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Ricorso patteggiamento: quando è inammissibile

La Corte di Cassazione chiarisce i limiti del ricorso contro una sentenza di patteggiamento. Un imputato aveva impugnato la sentenza per mancata valutazione delle cause di proscioglimento. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che i motivi di impugnazione sono tassativamente elencati dalla legge e non includono tale doglianza. La decisione sottolinea il rigore procedurale del ricorso patteggiamento.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: i Limiti Fissati dalla Cassazione

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito i confini invalicabili per l’impugnazione di una sentenza emessa a seguito di patteggiamento. La decisione offre un’importante lezione sui limiti del ricorso patteggiamento, chiarendo quali motivi possono essere portati all’attenzione della Suprema Corte e quali, invece, conducono a una declaratoria di inammissibilità. Questo caso specifico riguarda un ricorso basato sulla presunta omessa valutazione di cause di proscioglimento da parte del giudice di merito.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine da una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (il cosiddetto ‘patteggiamento’) emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale. L’imputato aveva concordato una pena per i reati di rapina e ricettazione. Successivamente, attraverso il proprio difensore, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione. La doglianza principale era incentrata sul fatto che il giudice di primo grado non avrebbe considerato l’esistenza di eventuali cause di proscioglimento, come previsto dall’articolo 129 del codice di procedura penale, che impone al giudice di assolvere l’imputato qualora ne ricorrano i presupposti, anche in caso di accordo tra le parti.

La Decisione della Corte sul Ricorso Patteggiamento

La Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La Corte ha fondato la sua decisione su una norma specifica e relativamente recente, l’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotto dalla legge n. 103 del 2017. Questa norma ha circoscritto in modo molto netto le ragioni per cui è possibile presentare un ricorso patteggiamento.

I Limiti Tassativi dell’Art. 448, comma 2-bis c.p.p.

Secondo la disposizione citata, la sentenza di patteggiamento può essere impugnata esclusivamente per i seguenti motivi:

1. Vizi della volontà: problemi legati all’espressione del consenso dell’imputato.
2. Difetto di correlazione: mancata corrispondenza tra la richiesta di patteggiamento e la sentenza emessa dal giudice.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto: se il reato è stato classificato in modo giuridicamente scorretto.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza: se la sanzione applicata è contraria alla legge.

Il motivo sollevato dal ricorrente, ovvero la mancata valutazione delle cause di proscioglimento, non rientra in questo elenco tassativo. Di conseguenza, il ricorso è stato considerato proposto per un motivo non consentito dalla legge.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha spiegato che la ratio della riforma del 2017 è stata proprio quella di deflazionare il carico di lavoro della Cassazione, limitando drasticamente le impugnazioni contro le sentenze di patteggiamento, che per loro natura si basano su un accordo tra accusa e difesa. Consentire un sindacato ampio, esteso anche alla valutazione di merito sulla possibile innocenza, snaturerebbe l’istituto stesso del patteggiamento, trasformando il ricorso in un terzo grado di giudizio di merito, cosa che la Cassazione non è.

Inoltre, i giudici hanno sottolineato come il ricorrente abbia commesso un errore concettuale, confondendo la sentenza di applicazione della pena con una sentenza emessa a seguito di un concordato in appello, che segue regole diverse. L’inammissibilità del ricorso ha comportato, come conseguenza automatica, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle Ammende, a titolo di sanzione per aver adito la Corte con un ricorso palesemente infondato.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato. Per chi accede al rito del patteggiamento, la possibilità di impugnare la sentenza è estremamente ridotta. È fondamentale che la difesa valuti con estrema attenzione, prima di formulare la richiesta di applicazione pena, l’eventuale presenza di cause di proscioglimento evidenti, poiché lo spazio per farle valere in un momento successivo è praticamente nullo. La scelta del patteggiamento è una decisione strategica che implica una sostanziale rinuncia a contestare nel merito la propria colpevolezza, in cambio di uno sconto di pena. Il ricorso patteggiamento rimane uno strumento eccezionale, utilizzabile solo per correggere vizi procedurali specifici e non per rimettere in discussione l’esito del giudizio.

È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento lamentando che il giudice non ha considerato una causa di assoluzione?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che questo motivo non rientra tra quelli tassativamente previsti dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. per l’impugnazione di una sentenza di patteggiamento.

Quali sono i motivi consentiti per fare ricorso contro una sentenza di patteggiamento?
Il ricorso è ammesso solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.

Cosa succede se si propone un ricorso per patteggiamento per un motivo non consentito dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro, in questo caso tremila euro, in favore della Cassa delle Ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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