Ricorso Patteggiamento: I Limiti al Controllo della Cassazione
Il ricorso patteggiamento rappresenta una delle questioni più delicate nel panorama della procedura penale. Quando è possibile impugnare una sentenza frutto di un accordo tra accusa e difesa? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali, ribadendo i confini molto stretti entro cui è possibile muoversi. Analizziamo insieme questa decisione per comprendere le sue implicazioni pratiche.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza emessa dal Tribunale di Varese. Tale sentenza ratificava un accordo sulla pena (patteggiamento) raggiunto tra la difesa e la pubblica accusa, ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale. L’imputato, non soddisfatto dell’esito, decideva di rivolgersi alla Corte di Cassazione, proponendo una serie di censure contro la decisione del giudice di primo grado.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato: la sentenza di patteggiamento non è appellabile per qualsiasi motivo, ma solo per specifiche censure previste dalla legge. Nel caso di specie, i motivi addotti dal ricorrente sono stati giudicati generici e non rientranti tra quelli consentiti, rendendo di fatto impossibile un esame nel merito.
Le Motivazioni alla base del rigetto del ricorso patteggiamento
La Corte ha colto l’occasione per ribadire la natura e la funzione della sentenza che applica la pena su richiesta delle parti. L’accordo tra accusa e difesa, che sta alla base del patteggiamento, comporta una conseguenza fondamentale: l’accusa viene esonerata dall’onere di provare la colpevolezza dell’imputato. Di conseguenza, anche la motivazione della sentenza che recepisce tale accordo ha una struttura semplificata.
Secondo gli Ermellini, affinché la sentenza sia valida, è sufficiente che il giudice compia le seguenti verifiche:
1. Descrizione del Fatto: Una succinta descrizione del fatto, che può essere anche dedotta direttamente dal capo d’imputazione.
2. Correttezza della Qualificazione Giuridica: L’affermazione che la qualificazione giuridica del reato (ad esempio, furto piuttosto che rapina) sia corretta.
3. Esclusione di Cause di Proscioglimento: Il richiamo all’articolo 129 del codice di procedura penale, per escludere che sussistano cause evidenti per un immediato proscioglimento dell’imputato (ad esempio, perché il fatto non sussiste o non costituisce reato).
4. Verifica della Congruità della Pena: Un controllo sulla congruità, ovvero sulla giustizia e proporzionalità, della pena concordata, tenendo conto dei limiti imposti dall’articolo 27 della Costituzione.
Nel caso in esame, il Tribunale di Varese si era attenuto scrupolosamente a queste verifiche. Pertanto, la sua sentenza è stata ritenuta incensurabile in sede di legittimità.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza conferma che la scelta del patteggiamento è una decisione strategica con conseguenze quasi definitive. L’imputato che accetta di patteggiare rinuncia di fatto a contestare nel merito l’accusa in cambio di uno sconto di pena. Le possibilità di rimettere in discussione la sentenza sono estremamente limitate e circoscritte a vizi di legittimità molto specifici. Per gli operatori del diritto, ciò significa dover consigliare con estrema cautela i propri assistiti, illustrando chiaramente che il ricorso patteggiamento non è uno strumento per riaprire il processo, ma solo per contestare errori di diritto commessi dal giudice nella sua limitata funzione di controllo.
È possibile presentare ricorso contro una sentenza di patteggiamento?
Sì, ma solo per motivi molto specifici e non per contestare i fatti. La Corte di Cassazione ha chiarito che un ricorso basato su censure generiche o non consentite dalla legge, come in questo caso, viene dichiarato inammissibile.
Quale controllo effettua il giudice prima di emettere una sentenza di patteggiamento?
Il giudice non valuta nuovamente le prove, ma si limita a verificare tre aspetti fondamentali: la correttezza della qualificazione giuridica del reato, l’assenza di palesi cause di proscioglimento (secondo l’art. 129 c.p.p.) e la congruità, ovvero la giustizia, della pena concordata tra le parti.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende. In questo caso, la somma è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3922 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3922 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 20/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 19/03/1996
avverso la sentenza del 20/02/2024 del TRIBUNALE di VARESE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Il ricorso è inammissibile perché il motivo propone censure non consentite. Anche a voler tacere della genericità dei motivi, va ribadito che, in sede di applicazione della pena su richiesta delle parti, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., l’accordo intervenuto esonera l’accusa dall’onere della prova e comporta che la sentenza che recepisce l’accordo fra le parti sia da considerare sufficientemente motivata con una succinta descrizione del fatto (anche deducibile dal capo d’imputazione), con l’affermazione della correttezza della sua qualificazione giuridica, con il richiamo all’art. 129 cod. proc. pen. per escludere la ricorrenza di alcuna delle ipotesi ivi previste, con la verifica della congruità della pena patteggiata ai fini e nei limiti di cui all’art. 27 Cost. (tra tante, Sez. 4, n. 34494 del 13/07/2006, COGNOME, Rv. 234824). A tale verifica si è attenuta la sentenza impugnata, risultando pertanto incensurabile in questa sede.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibili con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20/09/2024.