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Ricorso patteggiamento: quando è inammissibile?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro una sentenza di patteggiamento. Gli imputati contestavano la quantificazione della pena, ma la Corte ha ribadito che, dopo la riforma del 2017, i motivi di ricorso sono estremamente limitati e non includono la valutazione delle condizioni per il proscioglimento. La decisione conferma la rigidità delle norme sul ricorso patteggiamento, condannando i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: La Cassazione Conferma i Limiti all’Impugnazione

Il patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, è uno strumento fondamentale nel nostro sistema processuale penale, pensato per deflazionare il carico giudiziario. Tuttavia, una volta raggiunto l’accordo e ottenuta la sentenza, quali sono le possibilità di contestarla? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui rigidi limiti imposti al ricorso patteggiamento, specialmente dopo le modifiche legislative introdotte nel 2017. Analizziamo questa decisione per capire quando e perché un’impugnazione può essere dichiarata inammissibile.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine dalla decisione del Giudice per le indagini preliminari (GIP) del Tribunale, che aveva applicato la pena concordata tra le parti a due imputati. Nonostante l’accordo iniziale, il difensore degli imputati ha presentato ricorso per cassazione contro tale sentenza. La motivazione principale del ricorso era la presunta violazione dell’art. 133 del codice penale e un vizio di motivazione riguardo alla quantificazione della pena. Secondo la difesa, le circostanze emerse durante il procedimento avrebbero dovuto giustificare l’applicazione di una pena più mite rispetto a quella concordata e ratificata dal giudice.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Ricorso Patteggiamento

La Suprema Corte ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. Di conseguenza, i ricorrenti sono stati condannati non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. La decisione della Corte non entra nel merito della congruità della pena, ma si concentra su un aspetto puramente procedurale: i limiti stabiliti dalla legge per l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento.

Le Motivazioni: I Limiti al Ricorso Patteggiamento

Il fulcro della decisione risiede nell’interpretazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta con la legge n. 103 del 2017 (la cosiddetta “Riforma Orlando”), ha drasticamente ristretto le ragioni per cui è possibile presentare ricorso contro una sentenza di patteggiamento. La Corte di Cassazione ha evidenziato che la giurisprudenza è ormai consolidata nel ritenere inammissibile un ricorso che contesti l’omessa valutazione da parte del giudice delle condizioni per un proscioglimento immediato ai sensi dell’art. 129 c.p.p. (ad esempio, perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso).

Nel caso specifico, la difesa lamentava che il trattamento sanzionatorio fosse eccessivo, ma questo tipo di doglianza, secondo la Corte, non rientra tra i motivi tassativamente previsti per l’impugnazione. Una volta che le parti hanno concordato la pena, non è possibile, in sede di legittimità, rimettere in discussione la sua adeguatezza basandosi su una diversa valutazione delle circostanze. L’appello si scontra con il muro eretto dalla normativa, che mira a rendere definitive le sentenze di patteggiamento, salvo casi eccezionali. Di fronte a un ricorso fondato su motivi non consentiti, la Corte è tenuta a dichiararne l’inammissibilità “de plano”, ovvero senza udienza, con una procedura semplificata.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale per chiunque si approcci al rito del patteggiamento: la scelta di accordarsi sulla pena è una decisione quasi irreversibile. Le possibilità di impugnare la sentenza sono molto limitate e non riguardano la congruità della pena concordata. Presentare un ricorso patteggiamento basato su motivi non ammessi dalla legge non solo è inefficace, ma comporta anche conseguenze economiche negative, come la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La lezione pratica è chiara: l’accordo sulla pena deve essere ponderato attentamente, poiché lo spazio per un ripensamento successivo è, per scelta legislativa, estremamente ridotto.

È possibile fare ricorso contro una sentenza di patteggiamento per chiedere una pena più mite?
No, secondo la decisione in esame, non è possibile ricorrere contro una sentenza di patteggiamento lamentando un’errata valutazione delle circostanze che avrebbero dovuto portare a una pena più lieve. I motivi di ricorso sono tassativamente previsti dalla legge e non includono una riconsiderazione sulla congruità della pena concordata.

Quali sono i limiti al ricorso contro una sentenza di patteggiamento secondo la Cassazione?
La Corte, richiamando l’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., stabilisce che il ricorso è inammissibile se contesta l’omessa valutazione da parte del giudice delle condizioni per un proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p. La riforma del 2017 ha notevolmente ristretto i motivi di impugnazione, rendendo la sentenza di patteggiamento quasi inattaccabile sul merito.

Cosa succede se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
In caso di inammissibilità del ricorso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e, come stabilito dall’art. 616 c.p.p., anche al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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