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Ricorso patteggiamento: quando è inammissibile?

Un imputato ha presentato ricorso contro una sentenza di patteggiamento per furto aggravato, lamentando una carenza di motivazione sulla quantità della pena. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso patteggiamento inammissibile, ribadendo che l’impugnazione è consentita solo per denunciare l’eventuale illegalità della pena concordata, non per contestarne la misura o la discrezionalità del giudice nella sua determinazione.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: la Cassazione ne chiarisce i limiti

Il ricorso patteggiamento rappresenta uno strumento di impugnazione con confini ben definiti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: non è possibile contestare la misura della pena concordata, ma solo la sua eventuale illegalità. Questo articolo analizza la decisione e le sue implicazioni pratiche per chi sceglie questo rito speciale.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine dal ricorso presentato da un imputato condannato, tramite sentenza di patteggiamento emessa dal GIP del Tribunale, alla pena di due anni e tre mesi di reclusione e 460 euro di multa per il reato di furto aggravato in abitazione. L’imputato ha deciso di impugnare la sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando un vizio di motivazione per quanto riguarda la determinazione del trattamento sanzionatorio, ovvero la quantità della pena applicata.

La Decisione della Corte sul ricorso patteggiamento

La Corte di Cassazione, con una procedura semplificata, ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno sottolineato che, in tema di patteggiamento, il sindacato di legittimità sulla determinazione quantitativa della sanzione è estremamente limitato. Non si può contestare il modo in cui il giudice ha esercitato la sua discrezionalità nel quantificare la pena, ma si può solo denunciare una sua palese illegalità.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha fondato la sua decisione su principi consolidati e sulla chiara dicitura dell’art. 448 del codice di procedura penale. La norma, specialmente dopo la modifica introdotta dalla legge n. 103 del 2017, specifica che tra i motivi di ricorso ammessi contro una sentenza di patteggiamento rientra solo l’illegalità della pena concordata, e non questioni relative alla sua congruità o alla motivazione sulla sua entità.

I giudici hanno chiarito due punti cruciali:
1. Distinzione tra illegalità e merito: Un conto è una pena illegale (ad esempio, una pena superiore al massimo previsto dalla legge per quel reato), un altro è una pena ritenuta ‘eccessiva’ dall’imputato. La seconda valutazione rientra nel merito e non è sindacabile in Cassazione dopo un patteggiamento.
2. Discrezionalità nella riduzione: L’art. 444 cod. proc. pen. prevede una riduzione della pena ‘fino a’ un terzo. Questo non significa che la riduzione debba essere ‘esattamente’ di un terzo. Il giudice ha la facoltà discrezionale di applicare una riduzione inferiore, senza che ciò costituisca un’illegalità.

Nel caso specifico, non essendo stata riscontrata alcuna illegalità nella pena finale inflitta, il motivo di ricorso è stato giudicato infondato e, pertanto, inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di 4.000 euro alla Cassa delle ammende.

Conclusioni

Questa ordinanza conferma la natura del patteggiamento come accordo processuale che limita fortemente le successive possibilità di impugnazione. Chi accetta di patteggiare rinuncia a contestare nel merito la quantificazione della pena, potendo sollevare obiezioni in sede di Cassazione solo in rari casi di palese violazione di legge. La decisione serve da monito: la scelta del patteggiamento deve essere ponderata, con la piena consapevolezza che le possibilità di un ricorso patteggiamento sono circoscritte alla sola denuncia di illegalità della pena, escludendo ogni critica sulla sua misura.

È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena concordata con un patteggiamento?
No, non è possibile. Il ricorso per cassazione contro una sentenza di patteggiamento è ammesso solo per denunciare l’illegalità della pena, non per contestarne la misura o la motivazione sulla sua determinazione quantitativa.

La riduzione di pena nel patteggiamento è sempre pari a un terzo?
No. L’articolo 444 del codice di procedura penale prevede che la pena possa essere ridotta ‘fino a’ un terzo. Ciò significa che il giudice ha la discrezionalità di applicare una riduzione anche inferiore a un terzo, senza che ciò renda la pena illegale.

Cosa succede se si presenta un ricorso inammissibile contro una sentenza di patteggiamento?
In caso di inammissibilità del ricorso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come stabilito dall’articolo 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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