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Ricorso per cassazione concordato: motivi ammessi

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4108/2024, ha dichiarato inammissibile un ricorso per cassazione avverso una sentenza di patteggiamento in appello. La Corte ha ribadito che, in caso di concordato, non è possibile contestare il ‘quantum’ della pena, poiché tale doglianza rientra tra i motivi a cui l’imputato rinuncia implicitamente aderendo all’accordo.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso per cassazione dopo il concordato in appello: quali sono i limiti?

Il ricorso per cassazione rappresenta l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma il suo accesso non è illimitato, specialmente dopo che le parti hanno raggiunto un accordo sulla pena in appello. Con l’ordinanza in commento, la Corte di Cassazione chiarisce i confini di ammissibilità di tale impugnazione, stabilendo quali doglianze possono essere sollevate e quali, invece, si intendono rinunciate con l’adesione al concordato.

I fatti di causa e il ricorso dell’imputato

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza emessa dalla Corte d’Appello ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale, ovvero una sentenza che recepisce un “concordato in appello”. L’imputato, non soddisfatto della decisione, ha adito la Suprema Corte lamentando, in sostanza, una mancata motivazione da parte del giudice d’appello riguardo alla quantificazione della pena concordata (il cosiddetto quantum della pena).

La questione giuridica sottoposta alla Corte era quindi la seguente: è possibile contestare davanti alla Cassazione la misura della pena stabilita in una sentenza che è frutto di un accordo tra l’imputato stesso e la pubblica accusa?

La decisione della Cassazione sul ricorso per cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso per cassazione manifestamente inammissibile, confermando un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato. I giudici hanno proceduto de plano, ovvero con una procedura semplificata data l’evidenza della questione, senza la necessità di un’udienza formale.

La Corte ha stabilito che l’impugnazione contro una sentenza emessa a seguito di concordato in appello è soggetta a limiti molto stringenti. Le contestazioni relative a profili che si considerano implicitamente superati dall’accordo, come la valutazione della misura della pena, non possono essere riproposte in sede di legittimità.

Le motivazioni giuridiche

Il cuore della decisione risiede nella natura stessa del concordato in appello. Si tratta di un accordo processuale con cui l’imputato, in cambio di una riduzione della pena, rinuncia a portare avanti tutti i motivi di appello. La Cassazione ha ricordato che il ricorso avverso la sentenza ex art. 599-bis c.p.p. è ammissibile solo per motivi molto specifici, quali:

1. Vizi della volontà: se il consenso dell’imputato o del pubblico ministero all’accordo è stato viziato.
2. Contenuto difforme: se la pronuncia del giudice si discosta da quanto concordato tra le parti.
3. Illegalità della pena: se la sanzione inflitta è illegale, ovvero diversa per specie da quella prevista dalla legge o determinata fuori dai limiti edittali.

Al di fuori di queste ipotesi, ogni altra doglianza è inammissibile. In particolare, sono escluse le contestazioni relative a:

* Motivi rinunciati: come la valutazione sulla congruità della pena, che è l’oggetto principale dell’accordo.
* Mancata valutazione per il proscioglimento: l’eventuale sussistenza delle condizioni per un proscioglimento immediato ai sensi dell’art. 129 c.p.p.

Nel caso specifico, la critica dell’imputato sulla mancata motivazione del quantum della pena rientrava pienamente tra i motivi rinunciati. Accettando il concordato, l’imputato ha implicitamente accettato la pena proposta come congrua, perdendo quindi il diritto di contestarla successivamente.

Conclusioni e implicazioni pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale per la difesa tecnica: la scelta di aderire a un concordato in appello è strategica e comporta conseguenze processuali definitive. L’imputato e il suo difensore devono essere pienamente consapevoli che l’accordo sulla pena implica una rinuncia a far valere gran parte dei motivi di impugnazione. Il ricorso per cassazione rimane una via percorribile solo per vizi genetici dell’accordo o per palesi illegalità della sanzione, ma non per rimettere in discussione il merito della quantificazione della pena, che è stato cristallizzato proprio dall’accordo stesso. La decisione, quindi, rafforza la stabilità delle sentenze emesse a seguito di concordato, incentivando una valutazione ponderata e consapevole prima di intraprendere questa strada processuale.

È sempre possibile fare ricorso per cassazione contro una sentenza di ‘concordato in appello’?
No, il ricorso per cassazione avverso una sentenza emessa a seguito di concordato in appello (art. 599-bis c.p.p.) è ammesso solo per motivi specifici e limitati, non per qualsiasi doglianza.

Quali sono i motivi validi per impugnare una sentenza di concordato in Cassazione?
Secondo la Corte, i motivi ammissibili riguardano vizi nella formazione della volontà della parte di accedere all’accordo, nel consenso del pubblico ministero, o nel caso in cui la pronuncia del giudice sia difforme da quanto pattuito. È inoltre ammesso se la pena applicata è illegale (ad es. diversa da quella prevista dalla legge o fuori dai limiti edittali).

Si può contestare in Cassazione la misura della pena concordata in appello?
No, non è possibile. La Corte ha chiarito che le doglianze relative alla mancata motivazione sul quantum della pena sono inammissibili, in quanto l’accordo sulla misura della sanzione è l’oggetto stesso del concordato e, aderendovi, l’imputato rinuncia a contestarla.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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