Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 4818 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 4818 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: dalla parte civile COGNOME NOME nato a CATANZARO il DATA_NASCITA nel procedimento a carico di: COGNOME NOME nato a CATANZARO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/12/2022 del TRIBUNALE di CATANZARO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo
udito il difensore
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IN FATTO E IN DIRITTO
Con la sentenza di cui in epigrafe il tribunale di Catanzaro, in qualità di giudice di appello, confermava la sentenza con cui il giudice di pace di Catanzaro, in data 28.11.2019, aveva assolto COGNOME NOME dal reato ex art. 612, c.p., in rubrica ascrittogli, commesso, secondo l’assunto accusatorio, in danno della costituita parte civile, COGNOME NOME.
Avverso la sentenza del tribunale, di cui chiede l’annullamento, ha proposto ricorso per cassazione il COGNOME, lamentando, con un unico motivo, violazione e/o falsa applicazione degli artt. 192, c.p.p., 612 e 43, c.p. per avere, entrambi i giudici di merito, “travisato gravemente la prova, nonché il dato e il fatto processuale, nell’escludere la responsabilità civile e penale dell’imputato”, sulla base di un’inadeguata valutazione delle risultanze processuali, nonché reso una “motivazione illogica e apparente, nonché all’evidenza apodittica sul grave turbamento della persona offesa e sulla presunta mancata limitazione psichica della parte civile”.
Ciò posto, il ricorrente, pur concludendo per l’accoglimento del ricorso, chiede, tuttavia, in via preliminare, che il ricorso stesso sia assegnato alla Sezioni civili di questa Corte di Cassazione, ai sensi dell’art. 573, co. 1-bis, c.p.p.
Con requisitoria scritta del 9.10.2023, il sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione, AVV_NOTAIO NOME COGNOME chiede che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
Con conclusioni scritte del 6.10.2023, l’AVV_NOTAIO, difensore di fiducia dell’imputato, chiede che il ricorso venga dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente alle spese di rappresentanza sostenute nel grado, ai sensi dell’art. 541, c. 2, c.p.p.
In via preliminare va rilevato che nel caso in esame non trova applicazione il disposto dell’art. 573, co. 1 bis, c.p.p., secondo cui “Quando la sentenza è impugnata per i soli interessi civili, il giudice d’appello e la Corte di cassazione, se l’impugnazione non è inammissibile, rinviano per la prosecuzione, rispettivamente, al giudice o
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alla sezione civile competente, che decide sulle questioni civili utilizzando le prove acquisite nel processo penale e quelle eventualmente acquisite nel giudizio civile.
Come affermato, infatti, dall’orientamento ormai dominante nella giurisprudenza di legittimità, l’art. 573, comma 1-bis, cod. proc. pen., introdotto dall’art. 33, comma 1, lett. a), n. 2 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, a decorrere dal 30 dicembre 2022 ex art. 6 dl. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199, riguardante la decisione delle impugnazioni per i soli interessi civili, è applicabile alle impugnazioni per i soli interessi civili proposte relativamente ai giudizi nei quali la costituzione di parte civile è intervenuta in epoca successiva al 30 dicembre 2022, data di entrata in vigore della citata disposizione ai sensi dell’art. 99-bis del predetto d. Igs. n. 150 del 2022 (cfr. Sezioni Unite n. 16076 del 25.5.2023), laddove nel caso in esame la costituzione di parte civile è intervenuta in un momento antecedente a tale data.
Tanto premesso il ricorso va dichiarato inammissibile in ragione della natura dei vizi denunciati, che non sono scrutinabili in questa sede di legittimità.
Come chiarito, infatti, dalla giurisprudenza della Suprema Corte, con un condivisibile arresto, la regola di cui all’art. 606, comma 2-bis, c.p.p., secondo cui contro le sentenze di appello pronunciate per reati di competenza del giudice di pace il ricorso per cassazione può essere proposto solo per i motivi di cui all’art. 606, comma 1, lettere a), b) e c), c.p.p., è applicabile anche al ricorso per cassazione proposto dalla parte civile, in ragione della lettera della disposizione, che non contiene alcuna distinzione, e del principio costituzionale di uguaglianza (cfr. Sez. 4, n. 38625 del 05/10/2021, Rv. 282058).
Risultano, pertanto, inammissibili, i motivi di ricorso attraverso i quali vengono espressamente denunciati vizi che connoterebbero il percorso motivazionale seguito dal giudice di appello, sotto il profilo del “travisamento della prova”, nonché del “dato e del fatto processuale” ovvero della motivazione illogica, apparente e apodittica”
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Vero è che il ricorrente fa riferimento anche ad una pretesa “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 192, c.p.p., dell’art. 612, c.p., nonché dell’art. 43, c.p., ma, al netto dell’assoluta genericità di tali rilievi, tale riferimento appare une mera “clausola di stile”, laddove, come si è detto, l’imputato con la sua impugnazione deduce vizi motivazionali. Né va taciuto che la violazione del disposto dell’art. 192, c.p.p., non può integrare una violazione di legge processuale, rilevante ai sensi dell’art.
606, lett. c), c.p.p.
Come affermato, infatti, dalla giurisprudenza di legittimità con orientamento mantenutosi fermo negli anni, condiviso dal Collegio, la specificità della disposizione di cui all’art. 606, co. 1, lett. e), c.p.p., dettata in tema di ricorso per cassazione al fine di definirne l’ammissibilità per ragioni connesse alla motivazione, esclude che la norma possa essere dilatata per effetto di regole processuali concernenti la motivazione stessa, utilizzando invece la diversa ipotesi di cui alla lett. c) dell’art. 606. L’espediente non è consentito, sia per i ristretti limiti nei quali la disposizione ora citata prevede la deducibilità per cassazione delle violazioni di norme processuali, (considerate solo se stabilite “a pena di nullità, di inutilizzabilità, di inammissibilità o di decadenza”), sia perché la puntuale indicazione contenuta nella lettera e), riferita al “testo del provvedimento impugnato”, collega in via esclusiva e specifica al limite predetto qualsiasi vizio motivazionale.
Poiché la mancata osservanza di una norma processuale in tanto ha rilevanza in quanto sia stabilita a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza, come espressamente disposto dall’art. 606, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., non è, pertanto ammissibile il motivo di ricorso in cui si deduca la violazione dell’art. 192, c.p.p., la cui inosservanza non è in tal modo sanzionata (cfr., ex plurimis, Sez. 1, n. 13528 del 11/11/1998, Rv. 212053; Sez. 4, n. 51525 del 04/10/2018, Rv. 274191).
In questa prospettiva si è, inoltre, ripetutamente precisato che va ricondotto al vizio di mancanza di motivazione di cui all’art. 606, co. 1, lett. e), c.p.p., l’omessa (o parziale) disamina delle specifiche doglianze
prospettate nei motivi di appello (cfr., ex plurimis, Sez. 6, n. 17912 del 07/03/2013, Rv. 255393; Sez. 5, n. 52619 del 05/10/2016, Rv. 268859).
6. Alla dichiarazione di inammissibilità, segue la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 3000,00 a favore della cassa delle ammende, tenuto conto della circostanza che l’evidente inammissibilità dei motivi di impugnazione non consente di ritenere quest’ultimo immune da colpa nella determinazione delle evidenziate ragioni di inammissibilità (cfr. Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000), nonché, per le medesime ragioni, alla rifusione, ai sensi dell’art. 541, co. 2, c.p.p., delle spese di rappresentanza e difesa sostenute dall’imputato nel presente giudizio, che si liquidano in complessivi euro 3500,00, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Condanna, inoltre, la parte civile alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute dall’imputato nel presente giudizio, che liquida in complessivi euro 3500,00, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma il 26.10.2023.