Ricorso Patteggiamento: La Cassazione Chiarisce i Limiti dell’Impugnazione
Con l’ordinanza n. 35912/2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sui limiti del ricorso patteggiamento, delineando con precisione i confini entro cui è possibile impugnare una sentenza emessa a seguito di accordo tra le parti. La decisione sottolinea come, a seguito della riforma del 2017, i motivi di ricorso siano stati drasticamente limitati, escludendo censure generiche sulla valutazione dei fatti o sulla qualificazione giuridica, se non in casi eccezionali. Questo provvedimento offre importanti spunti di riflessione per la difesa e per chiunque si approcci a questo rito speciale.
La Vicenda Processuale
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di applicazione della pena su richiesta (patteggiamento) emessa dal Tribunale di Marsala. Il ricorrente lamentava, tra i vari motivi, un’erronea qualificazione giuridica del fatto contestato. La questione è stata quindi sottoposta al vaglio della Suprema Corte, chiamata a verificare se la censura proposta rientrasse nel perimetro dei motivi ammessi dalla legge per questo tipo di impugnazione.
I Limiti al Ricorso Patteggiamento dopo la Riforma
La Corte di Cassazione ha innanzitutto ricordato che la legge n. 103 del 2017 ha modificato l’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, stabilendo un elenco tassativo di motivi per cui è possibile presentare un ricorso patteggiamento. Questi includono:
* Vizi nell’espressione della volontà dell’imputato;
* Difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza;
* Erronea qualificazione giuridica del fatto;
* Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.
Qualsiasi motivo di ricorso che esuli da questo elenco è destinato a essere dichiarato inammissibile.
Il Controllo sulla Qualificazione Giuridica
Il punto centrale della decisione riguarda la corretta interpretazione del motivo relativo all'”erronea qualificazione giuridica”. La Cassazione ha precisato che, essendo il patteggiamento frutto di un accordo tra le parti, la qualificazione giuridica del fatto è parte integrante di tale accordo. Pertanto, può essere messa in discussione solo in circostanze eccezionali. Nello specifico, il ricorso è ammissibile solo quando la qualificazione giuridica adottata in sentenza risulti, con “indiscussa immediatezza”, palesemente eccentrica rispetto al capo di imputazione o frutto di un errore manifesto. Non è sufficiente, quindi, prospettare una diversa ma plausibile interpretazione giuridica dei fatti.
Le Motivazioni della Cassazione
Nel caso specifico, la Suprema Corte ha ritenuto che la censura del ricorrente non soddisfacesse i rigidi requisiti richiesti. L’argomentazione difensiva non evidenziava un errore palese o una qualificazione giuridica manifestamente sproporzionata, ma si limitava a proporre una valutazione alternativa che non poteva trovare spazio nel giudizio di legittimità su una sentenza di patteggiamento. La qualificazione giuridica ritenuta in sentenza corrispondeva a quella oggetto del libero accordo tra le parti e non presentava vizi evidenti. Per questo motivo, la Corte ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso con procedura de plano, ovvero senza udienza, basandosi sulla manifesta infondatezza dei motivi.
Le Conclusioni della Corte
L’ordinanza si conclude con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa decisione consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso, volto a preservare la natura negoziale del patteggiamento e a evitare che il ricorso per cassazione diventi uno strumento per rimettere in discussione l’accordo liberamente raggiunto tra accusa e difesa. Le implicazioni pratiche sono chiare: chi intende impugnare una sentenza di patteggiamento deve fondare il proprio ricorso su uno dei motivi tassativamente previsti dalla legge, dimostrando un vizio grave ed evidente, e non una mera opinabilità della qualificazione giuridica.
È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento in Cassazione?
No, la legge (art. 448, comma 2-bis, c.p.p.) limita i motivi di ricorso a casi specifici, come vizi della volontà dell’imputato, difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, erronea qualificazione giuridica del fatto o illegalità della pena.
Quando si può contestare la qualificazione giuridica del reato in un ricorso contro un patteggiamento?
Soltanto quando la qualificazione giuridica, concordata tra le parti e approvata dal giudice, risulti con palese evidenza eccentrica rispetto ai fatti contestati o sia frutto di un errore manifesto. Una diversa ma possibile interpretazione non è sufficiente.
Cosa succede se il ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso esaminato è stata determinata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35912 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35912 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 22/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MARSALA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/09/2023 del TRIBUNALE di MARSALA
data… i udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza ex art. 444 cod. proc. pen. impugnata;
esaminato il motivo del ricorso;
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con procedura de plano perché la proposta censura esula da quelle che, a seguito delle modifiche apportate al codice di rito dalla legge n. 103 del 2017, entrata in vigore il 3 agosto 2017, possono essere proposte, con il ricorso per cassazione avverso la sentenza di applicazione pena su richiesta delle parti. Il ricorso, in vero, è ammesso ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis cod. proc. pen. solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra l richiesta e la sentenza, alla erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Deve osservarsi che la qualificazione giuridica ritenuta in sentenza, che corrisponda a quella oggetto del libero accordo tra le parti, può essere messa in discussione con il ricorso per cassazione solo quando risulti, con indiscussa immediatezza, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione (Sez. 6, n. 15009 del 27/11/2012, dep. 2013, Bisignani, Rv. 254865) o risulti frutto di un errore manifesto (Sez. 3, n. 34902 del 24/06/2015, COGNOME e altro, Rv. 264153); circostanza che non ricorre nel caso in esame.
Va, pertanto, dichiarata ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, secondo periodo, cod. proc. pen. l’inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, che si stima equo determinare in euro tremila.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 22 aprile 2024 Il Consigliere estensore
Il Pres ente