Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 19548 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 19548 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/03/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: RAGIONE_SOCIALE quale persona giuridica imputata ex art. 24 d. Igs. 231/2001 nonché quale terza proprietaria delle cose sequestrate avverso il verbale di sequestro preventivo del 4/12/2023 della GdF Nucleo PEF Palermo
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
La difesa della persona giuridica RAGIONE_SOCIALE, quale persona giuridica imputata ai sensi dell’art. 24 d. Igs. 231/2001 e come terza interessata alla restituzione dei beni e dei valori in sequestro, ha proposto ricorso avverso il verbale di sequestro preventivo e di restituzione redatto dalla polizia giudiziaria indicato in premessa, denunciandone l’abnormità.
Con il ricorso a firma dell’AVV_NOTAIO, nell’interesse della persona giuridica imputata per l’illecito amministrativo, si deduce l’abnormità dell’atto redatto dalla polizia giudiziaria, in quanto espressivo dell’esercizio di una funzione – quella riguardante l’emissione sostanziale di un nuovo decreto di sequestro e di un atto di restituzione di cose già sequestrate – riservata all’autorità giurisdizionale ed esercitata al di fuori dei poteri attributi alla polizia giudiziari ciò legittimerebbe il ricorso proposto poiché, pur trattandosi di atto non giurisdizionale, di certo invade l’area dei poteri spettanti all’autorità giurisdizionale (non potendo valere a sanare l’operato della P.G. il richiamo alla condivisione e sostanziale autorizzazione ad eseguire le operazioni descritte, da parte dell’ufficio del P.M.); infine, neppure poteva evocarsi la prosecuzione di un’attività meramente esecutiva (esaltando la riapertura dell’originario verbale di sequestro) avendo già individuato nella prima fase di esecuzione i beni da sottoporre al sequestro finalizzato alla confisca, ponendosi ulteriormente fuori da ogni legittima area d’operatività le successive operazioni documentate.
Con autonomo ricorso, sostenuto dalle medesime argomentazioni, l’AVV_NOTAIO, nell’interesse della RAGIONE_SOCIALE, quale terza proprietaria dei beni sequestrati, ha denunciato l’abnormità dell’atto impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Entrambi i ricorsi sono inammissibili.
1.1. L’ abnormità è categoria giurisprudenziale che concerne i provvedimenti emessi dall’autorità giudiziaria (Sez. unite, n. 34536 del 11/07/2001, COGNOME, Rv. 219598 – 01); in taluni specifici casi, si è ritenuto che tale vizio consenta l’impugnazione in sede di legittimità anche dei provvedimenti emessi dal P.M., a condizione dell’accertata invasione dei poteri spettanti al giudice, con l’illegittima sostituzione alle prerogative dell’autorità giudicante (Sez. 6, n. 39442 del 14/07/2017, COGNOME, Rv. 271195 – 01).
Di certo, in nessuna precedente occasione si è affrontato il profilo della proposizione del ricorso in Cassazione, sotto il profilo dell’abnormità, di atti redatti dalla polizia giudiziaria.
1.2. La categoria dell’abnormità degli atti processuali si caratterizza per l’intima connessione con il principio desumibile dagli artt. 177 e 586 cod. proc. pen.: la tassatività delle ipotesi di nullità degli atti e dei mezzi di impugnazione ha condotto la giurisprudenza ad individuare nella figura dell’abnormità lo strumento per garantire il diritto dell’impugnazione diretta davanti alla Corte di Cassazione
dei “provvedimenti” che si caratterizzano per la deviazione, strutturale o funzionale, dagli schemi predisposti dal legislatore (Sez. Unite, n. 25957 del 26/03/2009, Toni, Rv. 243590 – 01).
Pur volendo accostare la presente fattispecie a quella dell’atto del P.M. che invade i poteri dell’autorità giurisdizionale, come correttamente osservato dal P.G. nelle sue conclusioni non ricorrono le condizioni per una siffatta equiparazione: la polizia giudiziaria, a fbnte del decreto di sequestro preventivo emesso, ha proceduto, sulla scorta di nuove emergenze fattuali accertate nel corso delle indagini, alla materiale individuazione dei beni da apprendere, nei limiti del valore indicato nel provvedimento del Giudice come corrispondente al profitto del contestato delitto di truffa aggravata, senza che sia apprezzabile alcuna ingerenza degli organi di polizia nelle prerogative giurisdizionali.
Né può evocarsi il pericolo che si venga a determinare un vuoto di tutela per la parte incisa dall’atto posto in essere dalla polizia giudiziaria (ritenuto lesivo degli interessi della parte che abbia subito l’esecuzione del sequestro), in difetto della possibilità di proporre ricorso in sede di legittimità avverso quell’ atto; in quella situazione processuale va riconosciuta l’esistenza dello strumento – che salvaguarda l’interesse della parte che ha subito il sequestro – dell’istanza al P.m. (e, successivamente in caso di parere negativo del P.M., al giudice che procede) ex art. 321, comma 3, cod. proc. pen., finalizzata alla revoca del disposto sequestro preventivo, e quindi alla restituzione di quanto sequestrato; avverso il provvedimento del giudice che procede, opera poi il sistema delle impugnazioni incidentali ex artt. 322 e ss. cod. proc. pen.
Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi, consegue la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che si ritiene equa, di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 14/3/2024