Ricorso per Cassazione Avvocato: Perché è Obbligatorio e Cosa Rischia chi Fa da Sé
L’assistenza di un legale qualificato è un pilastro del nostro sistema giudiziario, specialmente nei gradi più alti di giudizio. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: per presentare un ricorso per cassazione, l’avvocato non è un’opzione, ma un requisito indispensabile. La decisione analizza il caso di un cittadino che, agendo personalmente, ha visto il suo ricorso respinto senza nemmeno entrare nel merito, con conseguente condanna a spese e sanzioni. Analizziamo i dettagli di questa pronuncia per capire le sue implicazioni pratiche.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine dalla decisione di un cittadino di impugnare personalmente un’ordinanza emessa dal Tribunale di Sorveglianza di Venezia. Quest’ultimo aveva confermato un decreto di espulsione emesso in precedenza dal Magistrato di Sorveglianza. Convinto delle proprie ragioni, il soggetto ha presentato direttamente ricorso alla Corte di Cassazione, senza affidarsi a un difensore.
Questo atto, apparentemente un esercizio del proprio diritto di difesa, si è scontrato con una precisa e inderogabile norma procedurale che regola l’accesso al giudizio di legittimità.
La Decisione della Corte e il ruolo del ricorso per cassazione con avvocato
La Suprema Corte, con l’ordinanza del 14 novembre 2024, ha tagliato corto, dichiarando il ricorso immediatamente inammissibile. La decisione non si è basata sul merito delle argomentazioni del ricorrente, ma su un vizio formale insuperabile: la mancanza della firma di un difensore iscritto all’albo speciale per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori.
I giudici hanno richiamato la riforma introdotta con la legge n. 103 del 2017, che, a partire dal 3 agosto 2017, ha modificato il codice di procedura penale. Questa legge ha stabilito chiaramente che qualsiasi ricorso per cassazione deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un avvocato cassazionista. Il fai-da-te legale, in questo contesto, non è più consentito.
Le Motivazioni della Sentenza
La motivazione della Corte è netta e si fonda su due pilastri. Il primo è il dato normativo inequivocabile dell’art. 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale, come introdotto dalla citata legge. La norma non lascia spazio a interpretazioni: la difesa tecnica è obbligatoria. Questo principio era già stato cristallizzato da una pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione (sentenza n. 8914 del 2018), che aveva risolto ogni dubbio interpretativo.
Il secondo pilastro riguarda la condanna del ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. La Corte ha specificato che, a diversi anni dall’entrata in vigore della legge, l’ignoranza di questa regola procedurale non è più scusabile. Si configura, quindi, un profilo di colpa nel comportamento del ricorrente, che, tentando di agire in autonomia, ha promosso un ricorso privo di ogni possibilità di successo, giustificando l’applicazione della sanzione pecuniaria.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame è un monito severo sull’importanza della difesa tecnica qualificata. Chiunque intenda adire la Corte di Cassazione deve necessariamente rivolgersi a un avvocato abilitato al patrocinio presso le giurisdizioni superiori. Tentare di agire personalmente non solo garantisce il fallimento dell’iniziativa processuale, con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, ma espone anche a conseguenze economiche significative, come la condanna alle spese e a una pesante sanzione. La giustizia “fai da te” davanti alla Suprema Corte è una strada chiusa e costosa.
È possibile presentare personalmente un ricorso per cassazione in materia penale?
No. A partire dal 3 agosto 2017, la legge n. 103/2017 ha reso obbligatoria la sottoscrizione del ricorso da parte di un avvocato iscritto all’albo speciale della Corte di Cassazione. Un ricorso presentato personalmente è inammissibile.
Qual è la conseguenza di un ricorso per cassazione non firmato da un avvocato abilitato?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile dalla Corte. Ciò significa che i giudici non esamineranno il merito della questione sollevata, ma si fermeranno alla verifica del requisito formale, respingendo l’atto in via preliminare.
Cosa succede se un ricorso viene dichiarato inammissibile per questo motivo?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, come nel caso di specie, può essere condannato anche a versare una sanzione pecuniaria (nella fattispecie, tremila euro) alla Cassa delle ammende, a causa della colpa nell’aver presentato un ricorso senza rispettare le regole procedurali.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10122 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10122 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il 25/11/1993
avverso l’ordinanza del 05/03/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di VENEZIA
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udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RILEVATO
che NOME COGNOME ricorre personalmente avverso l’ordinanza in epigrafe, con la quale il Tribunale di sorveglianza di Venezia ha rigettato l’opposizione all’espulsione disposta, ai sensi dell’art. 16, comma 5, d.lgs. n. 286/98, dal Magistrato di sorveglianza di Venezia con decreto del 31 ottobre 2023;
CONSIDERATO
che il ricorso personale per cassazione, a partire dal 3 agosto 2017, giorno dell’entrata in vigore della legge n. 103 del 2017, non è più consentito; che, infatti, con la suddetta legge è stato previsto che il ricorso di legittimi avverso qualsiasi tipo di provvedimento dev’essere in ogni caso sottoscritto, a pena d’inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte d cassazione (Sez. U, n. 8914 del 21/12/2017, dep. 23/2/2018, Aiello, Rv. 272010);
RITENUTO
pertanto, che il ricorso, a norma dell’art. 610, comma 5 -bis, cod. proc. pen. (introdotto dalla citata legge n. 103 del 2017), deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non potendosi più escludere, a distanza di qualche anno dall’entrata in vigore della legge n. 103/17, profili di colpa che giustifichino la condanna al pagamento di tale ulteriore sanzione (Corte cost. n. 186 del 2000);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 14 novembre 2024
Il Consigliere estensore