Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9373 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9373 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PAGANI il 19/05/1979
avverso la sentenza del 13/11/2024 del GIP TRIBUNALE di TORRE ANNUNZIATA
glatetrisradaptaxti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre, a mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza indicata in epigrafe, con la quale gli è stata applicata la pena richiesta ai sensi degli artt. 444 e ss. cod. proc. pen. deducendo manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione in relazione ai passaggi fondamentali del calcolo per la determinazione della pena.
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
Il ricorso è palesemente inammissibile per cause che possono dichiararsi senza formalità ai sensi dell’art. 610 comma 5bis cod. proc. pen. introdotto dall’art. 1, comma 62, della legge 23.6.2017 n. 103, a decorrere dal 3 agosto 2017.
Ed invero, a far tempo da tale ultima data, successivi alla quale sono sia la richiesta di patteggiamento che la relativa impugnativa (cfr. art. 1, co. 51, della I. 23.6.2017 n. 103) il pubblico ministero e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la sentenza di applicazione della pena ex artt. 444 e ss. cod. proc. pen. “solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena e della misura di sicurezza”.
Peraltro, sin dagli albori dell’istituto di cui agli artt. 444 e ss. cod. proc. pen. questa Corte di legittimità ha chiarito che, una volta che l’accordo sia stato ratificato dal giudice, non è più consentito alle parti (anche a quella pubblica) prospettare questioni e sollevare censure con riferimento (come nella specie) all’applicazione delle circostanze ed alla entità della pena), che non siano illegali: anche entro tale ambito, invero, l’obbligo di motivazione deve ritenersi assolto con la semplice affermazione dell’effettuata verifica e positiva valutazione dei termini dell’accordo intervenuto fra le parti (Sez. 5, n. 5210 del 28/10/1999 dep. 2000, Verdi, Rv. 215467). E, ancora di recente, pur prima della novella di cui alla I. 103/2017, era stato ribadito che non potesse proporsi ricorso per cassazione per violazione di legge avverso una sentenza di patteggiamento, sotto il profilo dell’erronea concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche, laddove non sussistessero palesi illegalità della pena concordata e in quanto vi sia stata ratifica dell’accordo sanzionatorio tra le parti, anche in ragione della natura semplificata propria della sua motivazione (Sez. 6, Sentenza n. 42837 del 14/5/2013, COGNOME, Rv. 257146).
Va chiarito, infine, che, per qualificare illegale la pena non basta eccepire che il giudice non abbia correttamente esplicato i criteri valutativi che lo hanno indotto ad applicare la pena richiesta, ma occorre che il risultato finale del calcolo non risulti conforme a legge (Sez. 6, n. 18385 del 19/02/2004, Obiapuna, Rv. 228047).
Peraltro, va rilevato che, come si legge in sentenza, si è partiti da una pena base di anni sei ed euro 27.000 di multa, corrispondente al minimo edittale, ridotta per le circostanze attenuanti generiche ad anni quattro di reclusione ed euro 20.000 di multa, ridotta per il rito alla pena concretamente irrogata si anni due, mesi otto di reclusione ed euro 15.000 di multa.
Risulta, pertanto, davvero incomprensibile, capire la portata della doglianza difensiva, essendosi dato conto di tutti i passaggi che hanno portato all’irrogazione della pena richiesta dalle parti.
A norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 19/02/2025