Ricorso Patteggiamento: I Limiti all’Impugnazione Secondo la Cassazione
Il ricorso patteggiamento rappresenta un tema cruciale nella procedura penale, specialmente dopo le riforme che ne hanno limitato le possibilità di impugnazione. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione offre un chiarimento fondamentale sui motivi per cui un’impugnazione può essere respinta, delineando un perimetro molto netto per la difesa. Analizziamo insieme questo caso per capire quando e come è possibile contestare una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti.
I Fatti del Caso
Il caso nasce dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di patteggiamento emessa dal Tribunale di Milano. L’imputato, tramite il suo difensore, aveva deciso di contestare la decisione del giudice di primo grado, non per un vizio procedurale o un errore nella qualificazione giuridica del fatto, ma per una questione legata alla quantificazione della pena.
I Motivi del Ricorso Patteggiamento
La difesa lamentava un’erronea applicazione della legge penale con specifico riferimento al trattamento sanzionatorio. In particolare, si contestava la sproporzione della pena applicata, ritenendola eccessiva e quindi in violazione dei criteri stabiliti dall’art. 133 del codice penale, che guidano il giudice nella commisurazione della sanzione. La tesi difensiva si concentrava, quindi, su un giudizio di merito relativo alla congruità della pena che era stata oggetto dell’accordo tra accusa e difesa e successivamente ratificata dal giudice.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non è entrata nel merito della presunta sproporzione della pena, ma si è fermata a un controllo preliminare, basato sulle norme che regolano specificamente l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento. La Corte ha inoltre condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di quattromila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Decisione
Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta con la riforma del 2017, ha stabilito un elenco tassativo di motivi per cui è possibile presentare ricorso contro una sentenza di patteggiamento. Essi sono:
1. Vizi relativi all’espressione della volontà dell’imputato (ad esempio, un consenso non libero o consapevole).
2. Difetto di correlazione tra la richiesta di patteggiamento e la sentenza emessa.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto contestato.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.
La Corte ha osservato che la doglianza del ricorrente, relativa alla sproporzione della pena, non rientra in nessuna di queste categorie. La critica sulla congruità della sanzione è una valutazione di merito che, una volta concordata tra le parti e ritenuta congrua dal giudice, non può essere messa in discussione in sede di legittimità. La Cassazione distingue nettamente tra una pena “illegale” (ad esempio, una pena non prevista dalla legge per quel reato) e una pena ritenuta semplicemente “sproporzionata” o “eccessiva”. Solo nel primo caso il ricorso sarebbe stato ammissibile.
Inoltre, la Corte ha sottolineato che la decisione di inammissibilità è stata presa “de plano”, come previsto dall’articolo 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale. Questa norma consente una procedura accelerata e senza formalità per dichiarare inammissibili i ricorsi contro le sentenze di patteggiamento, a conferma della volontà del legislatore di rendere questo tipo di decisioni definitive e stabili.
Conclusioni: Cosa Insegna Questa Ordinanza
L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale: la sentenza di patteggiamento, a seguito della riforma del 2017, ha acquisito una notevole stabilità. La possibilità di impugnarla è circoscritta a vizi specifici e gravi, di natura prevalentemente procedurale o giuridica, escludendo contestazioni sul merito della pena concordata, a meno che questa non sia palesemente illegale. Per gli operatori del diritto e per gli imputati, ciò significa che la scelta di accedere al patteggiamento deve essere ponderata con estrema attenzione, poiché le vie per rimettere in discussione l’accordo sono estremamente limitate. La valutazione sulla congruità della pena si esaurisce con l’accordo tra le parti e il controllo del giudice di primo grado.
È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento lamentando che la pena concordata è troppo alta o sproporzionata?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che la sproporzione della pena non rientra tra i motivi validi per impugnare una sentenza di patteggiamento, come elencati tassativamente dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.
Quali sono i soli motivi per cui si può presentare ricorso contro una sentenza di patteggiamento?
Il ricorso è proponibile solo per motivi che riguardano l’espressione della volontà dell’imputato, il difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, l’erronea qualificazione giuridica del fatto, o l’illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.
Cosa succede se si presenta un ricorso per motivi non consentiti dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile “de plano”, cioè con una procedura semplificata e senza udienza. Il ricorrente viene inoltre condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31640 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31640 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOMECUI 05QG3KI) nato il 22/12/1994
avverso la sentenza del 12/03/2025 del TRIBUNALE di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Visto il ricorso proposto da COGNOME avverso la sentenza emessa ai -sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. in epigrafe indicata.
Rilevato che, a motivi di ricorso, la difesa lamenta erronea applicazione della legge penale con riferimento al trattamento sanzionatorio, dolendosi della sproporzione della pena applicata in violazione dell’art. 133 cod. pen.
Considerato che, ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., introdotto dalla legge n. 103 del 2017, in vigore dal 3 agosto 2017, il ricorso avverso la sentenza di patteggiamento risulta proponibile solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra richiesta . e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto, all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Considerato che il rilievo difensivo non rientra tra quelli per i quali è proponibile l’impugnazione, trattandosi di pena non illegale e che la censura è comunque palesemente contraddetta dal contenuto della pronuncia, in cui si reputa congruo il trattamento sanzionatorio, corrispondente a quello oggetto dell’accordo tra le parti, con valutazione insindacabile in questa sede.
Ritenuto che la decisione in ordine alla inammissibilità del ricorso deve essere adottata “de plano”, poiché l’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen. prevede espressamente, quale unico modello procedimentale per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso avverso la sentenza di applicazione della pena, la dichiarazione senza formalità.
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, stimata equa, di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 14 luglio 2025
Il Consigliere estensore
Il P
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