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Ricorso pena concordata: quando è inammissibile?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 1745/2024, ha dichiarato inammissibile un ricorso contro una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (pena concordata). Il ricorso si basava sulla presunta mancata verifica da parte del giudice di merito dell’estraneità dell’imputato ai fatti. La Suprema Corte ha ribadito che il ricorso pena concordata è ammissibile solo per vizi specifici, come quelli relativi alla formazione della volontà, e non per contestare la valutazione di merito, che si intende rinunciata con l’accordo.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Pena Concordata: La Cassazione Chiarisce i Limiti dell’Impugnazione

L’istituto della pena concordata, comunemente noto come patteggiamento, rappresenta uno strumento fondamentale nel nostro ordinamento processuale penale per definire rapidamente il procedimento. Tuttavia, quali sono i limiti per contestare la sentenza che ne deriva? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 1745/2024) offre un’importante delucidazione sui motivi che rendono un ricorso pena concordata inammissibile, ribadendo principi giurisprudenziali consolidati.

I Fatti del Caso: Dalla Corte d’Appello alla Cassazione

Il caso trae origine da una sentenza della Corte di Appello di Roma, con la quale veniva applicata a un imputato la pena concordata tra le parti in relazione ai reati a lui ascritti. Successivamente, il difensore dell’imputato proponeva ricorso per cassazione, lamentando una specifica violazione di legge.

L’Impugnazione e i Motivi del Ricorso

Il ricorrente sosteneva che il giudice d’appello non avesse adempiuto a un obbligo fondamentale: verificare l’insussistenza di cause di proscioglimento prima di ratificare l’accordo sulla pena. Secondo la difesa, le emergenze processuali indicavano chiaramente l’estraneità dell’imputato ai reati contestati. Di conseguenza, si chiedeva alla Suprema Corte di annullare la sentenza per la mancata valutazione di questi elementi, che avrebbero dovuto condurre a un’assoluzione anziché a una condanna, seppur patteggiata.

La Decisione della Corte: Il Ricorso Pena Concordata è Inammissibile

La Corte di Cassazione ha respinto la tesi difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un’interpretazione rigorosa dell’art. 599-bis del codice di procedura penale, che disciplina l’appello (e per estensione il ricorso in cassazione) contro le sentenze di patteggiamento.

Le motivazioni: i principi di diritto sul ricorso pena concordata

Nelle motivazioni, i giudici supremi hanno chiarito in modo inequivocabile i confini entro cui un ricorso pena concordata può essere considerato ammissibile. La Corte ha ribadito che l’impugnazione contro una sentenza emessa ex art. 599-bis c.p.p. è consentita solo per motivi strettamente circoscritti, quali:

1. Vizi nella formazione della volontà della parte di accedere al concordato.
2. Problemi relativi al consenso del pubblico ministero.
3. Un contenuto della pronuncia difforme rispetto all’accordo raggiunto tra le parti.

Al di fuori di queste ipotesi, le doglianze sono inammissibili. In particolare, la Corte ha specificato che non possono essere oggetto di ricorso le questioni relative a motivi cui la parte ha implicitamente rinunciato con l’accordo. Tra questi rientrano proprio la mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento previste dall’art. 129 c.p.p. e i vizi legati alla determinazione della pena, a meno che non si tratti di una sanzione illegale (ad esempio, una pena fuori dai limiti edittali o di specie diversa da quella prevista dalla legge).

Con l’accordo, l’imputato accetta una rapida definizione del processo in cambio di uno sconto di pena, rinunciando a contestare nel merito le accuse. Pretendere che il giudice di legittimità riesamini elementi di fatto, come l’estraneità dell’imputato ai reati, significherebbe snaturare la funzione stessa del patteggiamento.

Le conclusioni: implicazioni pratiche

La pronuncia in esame conferma un orientamento giurisprudenziale consolidato e serve da monito per la difesa. La scelta di accedere a una pena concordata è una decisione strategica che comporta la rinuncia a far valere determinate questioni nel merito. L’impugnazione successiva non può diventare un pretesto per riaprire una discussione sui fatti del processo. Di conseguenza, chi intende presentare un ricorso pena concordata deve fondarlo esclusivamente sui vizi procedurali specificamente previsti dalla legge, pena la declaratoria di inammissibilità, con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie.

È sempre possibile impugnare una sentenza di pena concordata (patteggiamento)?
No, non è sempre possibile. L’impugnazione è ammessa solo per motivi specifici e limitati, come vizi nella formazione della volontà di patteggiare, nel consenso del pubblico ministero, o se la sentenza è difforme dall’accordo.

Si può contestare con il ricorso per cassazione la mancata assoluzione per prove di innocenza in un patteggiamento?
No. Secondo questa ordinanza, la mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento (come l’evidente innocenza dell’imputato) rientra tra i motivi a cui si rinuncia con l’accordo sulla pena e, pertanto, non può essere una ragione valida per un ricorso.

Cosa accade se il ricorso contro una sentenza di pena concordata viene dichiarato inammissibile?
In caso di inammissibilità, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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