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Ricorso patteggiamento: quando è inammissibile?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso patteggiamento proposto contro una sentenza per reati legati agli stupefacenti. Il motivo del ricorso, relativo al mancato accoglimento di un’istanza di pena sostitutiva, non rientra tra i casi tassativamente previsti dalla legge per l’impugnazione di una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 22 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: Limiti e Inammissibilità secondo la Cassazione

Il patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, è un istituto fondamentale del nostro sistema processuale penale che permette di definire il processo in modo rapido. Tuttavia, la scelta di questo rito comporta significative limitazioni al diritto di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini entro cui è possibile presentare un ricorso patteggiamento, dichiarandolo inammissibile se fondato su motivi non espressamente previsti dalla legge.

Il Caso Concreto: Ricorso per Mancata Applicazione di Pena Sostitutiva

Nel caso di specie, un soggetto condannato tramite patteggiamento dal Tribunale di Messina per un reato concernente gli stupefacenti, ha proposto ricorso in Cassazione. La doglianza principale del ricorrente si fondava sulla presunta inosservanza della legge penale, specificamente per il mancato accoglimento della sua istanza di applicazione di una pena sostitutiva alla detenzione.

Limiti Tassativi al Ricorso Patteggiamento

La Corte Suprema ha prontamente dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si basa su una norma chiave, l’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa disposizione, introdotta dalla riforma Orlando (L. n. 103/2017), stabilisce in modo tassativo i motivi per cui è possibile impugnare una sentenza di patteggiamento. Essi sono limitati a:

1. Vizi nella espressione della volontà dell’imputato: quando il consenso al patteggiamento non è stato liberamente e consapevolmente prestato.
2. Difetto di correlazione tra l’accusa e la sentenza: se la sentenza si pronuncia su un fatto diverso da quello contestato.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto: nel caso in cui il reato sia stato inquadrato in una fattispecie giuridica sbagliata.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata: qualora la sanzione inflitta sia contraria alla legge per tipo o misura.

Il motivo sollevato dal ricorrente, ossia la contestazione sulla scelta del giudice di non concedere una pena sostitutiva, non rientra in alcuna di queste categorie. Pertanto, il ricorso è stato giudicato al di fuori del perimetro di ammissibilità delineato dalla legge.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte ha ribadito che la ratio della riforma del 2017 era proprio quella di deflazionare il carico della Cassazione, limitando le impugnazioni delle sentenze di patteggiamento a questioni di legittimità di particolare rilievo. Consentire ricorsi basati su valutazioni discrezionali del giudice di merito, come la concessione o meno di pene alternative, vanificherebbe lo scopo della norma.

Inoltre, la decisione di inammissibilità è stata adottata “de plano”, ovvero con una procedura semplificata senza udienza formale, come previsto dall’art. 610, comma 5-bis, c.p.p., per i casi di manifesta infondatezza o inammissibilità. Come conseguenza diretta, il ricorrente è stato condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di quattromila euro alla Cassa delle ammende, una sanzione prevista dall’art. 616 c.p.p. per scoraggiare impugnazioni pretestuose.

Conclusioni

Questa pronuncia della Cassazione funge da importante monito: la scelta del patteggiamento è una decisione strategica che implica una sostanziale rinuncia all’appello e un ricorso per cassazione estremamente circoscritto. Chi opta per questo rito deve essere consapevole che le possibilità di contestare la sentenza sono limitate a vizi gravi e specifici, e non possono estendersi a profili di merito o a valutazioni discrezionali del giudice, come la scelta della tipologia di pena. La sentenza rafforza il principio di definitività del patteggiamento, confermando la volontà del legislatore di renderlo uno strumento efficiente per la conclusione dei procedimenti penali.

È sempre possibile fare ricorso contro una sentenza di patteggiamento?
No, non è sempre possibile. Il ricorso è ammesso solo per motivi specifici e limitati, elencati nell’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.

Il mancato accoglimento di una pena sostitutiva è un motivo valido per impugnare un patteggiamento?
No. Secondo la decisione in esame, questa motivazione non rientra tra quelle previste dalla legge per poter presentare ricorso avverso una sentenza di patteggiamento, rendendo l’impugnazione inammissibile.

Cosa succede se un ricorso contro un patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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