Ricorso Patteggiamento: La Cassazione e i Confini dell’Inammissibilità
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 33527/2024) offre un’importante lezione sui limiti del ricorso patteggiamento. Il caso analizzato chiarisce in modo inequivocabile che l’impugnazione contro una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti è un’opzione percorribile solo in casi eccezionali e ben definiti dalla legge. Quando questi confini non vengono rispettati, la conseguenza è una secca dichiarazione di inammissibilità, con ulteriori oneri economici per chi ha tentato la via del ricorso.
I Fatti di Causa
Il procedimento trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di patteggiamento emessa dal Tribunale di primo grado. L’imputato, tramite il suo difensore, ha impugnato la decisione, sollevando censure che, tuttavia, non rientravano nel perimetro dei motivi ammessi dalla normativa vigente. La sentenza impugnata, infatti, aveva già escluso la possibilità di un proscioglimento immediato ai sensi dell’art. 129 del codice di procedura penale, basandosi sulle risultanze investigative.
I Limiti Normativi al Ricorso Patteggiamento
Il fulcro della questione risiede nell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta con la riforma del 2017, stabilisce che il ricorso patteggiamento è proponibile esclusivamente per i seguenti motivi:
1. Errata espressione della volontà dell’imputato.
2. Difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto.
4. Illegalità della pena applicata o della misura di sicurezza.
Qualsiasi altro motivo, inclusa una generica contestazione della valutazione dei fatti operata dal giudice di merito, è escluso. La legge ha voluto così blindare la sentenza di patteggiamento, frutto di un accordo tra le parti, limitandone la possibilità di messa in discussione.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha analizzato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile, adottando una procedura snella e senza udienza, definita “de plano”, come previsto dall’art. 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale per questa specifica tipologia di impugnazioni.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni dei giudici di legittimità sono state chiare e lineari. In primo luogo, hanno rilevato che i motivi addotti dal ricorrente non rientravano in alcuna delle quattro categorie tassativamente previste dall’art. 448, comma 2-bis. La censura sollevata era, di fatto, una contestazione del merito della decisione, tentativo non permesso in sede di legittimità contro una sentenza di patteggiamento.
In secondo luogo, la Corte ha sottolineato come le argomentazioni del ricorso fossero palesemente contraddette dal contenuto stesso della sentenza impugnata. Il giudice di primo grado aveva infatti esplicitamente richiamato l’art. 129 c.p.p., motivando, seppur sinteticamente, sulle risultanze delle indagini che impedivano un proscioglimento e giustificavano l’applicazione della pena concordata. Di conseguenza, il ricorso non solo era fondato su motivi non ammessi, ma era anche infondato nel merito delle sue affermazioni.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
La conclusione della vicenda è stata la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Questo ha comportato due conseguenze dirette per il ricorrente: la condanna al pagamento delle spese processuali e il versamento di una somma di quattromila euro in favore della Cassa delle ammende. La Corte ha specificato che tale sanzione è dovuta in quanto non è stata ravvisata un’assenza di colpa nel proporre un’impugnazione priva dei presupposti di legge.
Questa ordinanza funge da monito: il ricorso patteggiamento non è uno strumento per rimettere in discussione l’accordo raggiunto con la pubblica accusa. È un rimedio eccezionale, circoscritto a vizi specifici e gravi. Affrontare questa via senza una solida base giuridica espone al rischio concreto non solo di un rigetto, ma anche di ulteriori e significative conseguenze economiche.
Quando è possibile fare ricorso contro una sentenza di patteggiamento?
Il ricorso è ammesso solo per quattro motivi specifici previsti dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p.: se c’è stato un errore nell’espressione della volontà dell’imputato, se c’è discordanza tra richiesta e sentenza, per erronea qualificazione giuridica del fatto, o per illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Cosa succede se un ricorso contro un patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
Quando il ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (nel caso di specie, 4.000 euro) a favore della Cassa delle ammende, a meno che non dimostri di aver agito senza colpa.
Perché la Cassazione può decidere un ricorso “de plano” senza udienza?
Per i ricorsi contro le sentenze di patteggiamento, l’art. 610, comma 5-bis, c.p.p. prevede una procedura semplificata. Se il ricorso è ritenuto inammissibile, la Corte può deciderlo “de plano”, cioè senza le formalità di un’udienza, basandosi solo sugli atti scritti, per velocizzare la definizione del procedimento.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33527 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33527 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 31/01/2024 del TRIBUNALE di BERGAMO
dato … 3y.v.i8t5gIle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminato il ricorso proposto da NOME COGNOME a mezzo del difensore.
Considerato che, ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., introdotto dalla legge n. 103 del 2017, in vigore dal 3 agosto 2017, il ricorso avverso la sentenza di patteggiamento risulta proponibile solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difètto di correlazione tra richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto, all’illegali della pena o della misura di sicurezza.
Considerato che il rilievo difensivo non rientra tra quelli per i quali è proponibile l’impugnazione e che la censura è comunque palesemente contraddetta dal contenuto della pronuncia, in cui si richiama espressamente l’art. 129 cod.proc.pen. per escludere la ricorrenza di alcuna delle ipotesi ivi previste e si indicano, sia pure in modo succinto, le risultanze delle indagini in atti conducenti ai fini della pronuncia resa, compendiate nella ordinanza di misura cautelare.
Ritenuto che la decisione in ordine alla inammissibilità dei ricorsi deve essere adottata “de plano”, poiché l’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen. prevede espressamente, quale unico modello procedimentale per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso avverso la sentenza di applicazione della pena, la dichiarazione senza formalità.
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa del ricorrente (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 29 maggio 2024
Il Consigliere estensore
II
Presldente