Ricorso Patteggiamento: I Limiti Stretti dell’Impugnazione
L’istituto del patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, rappresenta una delle vie più comuni per la definizione dei procedimenti penali. Tuttavia, una volta raggiunto l’accordo e ottenuta la sentenza del giudice, le possibilità di ripensamento sono molto limitate. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini invalicabili del ricorso patteggiamento, confermando che non ogni doglianza può portare a una revisione della decisione.
I Fatti del Caso: Una Pena Contestata
Il caso in esame riguarda un imputato che, dopo aver concordato una pena di sei anni e sei mesi di reclusione e una multa, ha presentato ricorso in Cassazione. Il motivo della contestazione era una presunta difformità tra l’accordo raggiunto con il pubblico ministero e la sentenza emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari. Nello specifico, l’imputato sosteneva che la multa concordata fosse di € 7.667,00, mentre la sentenza aveva applicato una pena pecuniaria di € 9.500,00.
La Decisione della Cassazione sul Ricorso Patteggiamento
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso totalmente inammissibile. La decisione si fonda su un’analisi rigorosa dei motivi per cui è consentito impugnare una sentenza di patteggiamento, motivi che sono stati significativamente ristretti dalla normativa vigente.
Le Motivazioni della Suprema Corte
Il fulcro della decisione risiede nell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma elenca tassativamente i motivi per cui è possibile presentare ricorso contro una sentenza di patteggiamento. Essi includono:
1. Un vizio nell’espressione della volontà dell’imputato di patteggiare.
2. Il difetto di correlazione tra la richiesta delle parti e la sentenza del giudice.
3. L’errata qualificazione giuridica del fatto contestato.
4. L’illegalità della pena applicata o della misura di sicurezza.
La Corte ha osservato che la lamentela dell’imputato, pur essendo presentata come un ‘difetto di correlazione’, non rientrava in realtà in nessuna di queste categorie. I giudici hanno verificato gli atti processuali, in particolare il verbale di udienza, dal quale emergeva chiaramente che la richiesta di pena, poi accolta dal collegio, era esattamente quella di sei anni e sei mesi di reclusione e € 9.500,00 di multa. Non vi era quindi alcuna discrepanza tra quanto richiesto e quanto deciso.
Inoltre, la Cassazione ha ribadito un principio consolidato, avvalorato anche dalle Sezioni Unite: la valutazione sulla correttezza della pena concordata, una volta approvata dal giudice di merito, non può essere oggetto di censura in sede di legittimità, a meno che non si tratti di una pena contra legem, cioè palesemente illegale. Nel caso di specie, la pena era del tutto legittima.
Le Conclusioni: Conseguenze e Principio di Diritto
La declaratoria di inammissibilità ha comportato conseguenze economiche per il ricorrente. Essendo evidente la colpa nella proposizione di un ricorso privo di fondamento, è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle Ammende.
Questa ordinanza rafforza un principio fondamentale: l’accordo raggiunto con il patteggiamento è quasi tombale. Il ricorso patteggiamento è un rimedio eccezionale, esperibile solo per vizi specifici e gravi. Una semplice divergenza sulla quantificazione della pena, se non supportata da prove concrete e se smentita dagli atti ufficiali, non è sufficiente per rimettere in discussione la sentenza.
È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento se si ritiene che la pena applicata sia diversa da quella concordata?
No, se la discrepanza è solo prospettata dal ricorrente ma smentita dagli atti processuali. La Corte di Cassazione, nel caso specifico, ha verificato dal verbale d’udienza che la pena applicata corrispondeva a quella effettivamente richiesta, rendendo il motivo di ricorso infondato.
Quali sono i motivi validi per presentare un ricorso patteggiamento in Cassazione?
Secondo l’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., i motivi sono limitati a: problemi nell’espressione della volontà dell’imputato, difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, erronea qualificazione giuridica dei fatti, e illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Cosa succede se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali. Inoltre, se emerge che il ricorso è stato proposto per colpa (cioè in modo temerario o negligente), il ricorrente può essere condannato al pagamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 31314 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 31314 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: IMPERIALI COGNOME
Data Udienza: 24/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a LEGNAGO il 16/11/1996
avverso la sentenza del 31/03/2025 del GIP TRIBUNALE di VERONA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
ricorso trattato de plano
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME COGNOME ricorre contro la sentenza indicata in epigrafe che, a norma degli artt. 444 e seguenti cod. proc. pen., ha applicato nei suoi confronti la pena concordata tra le parti, in ordine ai reati di cui agli artt. 81, 316 ter cod. pen., 640 comma 2 n. cod. pen. , 81, 648 ter.1 cod. pen., ritenuti in continuazione tra loro, ed a sostegno del ricorso deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione per essere stata determinata la pena in anni sei e mesi sei di reclusione ed euro 9.500,00 di multa, in difformità dall’accordo delle parti, che prevedeva una pena finale di anni sei e mesi sei di reclusione ed euro 7.667,00 dì multa
All’odierna udienza, celebrata senza formalità, il collegio ha deciso come da dispositivo in atti.
Il ricorso è inammissibile perché proposto per un motivo che non rientra tra quelli consentiti ex art. 448, comma 2-bis cod. proc. pen., che limita l’impugnazione della sentenza di patteggiamento ai soli motivi attinenti l’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, all’erronea qualificazion giuridica dell fatti e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza: anche il difett correlazione tra richiesta e sentenza, meramente prospettato dal ricorrente, non trova riscontro negli atti, emergendo invece dal verbale di udienza la richiesta di applicazione della pena nella misura, poi accolta dal collegio, di anni sei e mesi sei di reclusione ed euro 9.500,00 di multa.
Ne consegue l’inammissibilità del ricorso che, ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen., può essere dichiarata senza formalità, con ordinanza: per ormai consolidato orientamento di questa Corte di legittimità, ribadito anche dalle Sezioni Unite (sentenza n. 5838 del 28/11/2013 – 06/02/2014, in motivazione), la censura relativa alla determinazione della pena concordata – e stimata corretta dal giudice di merito – non può essere dedotta in sede di legittimità, al di fuori dell’ipotesi di determinazione contra legem. Ipotesi che, di certo, non ricorre nel caso di specie.
La declaratoria d’inammissibilità totale del ricorso comporta, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – apparendo evidente che egli ha proposto il ricorso determinando la causa di inammissibilità per colpa (Corte cost., 13 giugno 2000 n. 186) e tenuto conto della rilevante entità di detta colpa – della somma di tremila euro in favore della Cassa delle Ammende a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Così deliberato in camera di consiglio, il 24 giugno 2025
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Il Consigliere estensore
Il Presidente
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NOME COGNOME