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Ricorso patteggiamento: quando è inammissibile?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 12086/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso contro una sentenza di patteggiamento, poiché i motivi addotti non rientravano tra quelli tassativamente previsti dall’art. 448, comma 2-bis c.p.p. Il caso sottolinea che il ricorso patteggiamento non può fondarsi su generiche censure relative alla motivazione della sentenza.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: La Cassazione Fissa i Paletti dell’Impugnazione

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito i confini invalicabili per l’impugnazione di una sentenza emessa a seguito di patteggiamento. La decisione sottolinea come il ricorso patteggiamento sia un rimedio con limiti ben precisi, non esperibile per contestare genericamente la motivazione del giudice. Analizziamo insieme questa pronuncia per comprendere le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso: La Sentenza di Patteggiamento

Due soggetti avevano concordato con la Procura una pena, poi ratificata dal Giudice per le indagini preliminari, per reati connessi alla normativa sugli stupefacenti. La sentenza, emessa ai sensi dell’art. 444 del codice di procedura penale, applicava a ciascuno una pena di 2 anni e 6 mesi di reclusione, oltre a una multa di 12.000 euro.

Il Ricorso Patteggiamento e i Motivi di Appello

Nonostante l’accordo raggiunto, i due imputati, tramite il loro difensore, hanno presentato ricorso per cassazione. La loro doglianza si concentrava su un unico punto: la presunta assenza di motivazione da parte del giudice di merito riguardo alla possibile applicazione di una causa di non punibilità, come previsto dall’art. 129 del codice di procedura penale. In sostanza, contestavano al giudice di non aver valutato d’ufficio la possibilità di un proscioglimento immediato.

La Decisione della Corte di Cassazione: L’Inammissibilità del Ricorso

La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili, condannando i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La decisione si fonda su una rigorosa interpretazione della normativa che disciplina l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento.

L’Ambito Ristretto dell’Art. 448, comma 2-bis c.p.p.

Il cuore della decisione risiede nell’applicazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta con la riforma del 2017, elenca in modo tassativo i motivi per cui è possibile presentare un ricorso patteggiamento in Cassazione. Essi sono:

1. Difetti nell’espressione della volontà dell’imputato.
2. Mancata correlazione tra la richiesta delle parti e la sentenza del giudice.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.

La Corte ha evidenziato come la lamentela dei ricorrenti, relativa a un presunto vizio di motivazione sull’art. 129 c.p.p., non rientri in nessuna di queste categorie. Si tratta di una critica al profilo motivazionale della decisione, un terreno precluso all’esame della Cassazione in questo specifico contesto procedurale.

Le Motivazioni

Le motivazioni dell’ordinanza sono chiare e lineari. La Cassazione spiega che la doglianza degli imputati è generica e attiene al profilo motivazionale della sentenza, ponendosi così ‘ben oltre i termini’ consentiti dalla legge. Il legislatore ha voluto limitare drasticamente le possibilità di impugnazione delle sentenze di patteggiamento per garantire la stabilità di un accordo processuale raggiunto tra le parti. Permettere ricorsi basati su vizi di motivazione vanificherebbe la natura stessa del rito, che si fonda proprio sulla rinuncia delle parti a un pieno accertamento dibattimentale in cambio di una riduzione di pena. I giudici hanno inoltre sottolineato come i ricorsi fossero astratti e non indicassero neppure quale, tra le diverse ipotesi previste dall’art. 129 c.p.p., avrebbe dovuto essere applicata nel caso di specie.

Le Conclusioni

La pronuncia in esame rappresenta un importante monito per la difesa. Chi intende presentare un ricorso patteggiamento deve incanalare le proprie censure esclusivamente all’interno dei binari tracciati dall’art. 448, comma 2-bis c.p.p. Qualsiasi tentativo di contestare la sentenza per motivi diversi da quelli tassativamente elencati, come un presunto difetto di motivazione, è destinato a essere dichiarato inammissibile. Questa decisione consolida un orientamento giurisprudenziale volto a preservare l’efficienza e la definitività del rito del patteggiamento, confermando che l’accordo sulla pena limita notevolmente le successive possibilità di contestazione.

È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento?
No, non è sempre possibile. Il ricorso per cassazione contro una sentenza di patteggiamento è consentito solo per i motivi tassativamente elencati nell’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.

Un vizio di motivazione è un motivo valido per il ricorso patteggiamento in Cassazione?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che le censure relative al profilo motivazionale della decisione, come la mancata valutazione di una causa di non punibilità ex art. 129 c.p.p., non rientrano tra i motivi ammessi per l’impugnazione di una sentenza di patteggiamento.

Cosa succede se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
Se il ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e, come nel caso di specie, al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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