probatorio (art. 192 c.p.p.).
2. Mancata assunzione di una prova decisiva: Lamentavano il rigetto della loro richiesta di ascoltare nuovi testimoni, che a loro dire avrebbero potuto confermare la loro estraneità a certi ambienti criminali e il valore della loro collaborazione con la giustizia. Tale prova, secondo loro, era “decisiva” per un esito diverso del giudizio.

La Decisione della Cassazione e il concetto di Violazione di Legge

La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili, fornendo chiarimenti fondamentali sui limiti del ricorso per cassazione in materia di prevenzione.

Limiti del Sindacato di Legittimità

Il punto cardine della decisione è che, nei procedimenti di prevenzione, il ricorso è ammesso solo per violazione di legge. Questo esclude la possibilità di denunciare vizi della motivazione, come l’illogicità manifesta. Tentare di contestare la valutazione delle prove (come fatto dai ricorrenti invocando l’art. 192 c.p.p.) è, in sostanza, un tentativo di aggirare questo limite, chiedendo alla Cassazione un nuovo esame del merito dei fatti, compito che non le spetta.

La Genericità delle Censure

La Corte ha inoltre qualificato i ricorsi come “generici”. I ricorrenti non si sono confrontati in modo specifico con la solida e articolata motivazione della Corte d’Appello. Quest’ultima aveva esaminato nel dettaglio tutti gli elementi, dai rapporti con figure di spicco della criminalità alla gestione di appalti, superando le argomentazioni difensive. Un ricorso, per essere ammissibile, deve demolire punto per punto il ragionamento del giudice precedente, non limitarsi a riproporre le proprie tesi.

La Nozione di Prova Decisiva

Infine, è stata smontata la doglianza sulla “prova decisiva”. La Corte ha spiegato che:
– Il vizio di mancata assunzione di prova decisiva non è deducibile nei procedimenti in camera di consiglio, come quelli di prevenzione.
– In ogni caso, una prova è “decisiva” solo se è in grado, da sola, di determinare un esito completamente diverso. Le testimonianze richieste, invece, avrebbero dovuto essere comunque vagliate e confrontate con il resto del materiale probatorio, senza avere un’efficacia risolutiva automatica.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la propria decisione di inammissibilità sulla base di principi consolidati in materia di ricorsi di legittimità nei procedimenti di prevenzione. Il fulcro del ragionamento risiede nella distinzione netta tra il controllo sulla “violazione di legge”, ammesso, e il riesame del merito, precluso. I giudici hanno sottolineato come le doglianze dei ricorrenti, pur formalmente presentate come violazioni di norme processuali, mirassero in realtà a ottenere una nuova valutazione del compendio probatorio, un’attività riservata esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado. La Corte ha ribadito che la genericità del ricorso, ovvero la mancata confutazione specifica delle argomentazioni della decisione impugnata, costituisce un autonomo motivo di inammissibilità. La motivazione della Corte d’Appello era stata giudicata logica, completa e coerente, avendo affrontato tutte le questioni sollevate dalla difesa, inclusa la valutazione del ruolo di collaboratore di giustizia di uno dei proposti e i suoi rapporti con ambienti criminali. Di conseguenza, il tentativo di introdurre nuove prove testimoniali è stato ritenuto non solo processualmente inammissibile ma anche irrilevante ai fini di una potenziale decisione diversa, mancando del carattere di “decisività”.

le conclusioni

Questa sentenza è un importante promemoria dei confini del giudizio di legittimità. Il ricorso per cassazione non è una terza istanza di merito dove poter ridiscutere i fatti. In materia di misure di prevenzione, i motivi di ricorso sono ancora più ristretti e devono concentrarsi su chiare ed effettive violazioni di norme giuridiche. La decisione conferma che una critica generica alla valutazione delle prove o il richiamo a presunte prove decisive, senza dimostrarne l’effettiva e autonoma capacità di stravolgere il giudizio, non è sufficiente a superare il vaglio di ammissibilità della Suprema Corte. I ricorrenti sono stati quindi condannati al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, a conferma della totale infondatezza delle loro censure.

In un procedimento di prevenzione, si può presentare un ricorso per cassazione per criticare la valutazione delle prove fatta dal giudice?
No, la sentenza chiarisce che il ricorso è ammesso solo per “violazione di legge”. Contestare il modo in cui il giudice ha valutato le prove (es. illogicità della motivazione) non rientra in questa categoria, poiché equivarrebbe a un riesame del merito dei fatti, non consentito in sede di legittimità.

Cos’è una “prova decisiva” e perché la richiesta di ammetterla è stata respinta in questo caso?
Una “prova decisiva” è un elemento probatorio che, da solo, potrebbe determinare una decisione completamente diversa. In questo caso, la richiesta è stata respinta per due motivi principali: primo, la legge non prevede la deducibilità del vizio di mancata assunzione di prova decisiva per i procedimenti in camera di consiglio come quello di prevenzione; secondo, le testimonianze richieste non erano considerate decisive, in quanto il loro risultato avrebbe dovuto comunque essere valutato insieme alle altre prove già acquisite, senza avere la capacità di ribaltare autonomamente l’esito del giudizio.

Qual è la conseguenza di un ricorso per cassazione ritenuto “generico”?
Un ricorso generico, ovvero che non si confronta in modo specifico e dettagliato con le argomentazioni della sentenza impugnata ma si limita a riproporre le tesi difensive, viene dichiarato inammissibile. La Corte ha ritenuto che i ricorrenti non avessero adeguatamente contestato la solida e articolata motivazione della Corte d’Appello, rendendo così il loro ricorso inefficace e non meritevole di un esame nel merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati