Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 37763 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 3 Num. 37763 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da società RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore NOME, nato a Mortegliano il DATA_NASCITA, avverso l ‘ordinanza del 01-07-2025 del Tribunale di Udine; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto annullamento con
Procuratore generale, AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’ rinvio del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
1. La società RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore NOME COGNOME, tramite il suo difensore di fiducia e procuratore speciale, ha proposto ricorso per cassazione avverso il provvedimento del 1° luglio 2025, con il quale il Tribunale di Udine , quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza della predetta società, finalizzata a ottenere sia la non opponibilità o la revoca del sequestro preventivo e della confisca disposta con la sentenza di condanna resa dal Tribunale di Udine il 28 ottobre 2021 e divenuta irrevocabile l ‘8 ottobre 2024 nei confronti di NOME COGNOME, di cui la società ricorrente è creditore ipotecario, sia l’ammissione del proprio credito al passivo della procedura di liquidazione degli immobili oggetto del provvedimento ablatorio.
Il ricorso è affidato a quattro motivi.
Con il primo, la difesa deduce l’erronea applicazione della normativa in tema di tutela del terzo creditore, osservando che il giudice dell’esecuzione ha fondato indebitamente il rigetto dell’incidente di esecuzione sul richiamo alla disciplina del titolo IV del Libro I del d. lgs. n. 159 del 2011 (cd. Codice Antimafia), senza considerare che il novellato comma 1 quater dell’art. 104 bis disp. att. cod. proc. pen. è entrato in vigore il 15 luglio 2022, ovvero in epoca successiva non solo all’iscrizione del sequestro preventivo e all’emissione della sentenza del Tribunale di Udine che ha disposto la confisca dell’immobile di COGNOME, ma anche all’iscrizione di tutti i diritti r eali di garanzia acquisiti dalla società ricorrente.
Con il secondo motivo, si censur a l’ordinanza impugnata nella misura in cui ha omesso di accertare, come richiesto dalla richiamata giurisprudenza di legittimità (il riferimento è alla sentenza n. 3250/2020), la presunta strumentalità del diritto di credito fatto valere dalla RAGIONE_SOCIALE rispetto all’illecito contestato all’imputato, non essendo emersa alcuna evidenza in tal senso .
Con il terzo motivo, correlato al precedente, la difesa lamenta la mancata verifica, da parte del giudice dell’esecuzione, del dato concernente l’anteriorità del credito originario (2004), sulla base del quale si fonda il relativo diritto reale di garanzia poi ceduto, rispetto alla trascrizione del sequestro (2019).
A ciò si aggiunge che, essendo quella del cedente la buona fede rilevante in caso di cessione del credito, a maggior ragione è assolutamente illogico ipotizzare una qualche surrettizia precostituzione da parte dell’istituto di credito già dal 2004, in considerazione di reati posti in essere più di dieci anni dopo.
Con il quarto motivo, infine, si contesta, sotto il duplice profilo del vizio di motivazione e dell’inosservanza della legge penale, l’affermazione dell’ordinanza impugnata, secondo cui sarebbe stato onere della parte istante dare prova della sussistenza del credito, rilevandosi in pro posito che l’origine del credito della
ricorrente non solo è provata dal contratto del 20 marzo 2009, ma è consacrata in un titolo giudiziario, per cui sulla sussistenza del credito non vi sarebbero dubbi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso di legittimità deve essere riqualificato come opposizione, ai sensi dell’art. 667, comma 4, cod. proc. pen., con conseguente trasmissione degli atti al giudice dell’esecuzione per il prosieguo della procedura.
Deve innanzitutto premettersi al riguardo che il Tribunale di Udine in funzione di giudice dell’esecuzione, ai sensi del combinato disposto degli art. 676, comma 1, secondo periodo, e 667, comma 4, cod. proc. pen. (il primo dei quali richiama il secondo), avrebbe dovuto provvedere senza formalità, mentre nel caso di specie ha trasformato il procedimento de plano in procedimento camerale partecipato. La mancata adozione della fase preliminare de plano , prevista dall’art. 667, comma 4, cod. proc. p en., prima dell’eventuale svolgimento dell’ordinaria procedura camerale in sede esecutiva, non costituisce tuttavia causa di nullità, non essendo ciò previsto dalla legge e dovendo, perciò, ritenersi operante il principio di tassatività della nullità enunc iato dall’art. 177 cod. proc. pen. Non sono infatti configurabili le nullità di ordine generale ex art. 178 dello stesso codice, poiché le garanzie di contraddittorio e difesa sono estranee nella fase preliminare de plano e trovano attuazione solo nel procedimento in camera di consiglio di cui all’art. 666 cod. proc. pen. (cfr. Sez. 3, n. 49317 del 27/10/2015, Rv. 265539). Posto tale principio, la giurisprudenza di legittimità si è però divisa in ordine al rimedio applicabile nel caso di decisione assunta non de plano , nei casi previsti, ma in contraddittorio. Secondo un primo indirizzo, è immediatamente proponibile ricorso per cassazione avverso il provvedimento con il quale il giudice dell’esecuzione abbia irritualmente provveduto a norma dell’art. 666, comma 3, cod. proc. pen. anziché de plano come previsto, giacché la procedura immediatamente adottata, pur non rispettosa dell’art. 676 cod. proc. pen., pone in essere un’anticipata garanzia del contraddittorio, introducibile a rigore solo a seguito dell’opposizione dell’interessato avverso il provvedimento adottato de plano (cfr. Sez. 6, n. 45326 del 25/10/2007, Rv. 238157). L’immediato ricorso al giudice di legittimità, inoltre, non sarebbe impedito dalla previsione di una doppia valutazione del merito esecutivo, atteso che il valore giuridico tutelato dall’art. 667, comma 4, cod. proc. pen., è il contraddittorio, e non il doppio grado di merito. Tuttavia, in base a un secondo più recente e prevalente indirizzo della giurisprudenza di legittimità, che il Collegio condivide, avverso il provvedimento del giudice dell’esecuzione – sia che questi abbia deciso de plano ai sensi dell’art. 667, comma 4, cod. proc. pen., sia che abbia provveduto irritualmente nelle forme
dell’udienza camerale ex art. 666 cod. proc. pen. – è prevista solo la facoltà di proporre opposizione, sicché come tale deve essere riqualificato l’eventuale ricorso per cassazione proposto avverso il suddetto provvedimento, nel rispetto del principio generale della conservazione degli atti giuridici e del favor impugnationis , con conseguente trasmissione degli atti al giudice competente (Sez. 3, n. 49317 del 27/10/2015, Rv. 265538-01, Sez. 6, n. 13445 del 12/02/2014, Rv. 259454). Ciò in base al rilievo che, in caso contrario, l’interessato si vedrebbe comunque privato della fase del ‘riesame’ del provvedimento da parte del giudice dell’esecuzione, il quale, al contrario del giudice di legittimità, ha cognizione piena delle doglianze ed è il giudice deputato a prendere in esame tutte le questioni e le istanze (anche istruttorie) – queste ultime precluse nel giudizio di legittimità – che il ricorrente non sia stato in grado di sottoporre a un giudice di merito, in quanto sostanzialmente privato di un grado di giudizio in una materia per la quale il legislatore ha previsto la fase dell’opposizione proprio in ragione della sua peculiarità (cfr. Sez. 2, n. 12899 del 31/03/2022, Rv. 283061, in cui vi è ampiezza di richiami delle coordinate interpretative di riferimento della materia).
Tanto chiarito, deve dunque ribadirsi che, come ricordato nell’ultima pronuncia citata (Rv. 283061, e come rilevato anche da Sez. 1, n. 3063 del 15/09/2023, dep. 2024, Rv. 285720), il ricorso per cassazione, rimedio diverso da quello previsto dalla legge ( l’opposizione), non deve essere dichiarato inammissibile, ma deve essere convertito in opposizione, ai sensi dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., e trasmesso al giudice dell’esecuzione, ciò nel rispetto del principio generale della conservazione degli atti giuridici e del favor impugnationis , non potendo l’erroneo nomen iuris attribuito dalla parte al mezzo di gravame pregiudicare la possibilità di avere una seconda pronuncia di merito sulle dedotte doglianze.
In applicazione di tali premesse ermeneutiche, l’odierno ricorso per cassazione deve essere pertanto riqualificato, a norma dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., in opposizione ai sensi dell’art. 667, comma 4, cod. proc. pen., con trasmissione degli atti al Tribunale di Udine affinché proceda alla necessaria fase dell’opposizione ex art. 667, comma quarto, cod. proc. pen.
P.Q.M.
Qualificata l’impugnazione come opposizione, dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Udine.
Così deciso il 06.11.2025
Il consigliere estensore Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME