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Ricorso patteggiamento: quando è inammissibile?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso patteggiamento contro una sentenza per reati di droga. La Corte chiarisce che, dopo la riforma del 2017 (art. 448, co. 2-bis c.p.p.), non è più possibile impugnare una sentenza di patteggiamento lamentando la mancata verifica di cause di proscioglimento immediato ex art. 129 c.p.p.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento Inammissibile: La Cassazione e i Limiti dell’Art. 448 c.p.p.

Un ricorso patteggiamento rappresenta una delle vie attraverso cui un imputato può contestare la sentenza di applicazione della pena su richiesta. Tuttavia, la legislazione recente ha posto dei limiti molto precisi a questa possibilità. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce con fermezza i confini di tale impugnazione, chiarendo quando e perché un ricorso di questo tipo debba essere considerato inammissibile.

I Fatti del Caso

Il caso in esame riguarda un imputato che aveva concordato una pena (patteggiamento) con il Pubblico Ministero per il reato di cui all’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990, ovvero una fattispecie di lieve entità legata agli stupefacenti. La pena era stata poi applicata dal Giudice per l’Udienza Preliminare (G.i.p.) del Tribunale.

Nonostante l’accordo, l’imputato ha successivamente proposto ricorso per Cassazione, lamentando che il giudice del patteggiamento non avesse preventivamente verificato la possibile presenza di cause di proscioglimento immediato, come previsto dall’art. 129 del codice di procedura penale. In sostanza, secondo la difesa, il giudice avrebbe dovuto assolvere l’imputato invece di ratificare l’accordo sulla pena.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno stabilito che le censure sollevate dal ricorrente non rientrano nel perimetro dei motivi per cui è possibile impugnare una sentenza di patteggiamento. La conseguenza diretta di questa decisione è stata la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle Ammende.

Le Motivazioni sul ricorso patteggiamento

Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione dell’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta dalla cosiddetta Riforma Orlando (legge n. 103 del 2017), ha significativamente ristretto le maglie del ricorso patteggiamento.

La Corte spiega che la legge ha creato un elenco tassativo e limitato di motivi per i quali si può ricorrere in Cassazione contro una sentenza di applicazione della pena. La doglianza relativa alla mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p. – cioè il mancato proscioglimento immediato – è palesemente estranea a questo elenco.

I giudici richiamano un consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, dopo la riforma del 2017, è inammissibile il ricorso con cui si deduca il vizio di violazione di legge per la mancata verifica dell’insussistenza di cause di proscioglimento. La scelta legislativa è stata chiara: limitare le impugnazioni per evitare usi strumentali e dilatori del processo, conferendo maggiore stabilità alle sentenze di patteggiamento.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida un principio fondamentale della procedura penale post-riforma: la scelta di accedere al patteggiamento è una decisione ponderata che implica una sostanziale rinuncia a determinate contestazioni. L’imputato e il suo difensore devono essere consapevoli che, una volta emessa la sentenza, le possibilità di impugnazione sono estremamente ridotte e circoscritte a vizi specifici (come l’errata qualificazione giuridica del fatto o l’illegalità della pena concordata), tra i quali non rientra più la mancata valutazione di un’assoluzione immediata. La decisione della Cassazione serve quindi da monito: il patteggiamento è un accordo che, una volta siglato dal giudice, acquista una notevole forza e stabilità, non potendo essere rimesso in discussione per motivi che la legge ha esplicitamente escluso.

È possibile fare ricorso contro una sentenza di patteggiamento lamentando che il giudice non abbia dichiarato una causa di proscioglimento immediato (ex art. 129 c.p.p.)?
No. Secondo la Corte di Cassazione, a seguito della riforma introdotta dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., questa specifica motivazione non rientra più tra quelle ammesse per impugnare una sentenza di patteggiamento, rendendo il ricorso inammissibile.

Qual è la conseguenza se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
La persona che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, come stabilito nel provvedimento.

Quale norma ha limitato le possibilità di ricorso contro le sentenze di patteggiamento?
L’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotto dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, ha tassativamente indicato le uniche ipotesi di violazione di legge per cui è possibile impugnare una sentenza emessa a seguito di patteggiamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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