Ricorso Patteggiamento: la Cassazione ne fissa i limiti
Il ricorso patteggiamento rappresenta uno strumento di difesa importante, ma i suoi confini sono ben delineati dalla legge. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 38700/2024) offre un chiaro promemoria sui motivi per cui tale impugnazione può essere presentata, dichiarando inammissibile un ricorso che non rispettava tali limiti. Analizziamo questa decisione per capire meglio quando è possibile contestare una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti.
Il Contesto del Caso
La vicenda trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di patteggiamento emessa dal Tribunale di Cagliari. Il ricorrente lamentava una presunta violazione della legge penale e un vizio di motivazione, facendo specifico riferimento all’articolo 129 del codice di procedura penale, che prevede il proscioglimento immediato per evidenza dell’innocenza.
L’imputato, in sostanza, sosteneva che il giudice del patteggiamento non avesse adeguatamente valutato la possibilità di una sua assoluzione prima di ratificare l’accordo sulla pena.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici supremi hanno agito con una procedura semplificata, cosiddetta de plano, senza necessità di udienza, come previsto per questa tipologia di ricorsi. La Corte ha inoltre condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di quattromila euro alla Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Corte sul ricorso patteggiamento
La decisione si fonda su un’interpretazione rigorosa dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta con la riforma del 2017, elenca in modo tassativo i motivi per cui è possibile presentare un ricorso patteggiamento in Cassazione. Essi sono:
1. Vizi nella formazione della volontà dell’imputato: se il consenso al patteggiamento non è stato espresso liberamente e consapevolmente.
2. Difetto di correlazione tra richiesta e sentenza: se la sentenza del giudice non corrisponde all’accordo raggiunto tra le parti.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto: se il reato è stato classificato in modo errato.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata: se la sanzione è contraria alla legge.
La Corte ha osservato che le doglianze del ricorrente, focalizzate su un presunto vizio di motivazione relativo all’art. 129 c.p.p., non rientravano in nessuna di queste categorie. I giudici hanno sottolineato che il legislatore ha volutamente limitato le possibilità di impugnazione per garantire la stabilità delle sentenze di patteggiamento, che si basano su un accordo tra le parti.
Inoltre, la Cassazione ha ritenuto la censura del ricorrente “palesemente contraddetta” dal contenuto della sentenza impugnata, nella quale il giudice di primo grado aveva esplicitamente menzionato l’art. 129 c.p.p., escludendo la presenza di cause di proscioglimento immediato. La decisione di inammissibilità è stata quindi inevitabile.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza conferma un orientamento consolidato: il ricorso patteggiamento non è un terzo grado di giudizio aperto a qualsiasi tipo di critica. È uno strumento con finalità precise, limitato a specifici vizi procedurali o sostanziali. Chi intende impugnare una sentenza di patteggiamento deve basare il proprio ricorso esclusivamente sui motivi elencati nell’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., altrimenti l’impugnazione sarà dichiarata inammissibile, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria. La decisione rafforza la natura deflattiva del patteggiamento, rendendo le sentenze emesse in tale ambito più stabili e difficilmente contestabili su questioni di merito.
È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento?
No, non è sempre possibile. L’impugnazione di una sentenza di patteggiamento tramite ricorso per Cassazione è consentita solo per i motivi specifici e tassativamente indicati dall’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.
Per quali motivi specifici si può presentare un ricorso patteggiamento in Cassazione?
I motivi ammessi sono: vizi nell’espressione della volontà dell’imputato, difetto di correlazione tra la richiesta delle parti e la sentenza, erronea qualificazione giuridica del fatto, e illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.
Cosa succede se un ricorso patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
Se il ricorso viene dichiarato inammissibile, come nel caso di specie, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nell’ordinanza è stata fissata a quattromila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 38700 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 38700 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CAGLIARI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/03/2024 del TRIBUNALE di CAGLIARI
dato av GLYPH alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminato il ricorso proposto da NOME, nel quale l’imputato lamenta inosservanza, erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione con riferimento all’art. 129 cod. proc. pen.
Considerato che, ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, GLYPH cod. proc. pen., introdotto dalla legge n. 103 del 2017, in vigore dal 3 agosto 2017, il ricorso avverso la sentenza di patteggiamento risulta proponibile solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tr richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto, all’illegal della pena o della misura di sicurezza.
Considerato che il rilievo difensivo non rientra tra quelli per i quali proponibile l’impugnazione e che la censura è comunque palesemente contraddetta dal contenuto della pronuncia, in cui si richiama espressamente l’art. 129 cod.proc.pen. per escludere la ricorrenza di alcuna delle ipotesi ivi previste.
Ritenuto che la decisione in ordine alla inammissibilità del ricorso deve essere adottata “de plano”, poiché l’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen. prevede espressamente, quale unico modello procedimentale per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso avverso la sentenza di applicazione della pena, la dichiarazione senza formalità.
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattrornila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa dei ricorrente (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 3 ottobre 2024
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Il Consigliere estensore
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