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Ricorso penale inammissibile: i motivi della Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5719/2024, ha dichiarato un ricorso penale inammissibile per manifesta mancanza di specificità. La decisione sottolinea che le doglianze generiche, volte a una mera rivalutazione dei fatti o infondate sul trattamento sanzionatorio, non superano il vaglio di legittimità, confermando la condanna della ricorrente al pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Penale Inammissibile: Quando la Cassazione Chiude la Porta

Nell’ambito del diritto processuale penale, la presentazione di un ricorso in Cassazione rappresenta l’ultimo grado di giudizio, un’opportunità cruciale per contestare una sentenza. Tuttavia, l’accesso a questa fase è tutt’altro che scontato. Con la recente ordinanza n. 5719 del 2024, la Suprema Corte ha ribadito i rigorosi requisiti di ammissibilità, dichiarando un ricorso penale inammissibile per la sua genericità. Questa decisione offre spunti fondamentali sull’importanza della specificità degli atti di impugnazione.

La Vicenda Processuale

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un’imputata avverso una sentenza della Corte d’Appello di Roma. La difesa contestava la decisione di secondo grado su tre fronti principali: l’affermazione della responsabilità penale per insufficienza di prove, la valutazione degli elementi costitutivi del reato e, infine, il trattamento sanzionatorio applicato, inclusa la dosimetria della pena e il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.

L’Analisi della Corte: le ragioni del ricorso penale inammissibile

La Corte di Cassazione ha esaminato i tre motivi di ricorso, ritenendoli tutti, per ragioni diverse, non meritevoli di un esame nel merito. L’ordinanza smonta punto per punto le argomentazioni difensive, evidenziando una carenza strutturale che rende l’intero atto inidoneo a superare il vaglio di ammissibilità.

La Genericità dei Primi Due Motivi

Il primo motivo, relativo alla responsabilità penale, è stato giudicato del tutto privo dei requisiti di specificità richiesti dall’articolo 581 del codice di procedura penale. La Corte ha sottolineato come l’atto si limitasse a deduzioni generiche, senza enunciare in modo puntuale le ragioni di diritto, le questioni irrisolte e i riferimenti pertinenti alla motivazione della sentenza impugnata. In sostanza, non consentiva al giudice di individuare con chiarezza i rilievi mossi.

Analogamente, il secondo motivo, incentrato sulla prova degli elementi del reato, è stato ritenuto un tentativo mascherato di ottenere una nuova valutazione delle fonti di prova, un’operazione preclusa al giudice di legittimità. Il ricorso, secondo la Corte, non individuava specifici e decisivi travisamenti delle risultanze processuali, ma si limitava a proporre una ricostruzione alternativa dei fatti, estranea al sindacato della Cassazione.

L’Infondatezza del Motivo sul Trattamento Sanzionatorio

Anche il terzo motivo è stato respinto. La Corte ha affermato che i giudici di merito avevano correttamente esercitato la loro discrezionalità sia nella determinazione della pena sia nella negazione delle attenuanti generiche. Per quanto riguarda la dosimetria, è stato ribadito che, quando la pena è inferiore alla media edittale, una motivazione basata su espressioni come “pena congrua” o “pena equa” è sufficiente. Riguardo alle attenuanti, i giudici non sono tenuti a esaminare ogni singolo elemento favorevole, essendo sufficiente un riferimento agli elementi negativi decisivi o all’assenza di elementi positivi.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La motivazione centrale della decisione risiede nel principio secondo cui il giudizio di Cassazione non è un terzo grado di merito. Il suo compito non è rivalutare i fatti, ma assicurare l’uniforme interpretazione e la corretta applicazione della legge. Un ricorso che non si attiene a questa logica, ma che cerca di rimettere in discussione l’apprezzamento delle prove fatto dai giudici dei gradi precedenti, è destinato a essere dichiarato inammissibile. La Corte ha evidenziato che la difesa non ha saputo trasformare le sue lamentele in specifiche censure di violazione di legge o vizio di motivazione, come richiesto dalla procedura.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame è un monito per gli operatori del diritto: la redazione di un ricorso per cassazione richiede un’attenzione meticolosa ai requisiti di specificità. Non basta dissentire dalla decisione impugnata; è necessario articolare le proprie critiche in motivi chiari, pertinenti e giuridicamente fondati, che attengano ai vizi tassativamente previsti dalla legge. Un atto generico o che mira a una rivalutazione del merito non solo è inefficace, ma comporta anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come avvenuto nel caso di specie con la condanna al versamento di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Cosa rende un ricorso penale inammissibile per mancanza di specificità?
Un ricorso è inammissibile quando presenta deduzioni generiche, senza una puntuale enunciazione delle ragioni di diritto, delle questioni che si assumono irrisolte e dei correlati congrui riferimenti alla motivazione dell’atto impugnato, impedendo di fatto al giudice di individuare i precisi rilievi mossi.

La Corte di Cassazione può riesaminare le prove e i fatti di un processo?
No, la Corte di Cassazione non può effettuare una rivalutazione delle fonti probatorie o un’alternativa ricostruzione dei fatti. Il suo sindacato è limitato alla verifica della corretta applicazione della legge e alla logicità della motivazione, non può fungere da giudice di merito di terza istanza.

Come deve essere motivata l’applicazione di una pena inferiore alla media?
Secondo la Corte, quando viene irrogata una pena inferiore alla media edittale, non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione. L’onere argomentativo del giudice è adeguatamente assolto attraverso il richiamo a elementi ritenuti decisivi o con l’uso di espressioni come “pena congrua” o “pena equa”.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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